Roccioletti - This poem is armed

Pelle

Maggio del 2020: la pelle dei palmi delle mie mani inizia ad arrossarsi, a seccarsi e a staccarsi.

Nel 2018 l’industria dei cosmetici ha registrato un fatturato superiore agli 11,2 miliardi di euro, con investimenti in pubblicità online e offline per una quota di mercato del 44% rispetto a quella di tutti gli altri beni, escluso il food. Ipsos, le indagini statistiche GFK e i dati dei produttori indicano che il 93% dei consumatori ritiene irrinunciabile la categoria di cosmetici skincare: al primo posto ci sono i prodotti per la cura del viso e le maschere; il 42% delle donne intervistate afferma che l’utilizzo dei prodotti di bellezza per la pelle è finalizzato all’obbiettivo di apparire più giovani. In crescita il consumo dei prodotti denominati cinderella effect (scelta del nome infelice, perché nella psicologia evolutiva è il termine usato per il fenomeno della maggiore incidenza di abusi e maltrattamenti da parte di genitori acquisiti piuttosto che biologici), cosmetici che offrono una gratificazione istantanea, con risultati immediatamente visibili sulla pelle, ma della durata di poche ore – appunto effetto Cenerentola, allo scoccare della mezzanotte il trucco se n’è andato, la carrozza ritorna ad essere una zucca e si deve rincasare di corsa, domani forse il Principe Azzurro busserà alla porta per restituire la scarpetta perduta – prodotti di bellezza usati in particolare per i selfie e gli scatti social. Sembra meno incredibile che esistano cosmetici usati in concomitanza con la fotocamera del cellulare, se si considera che, solo su Instagram, a dicembre del 2017 i selfie erano circa 300 milioni. Calcolando grossomodo una superficie facciale di 300 centimetri quadri, si tratta di 900 mila chilometri quadrati di pelle esposta. Due volte la superficie dell’Italia.

 

Roccioletti - Trattamento di bellezza, Helena Rubinstein's Salon, 1940
Trattamento di bellezza, Helena Rubinstein’s Salon, 1940

 

Nel settimo capitolo delle sue Storie Erodoto racconta che la pelle di Marsia fu esposta pubblicamente nella piazza principale di Celene, in Frigia. Qui Serse edificò il suo palazzo reale, Ciro costruì un’enorme riserva di animali selvatici, Alessandro Magno ne restaurò l’acropoli e Mida gettò non le sue ricchezze e nemmeno suo figlio bensì se stesso nella voragine che si era aperta nel bel mezzo della città, perché un oracolo aveva predetto che si sarebbe richiusa solo se il re avesse gettato nelle sue profondità quanto aveva di più caro. Tornando a Marsia, Ovidio nelle Metamorfosi fornisce maggiori dettagli sulla sorte del satiro, scorticato vivo: “non era che un’unica piaga, il sangue stilla dappertutto, i muscoli restano allo scoperto, le vene pulsanti brillano senza più un filo d’epidermide; gli potresti contare i visceri che palpitano e le fibre traslucide sul petto”. Non solo non ha provato imbarazzo, Marsia, a raccogliere e a suonare l’aulòs gettato via da Atena, stizzita perché a soffiarci dentro le sue guance assumevano una forma buffa; ha anche lasciato correre, quando si era diffusa la voce che le sue melodie erano migliori di quelle di Apollo. E quindi, punizione divina.

 

Roccioletti - Rembrandt, Lezione di anatomia del dottor Tulp, 1632
Rembrandt, Lezione di anatomia del dottor Tulp, 1632

 

Alle 10.30 del 5 agosto 1962 il dottor Thomas Noguchi inizia l’autopsia del corpo di Marilyn Monroe, trovata senza vita nel suo letto dalla sua governante, verso le 3.30 di notte. L’operazione dura 5 ore. Controlla con cura ogni segmento dei due metri quadri di pelle della donna, e nota contusioni sull’anca e sulla schiena. Trova tracce di idrato di cloralio e di Nembutal nel sangue, e annota sul referto di morte: avvelenamento acuto da barbiturici. Nel 1985, durante un’intervista televisiva all’ABC, afferma che lo stomaco di Marilyn era vuoto, nessuna traccia di compresse; prosegue dicendo che questo fatto lo aveva lasciato perplesso, e aveva quindi deciso di mandare tutto il fascicolo al tossicologo R.Abernethy per un consulto. Non ricevette mai una risposta. Come sono entrati quei barbiturici nel corpo di Marilyn? Il vicecoroner Lionel Grandison afferma di essere stato obbligato a firmare il certificato di morte di Marilyn con la dicitura “suicidio”, ma che i segni sulla pelle della donna potevano essere quelli di iniezioni. Fu una vendetta trasversale contro Robert Kennedy, che come ministro della giustizia aveva annunciato un’importante inchiesta contro la mafia? Fu uccisa perché avrebbe potuto ricattare Robert, con il quale aveva una relazione illecita? E proprio Robert Kennedy fu visto intorno alla mezzanotte del 5 agosto dal sergente Lynn Franklin, a bordo di una Mercedes che fermò perché viaggiava superando il limite di velocità: a bordo c’erano lui, Peter Lawford (cognato del presidente degli Stati Uniti d’America, John Fitzgerald Kennedy) e lo psicologo di Marilyn, Ralph Greenson. Fu un suicidio? Andy Warhol, toccato dalla morte tragica della diva, decide di farne un simbolo della società americana, con una sequenza di serigrafie. Ad ogni nuova stampa il colore della pelle di Marilyn cambia, per i processi fotografici di solarizzazione e viraggio; il suo volto è inquadrato secondo i canoni stretti e bidimensionali delle icone greche. “Lachesi, mentre era intenta a contare i miei premi, credette che fossi già vecchio e a soli ventisette anni mi rapì.” Marziale, per l’epitaffio di Scorpo.

 

Roccioletti - Andy Warhol, Marilyn Monroe, 1962 - 1967
Andy Warhol, Marilyn Monroe, 1962 – 1967

 

Apollo, venuto a sapere che qualcuno mette in dubbio la sua supremazia musicale, compare a Celene e sfida Marsia ad una gara musicale; le Muse fanno da giudici. Pareggio, decretano. Per un dio pareggiare o perdere contro un mortale sono lo stesso inammissibile fatto, e a questo punto le versioni del mito non sono concordi su come Apollo volga le cose a suo favore. Secondo alcuni il dio suona la cetra al contrario, e Marsia perde perché non è possibile fare lo stesso con l’aulòs; secondo altri Apollo canta accompagnandosi con la cetra, e il satiro non può competere perché gareggia con uno strumento a fiato. In ogni caso, Marsia perde la sfida. Viene scorticato e appeso, ninfe e fauni accorrono a piangere per l’ultima volta il loro compagno, e dalle loro lacrime nasce il fiume che porta appunto il suo nome, e attraversa la città di Celene. Di battesimi, matrimoni e funerali, dopo che si sono conclusi, si ricorda e si parla più di quel partecipante inaspettato, non invitato, piuttosto che di tutta la cerimonia stessa. Quando fanno la festa a Marsia, secondo alcuni c’è anche Artemide. La vediamo nella rappresentazione del mito sul vaso attico attribuito a un anonimo pittore di Semele, datato intorno al 400 AC e conservato al Museo Archeologico di Atene, insieme ad Apollo, Atena e Marsia. Generalmente la critica attribuisce la sua presenza ad una scelta di gusto personale dell’artista. Non si è considerato però il fatto che Artemide abita gli stessi boschi e le stesse cime che frequenta Marsia; inoltre, è la dea della caccia – la prima delle più antiche attività umane, lo stregone con la pelliccia di orso che incide i suoi graffiti magici sulle pareti della caverna non sa come si chiama, ma l’ha già incontrata, Artemide – e Marsia in questa storia è diventato una preda, pronta per essere scuoiata, Artemide conosce bene la pelle delle prede.

 

Roccioletti - anonimo pittore di Semele, 400 AC
Anonimo pittore di Semele, 400 AC

 

La pelle è l’unico organo di senso che ricopre tutto il corpo; è quello che pesa di più, (circa il 20% del peso totale del corpo), ed è il solo a combinare la dimensione spaziale con quella temporale, ricevendo allo stesso tempo segnali di tatto, dolore, pressione e calore; è strettamente connesso agli altri organi di senso esterni, alla sensibilità cinestesica e all’equilibrio. Oltre al ruolo sensoriale e di protezione, possiede una funzione riflessiva: toccandosi, si sperimenta nello stesso istante sia la sensazione di toccare che quella di essere toccati; è sulla pelle, infine, che si veicolano le manifestazioni di esibizionismo e di disagio psico-somatico. Secondo lo psicologo Didier Anzieu sono essenziali le prime sensazioni cutanee e di contatto, appaganti e rassicuranti, che consentono al bambino di esperire un universo sociale e relazionale complesso, e acquisire la percezione soggettiva della propria pelle, necessaria affinché sia garantita l’integrità dell’involucro psicocorporeo contro le angosce di frammentazione e di svuotamento. E’ quello che Anzieu chiama io-pelle, contenitore di materiale psichico, pensieri, emozioni a partire da una superficie corporea che permette di differenziare lo spazio interno da quello esterno.

 

Roccioletti - Fotogramma dal film Brazil, Terry Gilliam, 1985
Fotogramma dal film “Brazil”, Terry Gilliam, 1985

 

Marsia non perde solo la pelle: perde l’integrità del suo io, viene scomposto, i suoi organi interni si possono contare, diventa una quantità misurabile. Nella statuaria greca la superficie delle sculture degli dei, pur essendo rappresentati con fattezze umane, non è increspata da vene o da tendini, non ci sono peli, pieghe o rughe, niente che lasci intuire che avviene qualcosa, all’interno del dio, e quale sia la sua natura misurabile, che resta un mistero. Possiamo fare l’autopsia di Marilyn, anche se la chiamavano diva, possiamo incidere la sua pelle, scostarla e vedere che cosa c’è sotto, pesare il suo fegato, filtrare il suo sangue di ampolla in ampolla. Gli dei invece non hanno pelle: quella che vediamo nelle loro rappresentazioni scultoree è la materia stessa di cui sono fatti, piena e tutta uguale, non possiedono uno strato che nasconde un interno, che se tagliato rivela altro. Non possiedono una pelle che diventi lo schermo sul quale si proiettano le estroflessioni dell’inconscio – perché la divinità non possiede un inconscio. Apollo non si può tagliare, come non si può scalfire un ideale di perfezione musicale, invece Marsia sì. Apollo può suonare al contrario, perché resta un mistero come possa farlo, di Marsia possiamo invece vedere i polmoni che spingono l’aria dentro alle canne del suo aulòs.

 

Roccioletti - Apollo del Belvedere, seconda metà del II sec. DC
Apollo del Belvedere, seconda metà del II sec. DC

 

Ogni mito è un oceano di significati, senza fondo. Il primo e più lampante è quello della ubris di Marsia, che si caccia da solo nei guai, accecato dalla dismisura, dal voler andare oltre la sua natura mortale. La scelta di Apollo di scorticarlo vivo è simbolicamente raffinata: scotennato come un animale, Marsia è condannato a mostrare la sua natura organica, quella celata sotto alla pelle, così come anatomicamente la descrive Ovidio. Non ha più una barriera che ammanti di mistero il suo funzionamento interiore: è tutto lì, esposto, si possono contare i muscoli e le vene. Aristotele (e poi a seguire ogni intellettuale neoclassico) preferisce leggere nel mito di Marsia una metafora della musica colta e cittadina, quella appunto della cetra e del bel canto, in contrapposizione alla musica bruta, dei contadini, senza l’eleganza e la misura del verso. Ecco perché Atena, dea della saggezza, scaglia lontano da sé l’aulòs: a soffiarci dentro la perfezione del suo volto si incrina in una smorfia troppo umana. Gli abitanti delle città fondate dagli dei vogliono lasciarsi alle spalle la loro natura animale, suonare la cetra e aggiungervi versi in metrica. Marsia rappresenta un’età in cui l’essere umano era nomade e cacciatore, era fatto di pelle e di carne, Artemide lo sa e viene a rendere omaggio al rappresentante di un mondo ormai estinto.

 

Roccioletti - Artemide Efesia, II sec DC, copia dell'immagine cultuale del tempio di Artemide a Efeso
Artemide Efesia, II sec DC, copia dell’immagine cultuale del tempio di Artemide a Efeso

 

Eppure, nonostante gli 11,2 miliardi di euro spesi nel 2018 in cosmetici, la pelle degli uomini si danneggia. E’ un fatto fisico: ha un lato rivolto verso l’esterno, che risente di deterioramenti di origine microbica (batterica, virale, micotica, protozoica), fisica (bruciature, ematomi, raggi solari, esposizioni a basse temperature, usura), chimica oppure parassitaria; ha uno spessore, una sua composizione, sulla quale incidono allergie o reazioni autoimmunitarie; infine ha un lato rivolto verso l’interno, a contatto con gli organi, i muscoli, le ossa, i nervi, è la superficie sulla quale si palesano le emozioni (il rossore dell’imbarazzo, il pallore della paura…) e i segnali del disagio psichico, come ad esempio la dermatite psicosomatica. “Sai perché uso il coltello?” dice il Joker (che, non a caso, nasconde la sua pelle sotto ad uno spesso strato di colore bianco) ne Il cavaliere oscuro “Le pistole sono troppo rapide. Non puoi assaporare tutte le… piccole… emozioni. Vedi, nei loro… ultimi attimi, le persone mostrano chi sono veramente. Quindi in un certo senso posso dire che… ho conosciuto i tuoi amici meglio di te. Vuoi sapere chi di loro era un vigliacco?” Nel lento deteriorarsi della materia-pelle a causa del suo contatto con il tempo, oppure nel momento innaturale di un coltello che viola la sacralità della pelle (sia un’autopsia o un atto violento), la natura, Artemide, si palesa, e torniamo ad essere umani.

 

Roccioletti - Harvey Dent Two Face e la sua moneta, da Il cavaliere oscuro, Christopher Nolan, 2008
Harvey Dent “Two Face” e la sua moneta, da “Il cavaliere oscuro”, Christopher Nolan, 2008

 

Apollo non solo sa suonare bene la cetra, ma sa farlo anche al contrario, invertendo l’ordine naturale d’uso dell’oggetto, oppure può suonare e cantare allo stesso tempo; Marsia non solo non si rende conto dei limiti del suo strumento, ma sottovaluta la finitezza di sé stesso in relazione allo strumento, e in particolare al suo respiro, con il quale può cantare oppure suonare, ma non entrambe le cose. Un mortale può eccellere in qualcosa, ma la sua natura terrena sarà confine alla sua bravura. La punizione di Apollo è quasi un dono, di quei doni tremendi che personaggi come Cadmo, ad esempio, conoscono bene; ed è questa consapevolezza che gli fa dire al termine delle Baccanti: “se al senno tornerete, orribile strazio v’assalirà pel vostro scempio”. A Marsia vengono aperti gli occhi sulla sua natura interiore, e il prezzo da pagare per potersi vedere senza l’abito della pelle è la morte, la dissoluzione dell’io.

 

Roccioletti - Baccanti che fanno a pezzi Penteo, decorazione su anfora ispirata alle Baccanti di Euripide, 407 AC

 

Prima delle Rete, le fotografie erano conservate negli album di famiglia, che si facevano vedere a parenti e amici in visita a casa propria. Si mostravano le foto di se stessi, presenti all’atto di mostrarle. Trentacinque anni prima che la pelle delle mie mani iniziasse a staccarsi, capitava che si andasse da amici di famiglia a vedere le diapositive delle vacanze (mi addormentavo, la quasi totalità delle volte). Oggi condividiamo fotografie di frammenti della nostra pelle sui social, trasformati in sequenze di 0 e di 1 e archiviati su server in luoghi lontani, sconosciuti, inaccessibili. Quei frammenti di pelle – essi stessi, e la relazione con l’ambiente circostante che vogliamo raccontare agli altri e a noi stessi – continuano a vivere senza la nostra mediazione né la nostra consapevolezza, caduti fuori dal tempo della trasformazione e del degrado della pelle che invece avvolge il nostro essere umani. Le fotografie degli album di famiglia non si potevano ritoccare, la pelle degli scatti sui social attraversa infiniti laboratori di app e software che la rendono luminosa, uniforme, simile a quella di Barbie, oppure di una divinità greca. I tecnopagani affermano giustamente che in tutto questo c’è una spinta evolutiva e trascendente, che fai di noi esseri post-umani e post-organici. Diventiamo icone, o meglio produciamo icone che non siamo più noi, ma oggettivazioni assolute di un momento preciso, di un fotogramma del nostro essere stati al mondo, già passato non appena scattato.

 

Roccioletti - iheartthestreetart, Nobody likes me,
iheartthestreetart, Nobody likes me

 

La chiave di lettura del mito di Marsia come paradigma della natura umana è ripreso da Dante: Giovanni di Paolo di Grazia, illustratore senese del quattrocento, raffigura pittoricamente l’invocazione del poeta ad Apollo, nel primo canto del Paradiso: “Entra nel petto mio, e spira tue / sì come quando Marsïa traesti / de la vagina de le membra sue”. Per Dante il mito di Marsia rappresenta non solo il riconoscimento della limitatezza dell’essere umano, e da qui la necessità di un intervento divino per proseguire il viaggio nelle più alte sfere celesti, ma anche un passaggio obbligato, una liberazione dalla natura terrena del suo corpo. Scrive Chiara Mataloni: “la miniatura [di Giovanni di Paolo di Grazia] mostra Marsia che, già completamente scuoiato (particolare che spiegherebbe il colore rossastro della sua pelle, essendo i muscoli in vista), suona il flauto; di conseguenza, raffigurato in primo piano non abbiamo il corpo di Marsia, ma solo la sua pelle svuotata del corpo. Nell’ottica dantesca il liberarsi dell’involucro corporeo è il presupposto irrinunciabile per portare a compimento il suo viaggio nell’Aldilà ed arrivare alla visione di “colui che tutto move”, “che ridire / né sa né può chi di là sú discende”; ed è per questo che – unico caso nell’iconografia del mito – Marsia scorticato non muore, ma vive dopo la morte.”

 

Roccioletti - Giovanni di Paolo di Grazia - Dante, Apollo e Marsia
Giovanni di Paolo di Grazia – Dante, Apollo e Marsia

 

Potremmo spingerci ancora più in profondità: il suono del tamburo dello shamano è la voce del suo animale guida, perché fatto della sua pelle; William Gibson, nel suo romanzo Inverso, descrive una performer che tatua la sua pelle, poi la fa rimuovere chirurgicamente perché venga esposta nelle gallerie d’arte contemporanea, e ne indossa una nuova, sintetica. Lo stregone raffigurato nelle incisioni parietali di Trois Freres (vicino a St.Girons, Ariège, e risalenti al 13.000 AC) indossa pelli di animali, in una sorta di sovrapposizione del cacciatore con la sua preda, e di nostalgia per la dimensione naturale animale. In Blade Runner i replicanti vengono definiti lavori in pelle. Tra gli reperti trovati nella casa del serial killer Theodore “Ed” Gein, compaiono un cestino fatto di pelle umana; un corsetto fatto a partire da un torace femminile scuoiato dalle spalle alla vita; abiti in pelle umana; la maschera creata con il viso di Mary Hogan, una delle sue innumerevoli vittime, e altre nove maschere fatte di pelle umana; una cintura fatta di capezzoli umani; pelle umana usata come tappezzeria per lampade e sedie; un tamburo fatto di pelle umana. Nel 2011 Apple fece notare a Unicode, il consorzio che detta le linee guida per la creazione di un linguaggio unico tra un carattere ed un numero interpretabile da un computer, che gli emoji (le faccine che usiamo su Whatsapp, ad esempio) non rappresentavano tutte le persone. Unicode abbracciò allora il progetto presentato dalla società di Cupertino in collaborazione con Google per introdurre nuove emoji multietniche. Quali colori scegliere? Si pensò alla Scala Fitzpatrick, realizzata nel 1975 dal dermatologo di Harward Thomas Fitzpatrick (cent’anni dopo le teorie di fisiognomica di Cesare Lombroso e trent’anni dopo l’approvazione delle leggi razziali del regime fascista italiano), che suddivide tutte le tipologie di colorazione della pelle in bianca o molto chiara, chiara o europea, chiara intermedia, scura intermedia o mediterranea o olivastra, scura o marrone, molto scura o nera.

 

Roccioletti - Angelica Dass, Humanae Art Project,
Angelica Dass, Humanae Art Project

 

San Bartolomeo, protettore dei calzolai, dei commercianti di pelle e dei macellai, viene scorticato vivo dai sacerdoti pagani della Mesopotamia che volevano fargli pagare caro il fatto di aver convertito al cristianesimo il loro sovrano; viene però ritratto da Michelangelo nel Giudizio Universale con un coltello in mano, come se avesse provveduto a levarsi la pelle da solo, come atto di fede; pur avendo in mano la sua epidermide, drappeggiata come un abito, non è raffigurato scuoiato, in una sorta di strana contraddizione logica che è tale solo per noi contemporanei. Il cristianesimo del quattrocento non vedeva di buon occhio chi curiosava sotto alla pelle di un corpo, Leonardo per i suoi disegni anatomici doveva attendere che le autorità concedessero ai medici, per dissezione a scopo scientifico, i cadaveri dei condannati a morte. Quelli sì, si potevano profanare senza incorrere nell’ira divina.

 

Roccioletti - Michelangelo, Giudizio Universale, San Bartolomeo
Michelangelo, Giudizio Universale, San Bartolomeo

 

Ed è l’autobiografia di un condannato del 1800, James Allen (anche noto come George Walton, Jonas Pierce, James H.York oppure Burley Grove) quella conservata nella biblioteca dell’Ateneo di Boston, la più antica raccolta privata statunitense, fondata nel 1807. Se i simboli (che si vogliano chiamare dell’inconscio, del mito, della religione oppure del romanzesco) lavorano nel profondo di ciascuno di noi, non certo a favore del “noi” che siamo soliti rappresentarci, alle volte capita che emergano all’improvviso dall’abisso e siano lì, a portata di mano, come lo è la dicitura sulla copertina del libro in questione: Hic liber Waltonis cute compactus est, questo libro è rilegato nella pelle di Walton. Perché sì, l’autore ha deciso di far rilegare nella sua stessa pelle la sua autobiografia, e di far recapitare il volume a John Fenno, l’uomo che lo ha consegnato alla legge, dopo una serie di crimini lunga una vita.

 

Roccioletti - Hic liber Waltonis

 

Ricordo, anni fa, di aver interpretato male la gestualità di alcuni uomini che avevo visto, inginocchiati in preghiera, i palmi delle mani tese di fronte a sé, rivolti verso l’alto. Era l’archetipo dell’implorazione al divino, ma per me era come se stessero tenendo in mano, aperto, un libro immaginario, avevo pensato. Agosto 2020, la pelle delle mie mani continua a sfaldarsi; ma è un fenomeno che non mi turba, lo osservo come la copertina del libro immaginario che sto tenendo tra le mani che perde di consistenza, invecchiando. E’ inevitabile, millimetro dopo millimetro si arriverà alla prima pagina, C’era una volta… Sarebbe interessante studiare la storia della grafica delle copertine dei libri, le scelte degli editori, quando sia diventato così importante giudicare un libro dalla copertina, competere tra altre migliaia di copertine affinché proprio quel volume fermi l’attenzione del lettore, lo spinga a prendere in mano quel libro, ad acquistarlo. Le copertine sono promesse, mantenute solo quando ciò che il lettore si era immaginato di trovare nella lettura coincide con quello che poi effettivamente ha letto nelle pagine. La promessa di James Allen è chiara: dentro la pelle di questa copertina ci sono io.

 

Roccioletti - Jean-Baptiste Belot, dalle Opere, 1640
Jean-Baptiste Belot, dalle Opere, 1640

 

A fugare i dubbi sull’autenticità della pelle di James Allen ci sono un paio di elementi. Il primo è il catalogo della biblioteca: “Prima della sua morte, Allen ha chiesto che una quantità sufficiente della sua pelle fosse conciata per fornire legature per due copie di queste memorie, una per John Fenno, Jr., e l’altra per il suo medico curante, il dottor Henry Bowditch. Un pezzo di pelle è stato rimosso dalla schiena di Allen e portato in una conceria locale, dove è stato trattato per sembrare pelle di daino grigia e infine consegnato nelle mani di Peter Low. Non si hanno notizie precise su quando il volume sia entrato nella collezione. Fonti aneddotiche suggeriscono che questa copia fosse di John Fenno e che fu presentata alla Biblioteca qualche tempo prima del 1864 da sua figlia, la signora H.M.Chapin.” Chi è Peter Low? Nel 2011 si presenta all’Ateneo un certo George Arnold, figlio e omonimo del George Arnold che ha fatto il lavoro di catalogazione della biblioteca circa novant’anni prima. Il nonno di George, Peter Low era impiegato nella legatoria locale, che lavorava per l’Old Corner Book Store e altri clienti. George afferma che la pelle usata per rilegare il libro di Allen proveniva dal Massachusetts General Hospital, proprio il giorno della sua morte. E infatti a pagina 30 dell’autobiografia di James Allen si legge: “A questo punto del racconto, Walton, soggetto a una forte tosse e sentendosi incapace di continuare qualsiasi ulteriore dettatura – riprende il narratore, il direttore della prigione di Stato del Massachusetts – ha chiesto che potesse essere terminato da coloro alla cui autorità egli è stato sottoposto. Allen fu ricoverato come paziente in ospedale, affetto da influenza. Alla fine si risolse in consunzione, che pose fine alla sua vita il 17 luglio 1837.” Il secondo elemento a riprova dell’autenticità della rilegatura in pelle umana sono le lettere conservate nella medesima biblioteca: la corrispondenza tra il bibliotecario della Boston Medical Library e suo nipote, in cui si racconta di quando John Fenno fece visita a James Allen in carcere, qualche tempo prima della sua morte. Non sappiamo di preciso che cosa i due si siano detti, ma nelle lettere si legge che James era rimasto a tal punto colpito dal suo coraggio di Fenno nel reagire ad una rapina e farlo arrestare da dichiarargli di volergli regalare quanto prima la sua biografia, rilegata nella sua stessa pelle.

Il cerchio si chiude. Un uomo ne fa arrestare un altro, e riceve come ricompensa la biografia di quest’ultimo, rilegata nella sua pelle, un lascito pieno di rivelazioni: sui casi della vita, sulle contraddizioni, sulle sfortune e sulle scelte sbagliate che lo hanno condotto a commettere i crimini per cui è stato punito. Apollo non avrebbe saputo fare di meglio: tu che mi hai privato della libertà in nome di un ideale di giustizia, ecco, apri gli occhi sulla mia vita, così diversa dalla tua. Chissà se John Fenno, dopo aver voltato l’ultima pagina, fu ancora fiero della sua azione, che portò James Allen a morire in galera.

 

Clicca qui per scaricare l’autobiografia di James Allen

James Allen – autobiografia

 

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“This poem is armed”
Errore di traduzione di Youtube.
Serie: arte automatica.
Digital art, 2020.

 

Roccioletti - This poem is armed
Sottotitolo errato, Traduttore automatico di Youtube, da “The dark knight rises”, Christopher Nolan, 2012

 

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Letture consigliate

G.Lois, Damn good advice, Phaidon
G.Solla, Memoria dei senzanome, OmbreCorte
D.Gulino, Identità Cyborg, AlboVersorio
G.Marrone, La cura Ludovico, Einaudi
G.L.Margheriti, Lettere dall’inferno, Melangolo
AAVV, Costellazioni estetiche, Guerini
S.Jallade, Il richiamo della strada, Ediciclo
A.Bertoni, La poesia contemporanea

 

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14 Comments

    1. In primis, grazie, come sempre. Stratificazioni:
      1) quali siano le differenze tra esporre un cadavere intatto e uno scuoiato. 2) se io espongo un cadavere e non ne so con certezza la provenienza, mi arrestano. 3) non sono un tanatologo, un mio ex compagno di classe potrebbe dire la sua, fa quello di mestiere (Davide Sisto, leggi i suoi libri, sono molto interessanti. 4) la differenza tra gli squali di Hirst e questi corpi. 5) si parla spesso con amici – ed è una questione rimasta aperta – della doppia affilatezza dell’immagine: che smuove, fa riflettere, ma allo stesso tempo che produce assuefazione e/o circoscrive, teatralizza, esorcizza, spinge lontano da noi (applicalo ai drammi della storia…)
      eccetera, eccetera, eccetera.

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      1. 1) eh, scomodare un morto dall’eterno riposo non è un’operazione da poco. 2) 🙂 3) lo leggerò con piacere. 4) togliere il liquido contenitore, tra le altre, apre alla possibilità d’interagire, anche a morsi (dov’è la differenza con comune carne secca?). 5) basta avere un intento.
        (al resto ci penso 🙂 )

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      2. 5) non lo so, forse non basta un intento. L’intento indirizza, ma gli effetti sono più numerosi, oltre a quelli dell’intento, e il risultato dell’intento non so se li sovrasta. Esempio (missile) terra-terra: voglio divulgare le atrocità di un regime. Diffondo fotografie delle brutture di quel regime. Tante, finché 5a) nessuno le nota più 5b) circoscrivo l’orrore a quelle fotografie, nonostante l’orrore vero sia indicibile, inenarrabile. Ad esempio.

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      3. Gli effetti sono più numerosi, vero, ma non vuol dire che non vi sia chi li consideri. Esempio: la divulgazione: come, dove, con chi e quando, che impatto mediatico. Dall’impatto mediatico al pop.
        Esempio a lato e non per forza in contesto: quando i militari americani 1) fecero uscire arpanet dai loro laboratori (ARPA da DARPA) e 2) imposero come protocollo unico il tcp/ip, sapevano perché lo stavano facendo. Militari a parte, non possiamo non accorgerci, anche con il senno di poi, che il linguaggio visivo condiviso si sia mosso su determinati binari e che l’arte sia stata usata come avanguardia di sfondamento. Tornando ai cadaveri esposti, giustamente dici che se li avessi esposti tu ti avrebbero arrestato: mi risulta che la pratica si stia diffondendo e che le mostre si stiano moltiplicando senza che nessuno paghi alcun tipo di dazio. Il passaggio successivo è l’acquisizione di “questo” dato visivo (e corporeo) da parte di altri linguaggi e media (pubblicità, film, pubblicazioni, altre opere in citazione, eccetera). Individuato il modus operandi la domanda da porsi è “a che pro?”. Individuata una risposta, sia pur complessa, resta il “che fare”. In quest’ambito la filosofia (che io non ho mai frequentato) può dire la sua e, secondo me, a voce altissima.

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      4. Come non detto, il tizio ha smesso di servirsi dei cadaveri cinesi di dubbia provenienza (leggi: detenuti) e quindi l’azione performativa che volevo fare durante una delle date della mostra non ha più motivo di essere. Però, sarebbe stato interessante. Antigone docet.

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      5. Azz… Ma l’esposizione itinerante dei china che fine ha fatto? Erano venuti anche a Milano (non vorrei mai istigarei alla creazione di questioni diplomatiche, era solo per sapere 😝)

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      6. C’è un foglio firmato da qualche parte che dice “voglio far plastinare il mio cadavere dopo la mia morte”? No. Le autorità cinesi parlano di “corpi che nessuno ha reclamato”. Il fatto è che non possono, di fatto, ma neanche da vivi, scrivere la stessa frase che ho scritto io poco sopra. “Il mio cadavere”, “la mia morte”. Non si appartengono.

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      7. come sei pignolo, se il buon “© Gunther von Hagens, Istituto per la Plastinazione” segna la via, è un attimo che i china copiano il cartaceo di riferimento e l’idea… basta il © per rendere tutto più appetibile 🙂

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