Faccio brutte figure.
Di professione. “Diventa imprenditore di te stesso”, dicevano. E chi lo diceva? Quelli che avevano fatto dell’elargire questo consiglio un lavoro retribuito. Da chi? Da quelli che, invece, un lavoro non ce l’avevano: il mercato fiorente del vendere speranze.
All’inizio, come sempre accade per le start-up particolarmente innovative, ero molto incerto. Non è stato facile: non c’erano manuali da studiare oppure esempi da seguire. Non avere niente da perdere mi diede la spinta giusta. E poi, ero un talento naturale. Facevo brutte figure fin da piccolo. Avrei voluto rendere fieri di me i miei genitori, avrei voluto diventare qualcuno come tutti gli altri. Spesi molti anni cercando di assomigliare a chi piaceva. Poi, un giorno, acquistai un bacio perugina, e dentro: “Usa quel che hai”.
Da “Brutte figure: breve guida per principianti”
– Tipologia: flatulenza in pubblico
Specifiche: in base al contesto e al tipo di flatulenza
Note: resistere alla tentazione della falsa attribuzione
– Tipologia: cronologia del web
Specifiche: a casa oppure sul posto di lavoro
Note: variante dell’audio di un video porno in pubblico
Mi ci volle un po’ ad ammettere che avevo solo le brutte figure, e niente altro. Chiunque, con impegno e una certa dose di fortuna, può diventare chiunque: medico, avvocato, imprenditore edile, politico. Ma quanti professionisti di brutte figure esistono al mondo? Se il destino ti distribuisce le carte giuste, sarebbe da stupidi non giocarle al meglio. Ma se ti trovi con una mano come la mia, allora serve ingegno. Magari non vincerai, ma tutti quelli che erano al tavolo con te se la ricorderanno per un pezzo, quella partita.
Ovviamente il talento naturale non basta. Bisogna saperlo usare: serve molta pratica, e la capacità di associare alla spontaneità della brutta figura un occhio attento all’occasione in cui usarla a proprio vantaggio. Bisogna saper allargare il proprio segmento di pubblico.
Alle volte ripenso con nostalgia alle brutte figure in famiglia oppure con gli amici. Ero giovane e inesperto. So che quella sensazione intensa e rovente delle prime e acerbe brutte figure non tornerà più; oggi però posso aspirare a brutte figure mature, consapevoli, efficaci. E’ difficile trovare la giusta metafora per spiegare il fare brutte figure. E’ a metà tra il giocare in borsa, ed essere un attento e paziente artigiano. Serve precisione, lungimiranza, ottime competenze nelle relazioni sociali e nella comunicazione. E stile.
Da “Brutte figure: breve guida per principianti”
– Tipologia: dita nel naso
Specifiche: in macchina, sui mezzi pubblici
Note: scelta della destinazione finale del muco
– Tipologia: raccolta differenziata
Specifiche: gettare nel contenitore sbagliato
Note: perfetta per innescare liti condominiali
E’ sbagliato pensare che il buon esito di una brutta figura dipenda esclusivamente dal numero di spettatori che vi assistono. E’ un aspetto importante, ma non basta. La brutta figura professionale deve essere folgorante nell’istante in cui avviene, ma anche durare nel tempo e riverberare sulle successive. Essere in sintonia perfetta con le brutte figure precedenti, e ambire ad un livello superiore rispetto ad esse. E’ come il poker, si gioca al rialzo, ad ogni puntata aumenta il rischio di vincere oppure perdere molto.
Serve fermezza. Alle volte ci si imbatte in soggetti cinici, sospettosi. Cercano di capire dove è il trucco. Attribuiscono alla brutta figura intenti che non ha. Pensano sia per scherzo, mortificazione di sé, forma di meditazione, patologia psichiatrica.
A rendere sfidante la mia professione c’è anche un altro aspetto: i tempi cambiano. La percezione generale di quella che è una brutta figura e quella che invece non lo è si trasforma, di poco ma costantemente. Bisogna tenersi sempre aggiornati, non perdersi nulla delle variazioni del senso comune. Un esempio, non del tutto appropriato ma per intenderci: quanto è diversa la reazione di ciascuno di noi, di fronte alla notizia che un certo personaggio politico ha preso una tangente, rispetto a cinque anni fa.
Da “Brutte figure: breve guida per principianti”
– Tipologia: postare la foto sbagliata sui social
Specifiche: a seconda del tempo di permanenza
Note: può causare shitstorm di proporzioni epiche
– Tipologia: applaudire al momento sbagliato
Specifiche: a teatro, al concerto, in riunione
Note: alle volte innesca applausi a cascata
La brutta figura, come l’economia politica, aspira ad essere una scienza esatta; può scendere a patti con le obiezioni che vengono dal calcolo delle probabilità e dalle teorie matematiche del caos, ma di certo non può rinunciare, suo malgrado, a ciò che segna la differenza tra un semplice esecutore, per quanto bravo, e un eccellente compositore di brutte figure. Ed io aspiravo ad essere il più grande compositore di brutte figure del mio secolo. Mi consideravo, e mi considero tutt’ora, un pioniere.
Come ogni vero pioniere dovetti affrontare lo scherno e l’indifferenza. Ma il mondo, anche se non lo sa, ha bisogno di brutte figure: chi vi assiste si sente sulla strada giusta e una brava persona, oppure scaltro che la propria brutta figura non sia stata scoperta.
Lavorando a livello professionale nel campo delle brutte figure si mette insieme una casistica notevole di reazioni da parte del pubblico. Forse, quando andrò in pensione, azzarderò statistiche su quanti hanno reagito in un modo e quanti in un altro. Le reazioni alle brutte figure sono la prova del nove di come ci si colloca rispetto alla razza umana: empatici o meno, comprensivi o intolleranti, sicuri di sé oppure deboli di carattere e bisognosi di autostima. Giustizialisti, garantisti. Ottimisti, pessimisti.
Da “Brutte figure: breve guida per principianti”
– Tipologia: insalata fra i denti
Specifiche: appuntamento galante, pranzo di lavoro
Note: ignorare i tentativi altrui di far notare
– Tipologia: like involontario ed inopportuno
Specifiche: mentre si sbircia il profilo altrui
Note: infinite varianti: messaggio alla persona sbagliata etc
A latere di questi aspetti così edificanti ce ne sono altri che definirei divertenti, intriganti: come si diffonde la notizia della brutta figura, soprattutto oggi al tempo dei social, in che modo certe brutte figure siano più virali di altre, e quanto il pubblico di una brutta figura aggiunga del suo nel riportarla, raccontando in questo modo di sé molto più di quello che crede. Nell’ultimo anno ho ricevuto tre offerte da parte di importanti “creative industries” che operano nel guerrilla marketing, e una da una testata giornalistica nazionale.
Sconsiglierei di intraprendere un’attività come la mia a chi me lo chiedesse: bisogna averla nel sangue, la brutta figura; passione e tenacia, altrimenti diventa un lavoro come un altro. Un consiglio a chi comunque vuole provare, per i momenti più difficili: autoironia.
Tutti facciamo brutte figure: non è solo in quelle circostanze che riveliamo la nostra umanità più profonda, ma anche in quelle situazioni; non soltanto nelle glorie dei nostri momenti migliori, dei successi più o meno transitori, o nel risultato soppesato delle nostre azioni lodevoli; nella brutta figura troviamo un limite da superare che troppo spesso nascondiamo a noi stessi. La brutta figura può anche diventare l’altimetro che ci ricorda da dove siamo partiti e a che punto siamo della scalata verso la vetta.
Da “Brutte figure: breve guida per principianti”
– Tipologia: sbagliare o non ricordare il nome altrui
Specifiche: può anche durare giorni interni
Note: chiedere più volte il nome altrui, scusandosi
– Tipologia: scuse inverosimili
Specifiche: per un ritardo o un’assenza
Note: variabile in base al numero delle persone coinvolte
In un mondo dove ci si sgola e ci si svena per mandare avanti un’immagine di sé che sia luccicante, più o meno con falsa modestia o subdola intenzione, la brutta figura diventa momento di verità. Non piacevole, non sufficiente da sola, ma certamente una faccia della natura umana senza la quale essa, la natura umana, sarebbe monca di qualcosa, e quindi non credibile. Per questo, come professionista delle brutte figure, offro anche un servizio di consulenza per coloro che ne sono incappati, e vogliono capirne le dinamiche.
Quando riesco a concedermi un po’ di vacanza lascio a casa l’orologio e il telefono, faccio lunghe camminate in montagna oppure sulla spiaggia, osservo le onde, le foglie degli alberi che cadono in autunno, il volo degli uccelli, mi riempio i polmoni dell’aria di un mondo che non ha bisogno né di belle né di brutte figure ma, semplicemente, esiste.