“Una vena intermittente di malinconia
sarà sempre ritenuta inseparabile
dalla perfezione del bello.”
– Edgar Allan Poe

“Mi sono reso conto le cose sono un po’ complicate, per come le ho pensate inizialmente. Chiedo scusa alle precedenti generazioni. Da oggi tutti gli esseri umani presenti e futuri avranno la possibilità di giocarsi un jolly, per una volta sola.”

Quando arriva a Pisa e si inoltra verso il centro della città, esita davanti al cartello che segnala la zona a traffico limitato. Rallenta, fa per svoltare, poi ci ripensa e tira dritto, tanto quella multa non la pagherà mai. Ne ha prese parecchie in passato, più per pigrizia mascherata da sfida che per distrazione, ma ora non ha più senso preoccuparsi. Parcheggia il più possibile vicino a Campo dei Miracoli, scende, e di nuovo: sta per chiudere l’auto, ma capisce che è un gesto inutile, anche se frugassero nel bagaglio oppure nel cassetto davanti al posto del passeggero non troverebbero niente da rubare. La carrozzeria sarebbe da lavare, e solo in quel momento, dopo molto tempo, prova qualcosa nel petto che assomiglia a una tenerezza calda e acquosa. Ne ha fatti, di chilometri, con quella macchina.

Dal primo documento ufficiale congiunto dell’incontro interreligioso del 2019.
“Tra le varie considerazioni emerse in questi mesi di acceso dibattito, possiamo affermare con certezza che la cosiddetta “voce di dio”, come è stata udita da tutti gli esseri umani, non è stata un’allucinazione collettiva, e che è possibile far accadere, una volta nella vita, una sorta di miracolo personale in base ai propri desideri.”

Seduto sul prato di Campo dei Miracoli, al sole di un aprile già caldo osserva i turisti attorno a lui, in pose assurde per la classica fotografia nella quale sorreggono la Torre. Ieri un collega gli ha chiesto come avrebbe passato il fine settimana, e lui gli ha mentito dicendo che avrebbe fatto un salto al mare. Ha pensato parecchio a questa sua menzogna, alla luce del fatto che sicuramente verrà scoperta, all’importanza che le verrà attribuita, quando in realtà si tratta solo di un dettaglio insignificante in un oceano di cause ed effetti che si perderanno nel tempo.

Dal primo documento ufficiale congiunto dell’incontro interreligioso del 2019.
“I comitati scientifici più autorevoli, interpellati per collaborare allo studio dell’evento più importante della storia dell’umanità, al momento non sanno come il cosiddetto jolly possa piegare le leggi della fisica alla volontà umana. La quantità di testimonianze da studiare è enorme, ma già si stanno definendo alcune grosse categorie, la più ampia delle quali riguarda coloro che si sono voluti salvare in extremis da un incidente mortale; al secondo posto ci sono decisioni riguardanti il mondo del lavoro (licenziamenti evitati, assunzioni desiderate, grossi investimenti di denaro andati a buon fine). La raccolta dei dati prosegue ininterrottamente.”

Quando si mette in coda per salire sulla Torre, ha l’ennesima precisa conferma che non è cambiato poi così tanto, nel mondo, nonostante quella seconda possibilità elargita a ciascuno nientemeno che da dio, o chi per esso. C’è da fare la coda, aspettare: nessuno userebbe il suo jolly per saltarla. Fa caldo, si suda: non è una ragione valida per il jolly, come non lo è rendere la salita alla Torre gratuita. Ci sono mille piccole cose che fanno attrito, ogni giorno, ogni ora, disperdendo inutilmente energie prima che possano produrre il risultato sperato, ed è la somma di esse che istiga a fare bilanci tra le cose positive e quelle negative.

Qualche tempo fa, aspettando il treno per fare visita a sua sorella, guardava distrattamente i binari, e pensava: giudichiamo un fatto positivo o negativo perché vediamo solo un segmento della storia, ma le cause si perdono all’origine di quella retta, e le conseguenze dall’altro lato della stessa, all’opposto. Vediamo segmenti della retta, ma il tempo della nostra esistenza non la percorre tutta. Certo, ora abbiamo un jolly da giocare, possiamo saltare sulla retta parallela a quella dove ci troviamo. Ci può piacere di più quel segmento, ma anche su quello le cause e le conseguenze restano sempre al di là dell’orizzonte.

Ha riflettuto molto anche sul fatto che si può usare il jolly per cambiare la propria storia personale, ma non quella collettiva. C’è chi ha provato a desiderare la pace globale, la soluzione dei problemi ambientali, la scomparsa della fame nel mondo, qualcuno ha chiesto addirittura l’immortalità. Non ha funzionato. Oggi, mentre la fila scorre lenta e lui aspetta il suo turno per salire sulla Torre, pensa che questo dono dall’alto sia la conferma che siamo tutti, profondamente e irrimediabilmente, soli.

Dal primo documento ufficiale congiunto dell’incontro interreligioso del 2019.
“Uno degli aspetti più misteriosi riguarda i miracoli in contrasto con il libero arbitrio. Molte persone affermano di aver usato il jolly per evitare di perdere il lavoro. E’ difficile ammettere che il jolly, di origine divina, possa limitare la libertà del datore di lavoro di decidere se licenziare o meno un suo dipendente. Alcuni esponenti del mondo scientifico hanno ipotizzato, per venire a capo di questo enigma, che l’uso del jolly sia l’equivalente dello sguardo dell’osservatore che fa collassare la funzione d’onda probabilistica della materia in una forma precisa, dando vita a una realtà parallela e alternativa, esistente solo per chi ha espresso il desiderio, mentre in un’altra realtà la decisione del datore di lavoro è rispettata. Ogni uso del jolly crea cioè ramificazioni della realtà che non obbligano nessuno a sottostare al jolly deciso da un altro.”

In cima alla Torre, dal lato della pendenza, guarda il panorama con i gomiti appoggiati sul parapetto. “Signore, mi scusi, non può appoggiarsi”, ma prima che il guardiano possa avvicinarsi, lui è già saltato giù. L’aria addosso come se fosse vento è la prima cosa che avverte, e poi tre, forse quattro persone che urlano alle sue spalle. La leggenda vuole che Galileo abbia dimostrato proprio dalla Torre di Pisa che oggetti di peso diverso cadono alla stessa velocità. E’ anche per questa ragione simbolica che lui ha scelto questo luogo. Era molto bravo in fisica al liceo, sa che ci sono cinquanta metri prima di toccare il suolo, conosce l’equazione del moto rettilineo uniformemente accelerato, sa che servono circa sei secondi prima dell’impatto.

Precipita di petto. Quanti secondi saranno già passati? Due? Tre? Accelera ancora, velocissimo verso il prato sottostante. Per un istante gli è parso di vedere una ragazzina, laggiù in mezzo alla folla, con il dito puntato verso la sua direzione, forse è la prima che si è accorta di quello che sta accadendo e lo sta indicando ai genitori. Tre secondi, e il terreno adesso riempie di una macchia indistinta tutto il suo campo visivo, e lui non ha ancora usato il jolly.

Tempo fa si è domandato se qualcuno sia mai morto senza aver usato il suo jolly. Ammesso e non concesso che ci sia un aldilà, si è chiesto se possa funzionare anche post-mortem, il proprio miracolo personale, magari per trasformare il paradiso oppure l’inferno in base ai propri desideri. Un’idea semplice, ma dalle conseguenze inimmaginabili: chi resterebbe ancora su questo pianeta e nel suo giro delle stagioni, se da qualche parte si potesse plasmare un paradiso a propria immagine e somiglianza? Un ultimo secondo prima dello schianto, una frazione di secondo, una frazione della frazione, la sua fronte a tre centimetri dal terreno, e lui non ha ancora giocato il jolly, due centimetri, poi uno.

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