Spessore.

“Forse io sono questo, la cosa che divide il mondo in due, da una parte il difuori, dall’altra il didentro, può essere sottile come una lama, io non sono né da una parte né dall’altra, sono nel mezzo, sono come un muro divisorio, ho due facce e non ho spessore, forse è questo che sento, io mi sento vibrare, io sono il timpano, da una parte c’è il cranio dall’altra c’è il mondo io non sono né dell’uno né dell’altro, non è a me che si parla…” – Samuel Beckett, “L’innominabile”, p. 408 (1953).

 

Spessore.
O dell’impossibilità di coincidere.
Corpi, metro da sarto,
matita nera. Misure di un corpo
trasposte su un altro corpo.
Da un sogno di Paola Sperati.
Frames da video.
Performance, 2023.

Thickness.
Or the impossibility of coincidence.
Bodies, tailor’s meter,
black pencil. Measures of a body
transposed to another body.
From a dream of Paola Sperati.
Frames from video.
Performance, 2023.

Épaisseur.
Ou de l’impossibilité de coïncider.
Corps, mètre de tailleur,
crayon noir. Mesures d’un corps
il a été transféré sur un autre corps.
D’un rêve de Paola Sperati.
Frames de vidéos.
Performance, 2023.

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Spessore: la distanza tra due superfici che delimitano esternamente un corpo di cui costituiscano la parte di maggiore sviluppo.

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Thickness: the distance between two surfaces that delimit externally a body of which they constitute the most developed part.

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Épaisseur: la distance entre deux surfaces délimitant à l’extérieur un corps dont elles constituent la partie la plus développée.

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

——-

 

Mano, spigolo.
Segno effimero, 2023.

Hand, edge.
Ephemeral sign, 2023.

Main, bord.
Signe éphémère, 2023.

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

Roccioletti

 

——-

 

Teoria dell’informazione.
Corpo, quotidiani.
Vincenzo Bruno ph.

Con Vanessa Depetris e Rossella Ferrero.

 

Roccioletti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

——-

 

Altri percorsi.
#corpo + #immagine
corpi.blog / a work, in progress

 

Il corpo disegnato.
Come scrive Umberto Eco in “Apocalittici e integrati” il fumetto è a pieno titolo tra gli strumenti comunicativi come la radio, la televisione e i giornali: ha subito una importante evoluzione da quando, nato come fenomeno culturale del tutto marginale, si è ritagliato uno spazio sempre più importante all’interno della società nel corso dei secoli. [Prosegui qui la lettura]

 

Il corpo condizionale.
Corpo e performance: la performance come studio dell’area e dei limiti della sfera delle possibilità (prima ancora che culturali) corporee; fisiologiche, quindi espressive, in relazione allo spazio e alle cose, manipolate o aggirate. Questa sfera invisibile appartiene e circoscrive ciascuna di noi. Nella vita quotidiana facciamo esperienza di scoperte e usi di questa sfera, tendenzialmente parziali: geneticamente e poi culturalmente portate a raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo, ripercorrendo strade già battute che si sono rivelate efficaci. [Prosequi qui la lettura]

 

Il corpo cosa.
La parola cosa è una circumnavigazione; un abbraccio largo, disattento oppure irrispettoso se non si presta attenzione (o non si può) alla cosa abbracciata; cauto, timoroso o circospetto nel caso di cose sconosciute o temute, in buona o in cattiva fede. Raramente usato nei confronti degli animali (in prospettiva antropocentrica), nelle domande che forse lasciano intendere: che cosa è [quell’animale]; “suona male” l’alternativa chi è [quell’animale]; quando è stato che gli animali hanno smesso di essere chi – se mai lo sono stati – per diventare che cosa? [cfr. le divinità antiche teriomorfe]. Sicuramente nel sentire comune (culturale?) cosa è controparte di persona. Da un lato ci sono le persone, dall’altro le cose; e quando è capitato apertamente oppure ipocritamente che i due concetti coincidessero, sono stati genocidi, femminicidi, omicidi, soprusi, il peggio che potessimo. [Prosegui qui la lettura]

 

Il corpo narrato.
I manuali di scrittura creativa offrono spunti interessanti sul tema dei corpi, letti nella chiave dei suggerimenti che danno su come si possa creare un personaggio, partendo da alcuni modelli teorici. Ovviamente il corpo scritto è un corpo rappresentato; ma nella sua rappresentazione, con l’artificio delle parole e probabilmente del loro continuamente difettare – e nel raro stato di grazia del limite che diventa punto di forza per circoscrivere l’ineffabile indescrivibile – possono non solo mettere in piedi corpi credibili, con i quali si può empatizzare oppure immedesimare, ma anche offrire spunti di riflessione sul come e sul perché questi corpi vengono rappresentati in un modo piuttosto che in un altro. [Prosequi qui la lettura]

 

Il corpo testimone.
Il 1929 viene ricordato come l’anno di una delle crisi economiche più spaventose di tutto il ‘900. Inizia dagli USA, si propaga velocemente in Europa, si merita il nome di Grande Depressione. Uno dei settori più colpiti dalla crisi, negli Stati Uniti, è quello dell’agricoltura: nel 1937 la Farm Security Administration, agenzia del governo creata per combattere la povertà delle zone rurali, incarica alcuni dei più importanti fotografi dell’epoca di documentare le condizioni di vita dei lavoratori. Sono scatti di grande ricerca estetica, e l’uso che se ne farà sarà soprattutto politico: documentare e sensibilizzare l’opinione pubblica e le parti politiche ad intervenire per risolvere la crisi. [Prosequi qui la lettura]

 

Il corpo catastrofico.
Secondo Domenico Valenza, il perturbante (quello che Sigmund Freud chiamerà unheimlich) impedisce sonni tranquilli alla borghesia dell’Ottocento. Due sono le epifanie di questa inquietudine, ai due estremi del fantastico: il troppo corporeo (il mostro), e l’assenza di corporeo (il fantasma). Il primo è il caso di Dracula, oppure di Frankenstein. Il secondo è quello del sinistro impalpabile, ad esempio Le Horla di Guy de Maupassant: l’invisibilità di questa presenza la rende invincibile. E’ un’ossessione: ci osserva ma non può essere osservata; il nome specifica il suo essere emissaria, dall’esterno, hors là, là fuori: ma il suo messaggio è indecifrabile, e porta alla follia. [Prosequi qui la lettura]

 

Il corpo profanato.
Se nel mondo antico il destino dell’anima va di pari passo con quello del corpo, e l’aldilà può essere raggiunto solo quando il cadavere riceve adeguati onori funebri e sepoltura, sa bene che cosa sta facendo Creonte lasciando insepolto il cadavere di Polinice, oppure Achille quando trascina con il suo carro il corpo di Ettore davanti alle mura di Troia. Finché il corpo è vivo, gode (o almeno: dovrebbe godere) della possibilità di fare che cosa vuola e stare dove vuole, esercita una volontà – è il luogo e lo strumento dove si esercita, il volere – sceglie la propria sorte (fatto salvo il meccanicismo e il determinismo). [Prosequi qui la lettura]

 

Il corpo pathosformelico.
Il termine pathosformel è stato coniato da Aby Warburg nei primi del ‘900, e indica immagini archetipiche: posizioni assunte dai corpi, che si ripetono in modo uniforme attraverso tutta la storia dell’arte, e che esprimono emozioni attive e passive dell’animo umano. Scrive Anna Fressola (Enneagramma, la tradizione classica nella memoria occidentale, 2018): “Pathos che cerca e trova le sue espressioni in formulazioni per loro natura fredde (Formeln) che tendono a incasellarsi in serie morfologiche, quando non tassonomiche. Pathosformel (come già osservato da Salvatore Settis) è parola ossimorica che fonde nello stesso termine il movimento del pathos e la stasi, o meglio l’ipostasi della formulazione di uno schema.” [Prosequi qui la lettura]

 

——-

 

Roccioletti

Tènere le distanze”. Corpo, nastro, 2023.

 

——-

 

Giuseppe Di Giacomo
“L’immagine artistica tra realtà e possibilità”, in
“Costellazioni estetiche. Dalla storia alla neoestetica”, 2014.

“Ad assumere una particolare importanza nell’attuale dibattito sulle immagini è la nozione di identità-differenza di visibile e invisibile, e quindi di opacità e trasparenza. C’è infatti «immagine» quando in qualcosa di materiale «vediamo» qualcosa di immateriale o, che è lo stesso, quando in qualcosa di presente «vediamo» qualcosa di assente. Si tratta evidentemente di un vedere che non e di tipo ottico-retinico, ma che è piuttosto un sentire, anche e proprio nel senso di Wittgenstein che, a tale proposito, parla di «vedere come»: è quanto ci permette di cogliere nel dato l’altro del dato stesso, vale a dire nel visibile il non-visibile e nel reale il non-reale, ovvero l’immaginario. Quella di immagine è allora una nozione paradossale, i cui termini, se scissi, portano a un’alternativa: o le immagini accentuano la loro opacità, fino ad arrivare a una rappresentazione che esclude ogni riferimento alla realtà, oppure esse accentuano la loro trasparenza fino al punto di rinnegarsi in quanto immagini, realizzando così una perfetta dimensione illusionistica. In quest’ultimo caso, le immagini fanno tutt’uno con la cosa rappresentata, tanto che – come s’è detto – non le vediamo più come immagini: si tratta di quel superamento dei confini dell’immagine che viene espresso, esemplarmente, nel sogno di Pigmalione; solo a Pigmalione, infatti, fu concesso di creare un essere reale dalla statua femminile che aveva scolpito, trasformando così la non-realtà in realtà e il non-visibile in visibile, con il risultato di annullare quel «più» che – è bene ancora una volta ribadirlo – è la condizione stessa dell’auraticità dell’immagine.”

 

Arthur Danto (2008) citato in
A.Dal Lago e S.Giordano, “L’artista e il potere”, 2014.

“Nel centro convegni della Arden House, alla Columbia University, c’è la statua in bronzo di un gatto […] Presumibilmente ha un certo valore, o almeno si crede che lo abbia, visto che l’amministrazione l’ha fatta incatenare alla ringhiera perché non sia rubata, immagino, come se fosse un televisore di una camera in uno squallido motel. Questa sarebbe l’interpretazione più ovvia. Ma si potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi che non si tratta di una scultura incatenata di un gatto, ma di una scultura di un gatto incatenato che a una sua estremità è ingegnosamente ancorata a un pezzo di realtà. Naturalmente quel che prendiamo come un pezzo di realtà potrebbe essere invece una parte dell’opera, che diventa così una scultura di un gatto-incatenato-a-una-ringhiera-di ferro; ma nel momento in cui ammettiamo che anche questo è parte dell’opera, dove si situeranno i suoi confini?”

 

Filippo Fimiani
“Homo pamphagus. Della memoria del moderno”, in
“Costellazioni estetiche. Dalla storia alla neoestetica”, 2014.

“La malattia della memoria, prima di essere storica e culturale, è simbolica e organica: è, come vide Warburg, una malattia dell’incorporazione (Verleibung), che richiede uno sguardo insieme fenomenologico, morfologico e genealogico. Figura metaforica e strumento diagnostico, la duplicità del ventre dei moderni consente, insomma, la descrizione degli effetti di un processo essenziale e caratteristico ma non tematizzabile come tale, pervasivo in tutti i campi dell’esperienza – nei diversi regimi e ordini del sentire, del sapere, del fare -, ma non isolabile in sé e per sé o comprensibile in una totalità. Godimento, nutrimento, eccitante, alimento, istantaneità, ritenzione, oblio, memoria: polarizzato ora su un versante, ora sull’altro, quello che Biswanger definisce il Mischzustand del malinconico – per tanti versi «tipo» e stato esperienziale ed epistemico moderno per eccellenza – ben dice il movimento oscillatorio dell’uomo moderno e dei contenuti vitali. «Il partito intellettuale moderno» ha scritto un fedele ammiratore di Michelet, «mangia l’azione, l’assorbe, l’elimina[,] la riassorbe, la cancella, ingloba e fagocita […] tutto l’ordine dell’azione, della vita, dell’essere», laddove è questo che «assorbe [e] sopprime e, di stomaco buono, digerisce tutto l’ordine della conoscenza»: in questa operazione, una forma di vita, individuale e collettiva, biologica e storica, si istituisce e autonomizza negoziando con l’alterità dell’ambiente.”

 

——-

 

Narrazione e realtà.

 

Durante l’assedio di Leningrado (8 settembre 1941 – 27 gennaio 1944) da parte dell’esercito nazista, il personale e i volontari dell’Hermitage riuscirono a imballare quasi tutte le opere d’arte (circa un milione, tra dipinti, sculture e altri oggetti) e a caricarle su treni diretti a Sverdlovsk, negli Urali, per metterle in salvo. Gli scantinati dell’Hermitage divennero un rifugio antiaereo, e alcuni impiegi si trasferirono lì con le loro famiglie, per avere salva la vita e contemporaneamente lottare contro le bombe incendiarie lanciate dai nazisti.

Durante l’assedio, il personale dell’Hermitage organizzò comunque visite guidate (e serate dedicate alla poesia). Le guide accompagnavano le scolaresche e alcuni soldati in permesso attraverso le sale del museo: le cornici erano vuote, ma le guide raccontavano comunque le opere e il loro significato, come se fossero state ancora lì.

 

Roccioletti

Roccioletti

 

——-

 

Letture suggerite:

 

AAVV, Imito dunque sono? Bietti
A.Blandiana, Falso trattato di manipolazione, Elliot
D.J.Chalmers, Più realtà, Cortina
E.Stimilli, Filosofia dei mezzi, politica dei corpi, NeriPozza
G.Romeo, #Hashtagart, Skira
E.Grazioli, L’arte contemporanea per sovrapposizioni, Johan&Levi
M.Teatro, La guerra dei segni, AgenziaX
AAVV, Arte moltiplicata, Bruno Mondadori
L.Baldessari, Architetture per la scena, Electa
R.Peregalli, I luoghi e la polvere, NaveDiTeseo
D.Levi Strauss, Perché crediamo alle immagini, Johan&Levi
AAVV, Saul Leiter, Contrasto
AAVV, Rivoluzioni, tra chi scrive e chi fotografa, Sanpino
I.Zannier, Profana Commedia della fotografia, NaveDiTeseo

 

——-

 

Carmelo Bene, da “Il rosa e il nero – Invenzione da Il monaco di M.G.Lewis”

 

Pierre Klossowski, da “Cosa mi suggerisce il gioco ludico di Carmelo Bene”.

 

——-

 

1 Comments

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.