2010 – dal sito Cargo Collective
Il collettivo artistico Voina ha vissuto e lavorato a San Pietroburgo da maggio a ottobre del 2010. Durante questo periodo ha messo in atto tre performances: “Dick Captured by KGB”, “How to Snatch a Chicken: A Tale of How One Cunt Fed the Whole Group Voina” ed infine “Palace Coup”. Hanno festeggiato compleanni, cambiato più volte abitazione, e ottenuto l’attenzione del governo in merito alla lotta contro l’estremismo – il loro. Voina è uno dei pochi, e sicuramente più conosciuti, collettivi di artisti russi, che si occupa di “arte politica e di protesta”. In 4 anni hanno realizzato circa 14 azioni performative. Nel resto del mondo questo tipo di arte è rispettata, tenuta in considerazione, seguita; ma la società e il governo russo non comprendono le performances d’arte a scopo provocatorio, considerano i Voina “hooligans”, manifestanti che mettono in atto gesti oltraggiosi, e vengono etichettati dalla stampa di regime, senza mezzi termini, come “sacchi di merda”. Il collettivo è stato fondato da Vor, in russo “ladro” (Oleg Vorotnikov) e da Koza “Capra” (Natalia Sokol); alcuni dei membri del collettivo si occupavano di arte anche prima di entrare a far parte dei Voina, per altri la definizione di “artista” è completamente irrilevante. I Voina hanno attirato l’attenzione pubblica per la prima volta con la loro performance del 2008 “Fuck for The Heir Puppy Bear”, realizzata il giorno precedente alle elezioni del presidente russo Dmitrij Anatol’evič Medvedev (nel cui cognome è contenuta la parola “medved”, che in russo significa “orso”, da qui il riferimento al titolo della performance). Prima di questa azione poche persone in Russia erano interessate ai Voina; per la società russa notizie di questo tipo vengono considerate uno scherzo, ed è anche per questo che le performances successive dei Voina sono state interpretate male: non erano più divertenti… erano addirittura immorali.

15 novembre 2010 – dal sito free-voina.org
Il 15 Novembre 2010 due membri del collettivo artistico Voina, Oleg Vorotnikov e Leonid Nikolaev, sono stati arrestati a Mosca. Koza (la compagna di Oleg) e il piccolo Kasper rimangono liberi, insieme agli altri attivisti. Alle sette di mattina dieci agenti della polizia, in borghese, hanno fatto irruzione nell’appartamento dove si trovava il gruppo. I poliziotti hanno fatto mettere gli attivisti faccia a terra, legato loro le mani dietro la schiena e detto a tutti di restare giù, aggiungendo che avevano il diritto di usare le armi. La connessione Internet era caduta poche ore prima, probabilmente tagliata dalla polizia. Tutti coloro che erano nell’appartamento sono poi stati portati alla stazione di polizia Begovaya, compresi alcuni inquilini che non avevano nulla a che fare con i Voina. A Oleg e Leonid, ancora ammanettati, sono state messe buste di plastica sulla testa prima di essere portati via con un furgone bianco (targa numero 04620, registrato a San Pietroburgo). Quando Koza ha chiesto dove li stessero portando, il poliziotto incaricato (che chiameremo Omar) ha risposto: “Nel bosco”. L’appartamento è stato poi perquisito; due testimoni, un uomo e una donna, hanno assistito al fatto. La perquisizione è stata condotta alla maniera tipica del “Centro E”, polizia anti-estremista che ha portato avanti l’operazione. Tra i beni sequestrati c’erano degli oggetti personali, e alcuni computer portatili appartenenti agli inquilini e agli ospiti che non fanno parte dei Voina. La polizia ha sequestrato tutti i computer, gli hard disk, i drive USB, le memory card, i cellulari e le carte SIM, e ogni singolo pezzo di carta scritto. Inoltre hanno sequestrato tutte le carte d’identità e i documenti di Koza, Oleg e Leonid. Alcuni dei poliziotti si lamentavano dei salari bassi, e della possibilità di tenere alcuni di questi oggetti, in particolare le videocamere, per loro. E’ stata fatta una lista degli oggetti sequestrati, della quale comunque i poliziotti hanno rifiutato di dare una copia a Koza. Nonostante Koza non fosse in stato di arresto, la polizia ha sequestrato tutti i suoi documenti, incluso il passaporto. A causa di questo, Koza e il figlio Kasper adesso non possono ricevere cure mediche. Sono stati privati anche di molte altre cose essenziali che sono impossibili da ottenere in Russia senza una carta d’identità. La polizia ha poi letto un’ordinanza per l’apertura di un’inchiesta. L’ordinanza era firmata dal giudice A.N.Morozova della corte distrettuale Dzerzhinsky di San Pietroburgo, con A.Y.Borodavkin assegnato come Ispettore. L’inchiesta è stata aperta contro “un gruppo di persone non identificato per l’articolo 213 paragrafo 1 comma b del codice penale: vandalismo motivato da avversione o ostilità nei confronti di un gruppo sociale.” Il testimone di quanto è avvenuto ha chiesto ai poliziotti di lasciare che Koza tenesse almeno il cellulare, per non lasciare lei e il bambino senza alcun mezzo di comunicazione. La polizia ha rifiutato. L’altra testimone dei fatti, la donna, ha aiutato i poliziotti in tutti i modi possibili, dicendo loro tutto ciò che sapeva sull’appartamento. Quando la polizia se n’è andata, Koza e il piccolo Kasper sono rimasti nell’appartamento. Prima di andarsene, Omar ha proposto a Koza di fare una chiacchierata con lui per “facilitarle la vita”, cosa che lei ha rifiutato. […] La polizia anti-estremismo è arrivata fin da San Pietroburgo precisamente per arrestare i Voina. Koza spiega: “Credo che una nostra vecchia conoscenza abbia saputo che eravamo arrivati a Mosca e abbia iniziato a parlarne dappertutto, menzionando ogni possibile indirizzo. Che lo abbia o meno fatto intenzionalmente, è così che è trapelato dove ci trovassimo. Credo che le rivendicazioni di cui siamo stati accusati da un membro degli Anti-Fascisti oppure dei Bolscevichi della Nazione siano intenzionalmente false e messe in giro da parte della polizia. I poliziotti diffondono queste false informazioni per generare sfiducia e ostilità tra i vari gruppi di protesta. Noi non dobbiamo cadere in questa provocazione.

10 gennaio 2011 – dal sito Bombmagazine.org, di Forrest Muelrath
Il caso internazionale del gruppo di performers noto come Voina torna alla ribalta con la notizia che due suoi membri sono in carcere a causa del loro operato. Forrest Muelrath ha avuto contatti con loro grazie ad alcune mail. […] La performance consisteva in alcuni membri del gruppo che giravano sottosopra una macchina della polizia, per restituire il pallone ad un bambino, e altre sette volanti in San Pietroburgo. A latere dell’ovvia domanda che lo spettatore si pone di fronte a questa azione, se sia arte o meno, è un dato che Voina ha fondato proprio su questa definizione controversa di arte la sua poetica performativa, con una serie di atti che hanno anche una valenza sociale. […] Il lato geniale dei Voina è che si muovono oltre le barriere del liberalismo che incatena gli interventi d’arte contemporanea. Proprio quel liberalismo che ha riabilitato gli autori di graffiti anti-capitalisti, facendoli diventare star delle gallerie d’arte contemporanea, in una situazione complessa dove la libertà dell’arte invade lo spazio di quello che non è concesso fare. Voina si dissocia dal mondo dell’arte mettendo in atto le loro performance in pubblico e mostrandole su internet, ma mai in una galleria commerciale, e questo consente loro di occupare uno spazio più grande di un’innocua bolla di narcisismo, e di creare un effettivo realismo sociale piuttosto che una critica inserita nel sistema stesso che viene criticato. A latere di questo, si consideri che Banksy – esempio perfetto della precedente controversa questione dell’essere contro il sistema, ma esporre nelle gallerie del sistema – ha donato 80.000 sterline per coprire le spese legali dei due membri recentemente incarcerati. Ho avuto l’opportunità di intervistare i Voina via mail. La nostra comunicazione è stata ostacolata non solo dai nostri differenti punti di vista sul mondo dell’arte, ma anche dalla lingua (non parlo russo), e dalla difficoltà nel comunicare con membri chiusi in carcere. Fortunatamente Yana Sarna, il fotografo del gruppo, mi ha aiutato con le traduzioni. Yana mi ha spiegato che ogni membro del gruppo detiene un titolo specifico: Natalia Sokol è la coordinatrice principale del gruppo; Oleg Vorotnikov è l’ideologo e il padre fondatore; Alexei Plutser-Sarno è l’artista principale, autore anche del materiale pubblicato in rete e dei testi. Alexei è attualmente fuggito dalla Russia e si sta nascondendo.
FM – Forrest Muelrath: perché Oleg e Leonid sono stati arrestati?
LN – Leonid Nikolayev: Siamo stati arrestati a causa delle nostre azioni artistiche. L’attuale destra radicale russa considera un pericolo la nostra arte innovativa di sinistra.
OV – Oleg Vorotnikov: I poliziotti sporchi e corrotti ci danno la caccia dopo la performance “Dick captured by KGB”, nella quale abbiamo disegnato un enorme fallo lungo 65 metri e largo 27 metri sul ponte mobile Liteiny. Quando il ponte si è alzato, il pene eretto pesante centinaia di tonnellate ha mostrato un inequivocabile “Fottetevi!” ai quartieri generali del Federal Security Service, cioè i diretti successori del KGB.
APS – Alexey Plutser-Sarno: “Dick captured by KGB” non è stato solo un “Fottetevi!” indirizzato alle autorità corrotte, ma anche una parodia della struttura verticale del potere. Tutta la forza della protesta della gente della Russia è concentrata in questo pene, che attacca le autorità che sistematicamente violano i diritti umani.
YS – Yana Sarna: Inoltre, il nostro Pene si è alzato durante il periodo del Forum Internazionale dell’Economia a San Pietroburgo. E’ diventato un simbolo anti-globalizzazione.
NS – Natalia Sokol: Abbiamo piantato così profondamente il nostro pene nella cupidigia delle autorità che loro hanno deciso di distruggerci. Da allora gli attivisti vengono seguiti, ostacolati, incarcerati, perseguiti. Per sei mesi centinaia di poliziotti del Ministero degli Affari Interni e del Federal Security Service hanno dato la caccia ai Voina.
FM: Come vengono trattati i prigionieri? Quali sono le condizioni in prigione?
APS: Innanzitutto, Oleg e Leonid sono stati arrestati in modo illegale. I poliziotti in borghese che hanno fatto irruzione nell’appartamento segreto non hanno mostrato i loro distintivi oppure un mandato di cattura. Una volta catturati, i prigionieri sono stati incappucciati con borse di plastica e sono stati caricati su un furgoncino, e trasportati da Mosca a San Pietroburgo in un viaggio durato dieci ore. Durante questo viaggio, un poliziotto ha calciato Oleg ai reni e alla testa. Ora Oleg e Leonid sono detenuti in una cella con altri carcerati malati di epatite e tubercolosi. Le prigioni russe sono peggio dell’inferno.
NS: Durante la prima settimana di detenzione, Oleg e Leonid non hanno avuto il diritto di scegliere un difensore e sono stati trattati molto duramente. Sono stati interrogati senza una trascrizione delle dichiarazioni. Due settimane dopo un medico e attivista per i diritti umani, che li ha visitati, ha trovato ematomi sul corpo di Oleg, e su quello di Leonid escoriazioni, lividi, e segni di manette.
FM: Quali reati sono loro imputati?
OV: Siamo accusati di crimini “compiuti con motivazioni di odio politico e ideologico contro un gruppo sociale”.
LN: Le autorità considerano la nostra azione artistica come “hooliganism”. Stanno cercando di incriminarci per due articoli. Rischiamo 7 anni di prigione.
APS: Io sono accusato di “organizzare e condurre un gruppo criminale chiamato Voina”. In Russia questa accusa implica una reclusione dai 12 ai 20 anni.
NS: Durante la perquisizione i poliziotti mi hanno portato via in modo illegale la mia carta di identità. Mio figlio, di un anno e mezzo, ed io non siamo più in grado, quindi, di avere un trattamento medico da allora, non avendo un documento. I poliziotti vogliono privarmi dei miei diritti come madre, e mi hanno minacciata che avrebbero messo Kasper in un orfanotrofio e me in prigione.
FM: qual è il proposito politico dei Voina?
OV: noi facciamo rivivere un’arte di protesta politica. Abbiamo dichiarato guerra all’oscurantismo socio-politico e alla destra. Ci stiamo battendo per la libertà nell’arte contemporanea.
LN: Il nostro obbiettivo è distruggere le vecchie ideologie repressive-patriarcali. Stiamo lottando per i diritti umani.
APS: In Russia la società civile è distrutta. Non c’è nessuna traccia di democrazia. Il regno dell’oscurantismo è giunto nel nostro paese. La censura è forte e totale.
YS: Vogliamo che tutto il mondo sappia.
FM: Quali sono le azioni che meglio rappresentano i Voina?
OV: Nel 2009 ci fu una terribile persecuzione del curatore d’arte Andrei Yerofevev. I Voina portano segretamente due chitarre, microfoni e amplificatori nell’aula del tribunale, e quando il giudice ha iniziato a parlare, noi abbiamo alzato al massimo il volume e abbiamo suonato “All Cops are Bastars – faresti meglio a ricordarlo”. Questa azione performativa è stata intitolata “Cock in the Ass”.
LN: I Voina hanno organizzato un’esecuzione pubblica simulando l’impiccagione di tre lavoratori immigrati dall’Asia centrale, due di loro “colpevoli” di essere omosessuali, e uno di essere ebreo, in uno dei supermercati più grandi di Mosca. Era un “dono” speciale per il sindaco di Mosca, che porta avanti una politica omofoba e xenofoba. L’azione chiamata “Decembrist Commemoration” fu tenuta in onore del primo rivoluzionario russo, che fu impiccato nel 1826. La performance voleva ricordare ai russi gli ideali libertari dei primi rivoluzionari del paese.
NS: All’azione “Crazy Lena is Our President!” tenuta al Cremlino, Leonid Nikolaev con un secchiello blu in testa saliva sulle auto blu. E’ stata una protesta contro l’uso delle luci blu di emergenza anche quando non è necessario, quando le auto dei politici attraversano con il rosso e uccidono le persone nella perfetta impunità.
APS: Il giorno del Giudizio Universale, nel centro di San Pietroburgo, i Voina hanno girato sottosopra sette auto della polizia dentro alle quali c’erano poliziotti ubriachi che dormivano. L’azione chiamata “Palace Revolution” era una richiesta di riforma del Ministero degli Affari Interni, che è pieno di banditi e criminali, e che massacra le persone che partecipano ai cortei pacifici.
NS: Una delle nostre azioni migliori è stata nel 2008, intitolata “The storm of the White House”. Abbiamo usato una proiezione laser per disegnare un simbolo anarchico alto 40 metri – una bandiera pirata – sull’esterno del Palazzo.
YS: Nel 2008, i Voina completamente nudi hanno tenuto un’orgia nella hall del Museo di Scienze Naturali di Mosca. L’azione è stata tenuta nel “giorno del silenzio”, durante l’elezione del Presidente Medvedev. E’ stata una rappresentazione della russia pre-elettorale, quando ciascuno fotte l’altro e Medvedev sta a guardare deliziato. E’ stata la prima azione durante la quale sono stato il fotografo del gruppo.
OV: Noi non collaboriamo con gallerie, curatori, e istituzioni del mondo dell’arte. Noi non vendiamo per principio i nostri lavori. Non è possibile incastrarci nel mercato dell’arte per la semplice ragione che non ci interessa minimamente.
NS: Siamo contro il glamour e il conformismo. Nella nostra azione “How to Snatch a Chicken? The Tale of How one Cunt Fed the Whole Group”, un’attivista ha infilato un pollo nella sua vagina. Penso che una body-art così farebbe vomitare il più “glamorous” dei visitatori di una galleria.
APS: Uno degli obbiettivi dei Voina è quello di creare un linguaggio dell’arte aggiornato, adeguato al presente culturale e socio-politico. Per questo usiamo la bruttezza estetica, l’assurdo, e anche il non-sense. Noi distruggiamo i confini tra il Reale e l’Immaginario. Noi trasformiamo la realtà nel non-sense. Nelle nostre performances, la finzione diventa parte della realtà. Noi sperimentiamo sul confine tra Vita e Morte, tra Arte e Realtà. Io credo che oggi la vera arte non possa che essere su questa zona di confine, di esperimenti selvaggi. I Voina sono assolutamente indipendenti. Non partecipiamo a nessun movimento politico. Però simpatizziamo con anarchici, punk, e tutti coloro che si riconoscono in un’identità fluida, trasgressiva.
FM: Qual è lo scopo della violenza nelle vostre opere?
NS: In tre anni nemmeno una persona è stata ferita nelle nostre azioni. Noi siamo contro la violenza. Nello stesso lasso di tempo, la polizia russa ha ucciso centinaia di persone, facendo uso del loro “uso legittimo della forza”.

31 dicembre 2010, dal sito laprivatarepubblica.com
Negli anni in cui Brežnev era al potere, e gli artisti erano costantemente tenuti sotto stretta sorveglianza dagli occhiuti “critici d’arte” in borghese, tra gli intellettuali sovietici dell’epoca girava spesso questa barzelletta. Lenin e il Commissario Lunacharsky vanno ad una mostra d’arte a Mosca. Il primo dà un’occhiata ai dipinti di Malevič e si chiede: “Che cosa sono questi? Rettangoli? Triangoli? Cosa significa? Non capisco questo tipo di arte”. Lunacharsky risponde: “Ad essere onesti, Vlamimir Il’ič, non la capisco nemmeno io”. Il sottinteso ironico è che quello è stato l’ultimo governo sovietico a non capire nulla di arte, dato che tutti quelli seguenti la capivano a tal punto da volerla sempre censurare e reprimere. E nonostante una breve parentesi di libertà selvaggia e sregolata che è andata dalla caduta del muro di Berlino all’ascesa di Putin e dei siloviki verso la fine degli anni ’90, il Cremlino è tornato a comprendere fin troppo bene il significato dell’arte in Russia. Sono le sette di mattina del 15 novembre 2010, a Mosca. Una decina di agenti del “Reparto E” (la polizia anti-estremismo) irrompe in un anonimo appartamento. Qui si trovano Oleg Vorotnikov (fondatore), Leonid Nikolaev (“Presidente”) e altri attivisti del collettivo d’arte radicale Voina (“Guerra” in russo). I poliziotti fanno stendere i presenti sul pavimento a faccia in giù, li ammanettano e cominciano a sequestrare tutto quello che si trova nella stanza: computer, hard disk, penne Usb, memory card, cellulari, schede Sim, fogli di carta, passaporti e carte d’identità. Poi vengono trasferiti in blocco alla centrale di polizia di Begovava. […] “Siamo disgustati – si legge nel comunicato di “rivendicazione” postato nel blog di Alexei Plutser-Sarno, l’ideologo del gruppo – dagli sbirri doppiogiochisti che hanno già fatto a pezzi la Russia e che ora ne stanno saccheggiando i resti. Voina chiede una riforma cardinale del Ministero degli Interni. Chiediamo che tutti i banditi siano espulsi e che su di loro venga fatta giustizia. Nel Giorno del Giudizio (secondo la tradizione russa, quella notte, del 15 settembre) i poliziotti devono inginocchiarsi e supplicare noi, lavoratori dell’arte, per il perdono. La punizione di Dio sta per arrivare. Sbirri, pentitevi per i vostri peccati!” 18 gennaio 2011, San Pietroburgo. Nell’udienza per la convalida dell’arresto dei due, Oleg è dietro alle sbarre, le braccia appoggiate al ferro verde e gelido, e guarda con ammirazione il professore Vladimir Kostyushev – che da più di vent’anni si occupa di sociologia della protesta e teoria dei movimenti sociali. “Non ho alcun dubbio sul fatto che si scriveranno libri su questo tipo di arte contemporanea – dice Kostyushev alla Corte – Sarà una pagina gloriosa nella storia moderna della politica russa. Ne sono sicuro.” Il 25 febbraio è finalmente arrivata la scarcerazione, contestualmente alle ripetute e amorevoli cure dell’O.M.O.N., la polizia speciale russa. Vorotnikov e Nikolaev rischiano fino a sette anni di reclusione. Uno per ogni macchina ribaltata. Ma è grazie a questa storia che il loro movimento ha oltrepassato lo sconfinato limes russo: un aiuto inaspettato alla causa di questo collettivo è arrivato dal celebre street artist britannico Banksy, che per il pagamento della cauzione ha donato l’intero provento (127mila dollari) della vendita di una serie di sue opere. Esplicitamente schierato, oltraggioso, viscerale, anarchico, senza freni, costantemente alla ricerca di nuovi limiti da infrangere e di istituzioni da sbeffeggiare e umiliare, Voina nasce il 23 febbraio del 2007 da un’idea di alcuni studenti di filosofia di Mosca. Il collettivo – che nel 2008 ha vissuto e lavorato in un garage senza riscaldamento alla periferia di Mosca – ha una struttura orizzontale, è composto da circa duecento membri e al momento si trova a dover fronteggiare quindici azioni legali scatenategli contro in circa quattro anni di attività. Il loro idolo e padre putativo “è e rimarrà sempre” il poliedrico artista contemporaneo Dmitri Prigov, morto di infarto il 16 luglio 2007 a 66 anni, che nel 1986 venne spedito dal KGB in un ospedale psichiatrico per aver volantinato alcune sue poesie nelle strade della capitale. Voina ha dedicato a Prigov una veglia funebre piuttosto particolare nella metropolitana di Mosca: il collettivo ha occupato un intero vagone e ha banchettato con vodka e cibo in suo onore. Influenzati dalla gloriosa tradizione rivoluzionaria russa e dal Concettualismo Moscovita, l’obiettivo dichiarato di Voina è quello di creare “una street art monumentale” che squarci impietosamente l’opprimente cappa di omologazione reazionaria, corruzione politica, autoritarismo putiniano, fanatismo ortodosso e soppressione (anche violenta) del dissenso che sta stritolando con guanti e scarponi d’acciaio l’incerta democrazia post-sovietica. La guerra del gruppo artistico non si svolge nelle gallerie di arte contemporanea (da loro considerate troppo glam e piene di “spazzatura” conformista) o in qualche salotto hipster à la page; è una guerra interamente combattuta nelle città, nelle loro strade sporche e gelide, nelle stazioni di polizia, nei tribunali, nei supermercati, nei musei, nei ristoranti – in definitiva, nell’intero milieu urbano, declinato in tutte le sue varie forme, quello spazio enorme e grigio e concentrato la cui estensione è inversamente proporzionale al grado di libertà di cui gode la popolazione. L’operazione più eclatante di Voina è sicuramente quella compiuta sul ponte levatoio Liteiny a San Pietroburgo, nome in codice “Cazzo Catturato Dall’FSB [il servizio segreto russo, nda]”. La notte del 14 giugno 2010, giorno del compleanno di Che Guevara, il gruppo disegna in appena 23 secondi un enorme fallo lungo tutta la superficie del ponte (65 metri di larghezza per 27 di altezza). All’una di notte quest’ultimo comincia ad alzarsi; verso le due, quando il ponte-pene è ormai completamente eretto, dagli uffici della sede centrale dell’ex KGB e da tutta la città si può scorgere chiaramente l’opera. Quella del “defacing”, o deturpazione artistico-attivista di infrastrutture e palazzi pubblici, è del resto uno degli strumenti maggiormente utilizzati dal gruppo. La notte tra il 6 e il 7 novembre 2008 (data del 91esimo anniversario della rivoluzione d’ottobre, nonché del 120esimo anniversario della nascita dell’anarchico e rivoluzionario ucraino Nestor Makhno) Voina proietta un enorme Jolly Roger (il teschio e le ossa, simbolo dell’anarchia) sull’edificio del Governo, la Byely dom (Casa Bianca) russa. Poco prima dell’azione il solito Plutser-Sarno scrive sul suo blog: “Crediamo che un’arte nuova e veramente attuale debba trovare il proprio linguaggio. La Casa Bianca è la tela perfetta per un artista. Il teschio e le ossa sulla Casa Bianca sono l’avvertimento al governo che l’anarchia è la reazione inevitabile ad una politica xenofoba e genocida. Il Jolly Roger indica che la nazione russa sta morendo, mentre i nuovi ricchi sguazzano nel lusso”. Nello stesso anno un’altra azione di Voina, le cui foto e riprese hanno fatto letteralmente impazzire la blogosfera russa, è quella eseguita all’interno del Museo Statale di Biologia di Mosca. Due giorni prima dell’elezione presidenziale che ha visto trionfare Medvedev, gli attivisti (tra cui anche una donna incinta che partorirà quattro giorni dopo) entrano nella sala “Metabolismo, energia, nutrizione, digestione”, si spogliano e improvvisano un’orgia di gruppo, il tutto mentre altri due membri in smoking e tuba tengono ben in vista uno striscione nero su cui c’è scritto a caratteri cubitali: “Scopa per il Successore – l’Orsacchiotto [in russo medvejonok, gioco di parole sul cognome del delfino di Putin, nda]!” I supermercati sono uno dei bersagli preferiti di Voina. Il 3 luglio del 2008 un attivista vestito da prete ortodosso entra in un supermercato, fa incetta di alcolici e cibo di marca ed esce tranquillamente con cinque sacchi stracolmi, ovviamente senza pagare. Non viene fermato da nessuno. L’azione si chiama “Un Poliziotto in Tonaca da Prete” e vuole dimostrare la totale impunità di cui godono le forze dell’ordine e le gerarchie ecclesiastiche.

Il 7 settembre successivo, il giorno in cui si festeggia la città di Mosca, all’interno del supermercato più grande della capitale il gruppo imbastisce un processo sommario contro tre lavoratori clandestini, un omosessuale russo e un attivista dei diritti gay, bisessuali e transgender (LBGT). Il processo farsa si chiude con l’impiccagione simbolica al soffitto del reparto di illuminazione, sotto gli sguardi attoniti di guardie e cittadini. L’azione, rivolta contro l’allora sindaco Luzhkov ritenuto responsabile di politiche razziste e omofobe, è denominata “La Commemorazione Decabrista” in onore dei cinque rivoluzionari russi che furono fatti impiccare dallo zar Nicola I in seguito all’insurrezione armata del 14 dicembre 1825. L’ultima operazione nei supermercati è datata 20 luglio 2010, ma è stata pubblicata online quattro giorni dopo (cioè nel 182esimo anniversario della nascita dello scrittore e rivoluzionario russo Nikolay Chernyshevsky) ed è di gran lunga la più disturbante. Richiamandosi alla vecchia fiaba popolare della gallina Ryaba, il gruppo entra nel supermercato “Nakhodna” di San Pietroburgo e ostruisce la visuale delle telecamere con dei cartelloni, mentre una di loro provvede ad infilarsi un pollo nella vagina, riuscendo poi a portarlo fuori dal supermercato senza farsi scoprire. Questa la rivendicazione online del collettivo: “Nell’antica Russia la parola “puttana” significava “menzogna” e “imbroglio”. Oggi in Russia ci sono milioni di “puttane” di ambo i sessi che hanno perso i loro principi morali ed etici, che imbrogliano e si uccidono tra di loro. Voina fotterà simbolicamente i russi doppiogiochisti e le loro prostitute del Cremlino!” Se non fosse per Voina, ha dichiarato Andrey Monastyrsky (fondatore dei gruppi di Azione Collettiva degli anni ’70), “l’arte contemporanea russa sarebbe provinciale e terribile, una porcheria commerciale”. Un giudizio pienamente condiviso da Andrey Erofeev, un noto curatore d’arte attualmente sotto processo per aver organizzato nel 2007 un’esposizione giudicata offensiva dalle autorità e dalla chiesa ortodossa: “Negli anni ’90 l’arte si è fatta influenzare da una società che si stava imborghesendo sempre di più: gli artisti si sono felicemente trasformati in conformisti”.
In effetti, un episodio recente delinea bene lo stato dell’arte, non solo contemporanea, nella Russia odierna. Lo scorso giugno Vladimir Putin si è recato nella galleria del pittore nazionalista Ilya Glazunov. Soffermandosi su un dipinto, il premier russo ha notato che la spada del principe Oleg di Kiev (nel quadro erano raffigurati appunto i principi medievali Oleg e Igor il Coraggioso) assomigliava più ad un coltello da cucina che ad una vera spada, suggerendo così a Glazunov di allungarla. Il pittore ha detto che avrebbe attentamente seguito il consiglio del Primo Ministro, che ha dunque aggiunto alle sue già sconfinate competenze di ex spia, statista, cacciatore di tigri, judoka, amante degli animali, rapper, pianista e pilota di Formula Uno anche quella di raffinato critico d’arte. È stato solo negli ultimi anni che un certo tipo di arte militante, cinica e satirica è realmente riaffiorata sulla superficie della vita pubblica russa, per troppo tempo dominata e anestetizzata da nazionalisti, Gioventù Putiniana e miriadi di gruppi “spontanei” di supporto al governo. Voina si approccia all’arte in maniera totalmente radicale; è una lancinante dichiarazione d’indipendenza destinata ad essere sempre e comunque ontologicamente contraria ad una forma ibrida di zarismo oligarchico travestito malamente da Democrazia Controllata: “In Russia, l’attivismo anarco-artistico è l’unica attività davvero viva – dice Alexei Plutser-Sarno – Oggigiorno, in un momento in cui qualsiasi speranza per la democrazia si è infranta, disegnare fiori o gattini o produrre qualsiasi altro tipo di arte ‘pura’, cioè priva di un contenuto socio-politico, significa essere complici delle autorità reazionarie”. Quella del collettivo è piuttosto un tipo di arte “patriottica”, ma nel senso che intende l’ideologo: “Si può essere un patriota avversando completamente le logiche statali. Il Paese e lo Stato sono due concetti diversi, da non confondere tra loro. Una persona intelligente non può definirsi un “patriota dello Stato”. Lo Stato, infatti, è un’istituzione che veicola un tipo di violenza legalizzata: non può piacere. Noi siamo dei patrioti a tutti gli effetti”. L’esistenza stessa di un movimento come Voina potrebbe essere la diretta conferma di quello che scrisse Vasilij Grossman nel suo capolavoro “Vita e destino” (sequestrato dal KGB nel 1960), riferendosi al regime sovietico: “Le esigenze dello Stato sono a un estremo, quelle dell’uomo all’altro. E non si concilieranno mai”. Nemmeno nella Russia di Putin e Medvedev.

22 gennaio 2011 – dal sito del New York Times
E’ stato molto difficile trovare Aleksei Plutser-Sarno. Quando la rete della polizia si è stretta attorno ai Voina, Plutser-Sarno ha smesso di usare il cellulare temendo che avrebbe reso nota la sua posizione alla polizia, e ha iniziato ad usare Skype, oppure lettere consegnate a mano da intermediari. Da quando la polizia lo incalza, cerca di non passare mai due notti nello stesso posto, ed elabora diversivi per far perdere le sue tracce – una volta in un’intervista ha dichiarato che era in Estonia, mentre postava articoli sul suo blog da Tel Aviv, altro posto in cui, naturalmente, non si trovava. Intervistare Plutser-Sarno ha richiesto una lunga attesa ai piedi del monumento di un filosofo ucraino del diciottesimo secolo; ad un certo punto è giunta una donna vestita di blu, che ha esamitato i nostri passaporti e ci ha condotto al luogo dell’incontro. Quel monumento è di Hryhorii Skovoroda, e la scritta sulla targa recita: “il mondo ha cercato di prendermi, ma non c’è riuscito.” Suona tutto come un gioco, ma c’è una buona ragione dietro. Da tre anni i Voina giocano al gatto e al topo con la polizia russa, mettendo in atto performances di strada che vanno dall’oscuro (il lancio di gatti ai cassieri di McDonald) fino al mastodontico (un pene di 210 piedi). Gli ultimi eventi hanno fatto sì che Plutser-Sarno sia l’ultimo dei Voina ad essere libero di incontrare i giornalisti – e lui si considera al sicuro solo al di fuori dei confini Russi. 48 anni, sembra più un professore che un fuggitivo, di quelli che stanno in piedi fino all’alba a parlare di ermeneutica bevendo buon vino; è autore di un dizionario di più volumi, ed ha condotto “The Black Square”, un talk show che lui stesso descrive come “52 minuti di noiosissimo dibattito filosofico”. La sua vita è cambiata all’improvviso, quando i suoi compagni sono stati arrestati; gli investigatori lo accusano di aver messo in piedi un’organizzazione criminale, e rischia 20 anni di carcere. “Era chiaro che qualcuno di noi sarebbe stato arrestato, prima o poi” dice “sembra che Oleg abbia sottovalutato i rischi. Non ha considerato il prezzo più alto da pagare.” E’ stato il disgusto che ha dato origine ai Voina. Nell’ultimo decennio, Mosca è stata lavata con il denaro, e tutte le forme di opinione più radicali sono state spazzate via dalla vita pubblica. Gli oppositori sono così marginali che nessun giornalista occidentale ne ha più parlato. Gli artisti hanno iniziato a guadagnare dalle gallerie, con contratti connessi con il governo che valgono milioni. Il sistema dell’arte moscovita ha risposto molto freddamente alle loro provocazioni. Il più critico nei confronti dei Voina è stato Anatoly Osmolovsky, uno dei pionieri dell’arte di strada. Ora Osmolovsky, celebrato per le sue sontuose sculture, scrive dei Voina che “il loro desiderio di attribuire qualche vago sapore politico ai loro gesti li rivela come estremamente inesperti e, alla fine, come artisti codardi.” Ma i Voina non hanno bisogno di connessioni con il mondo dell’arte. Youtube, LiveJournal e Twitter danno ai giovani russi l’accesso allo humour dei Voina… e fomentano la rabbia della polizia. I piani sono diventati più grandi, più rischiosi. “Prima di dipingere il pene sul ponte, lo scorso giugno, abbiamo provato un sacco di volte e calcolato che avremmo potuto fare tutto il lavoro in trenta secondi. Ce ne abbiamo poi messi 23.” “Un alpinista che scala una montagna sa che ci sono possibilità di cadere in qualche crepaccio” ha detto Andrei Bilzho, un disegnatore che ha dedicato una serie di lavori ai Voina. “Gli alpinisti muoiono in questo modo. E’ uno sport estremo. Quello che fanno i Voina è una forma di arte estrema.”

5 marzo 2011 – dal sito della BBC
C’è il rischio che dopo la loro scarcerazione Oleg e Leonid vengano nuovamente arrestati e sottoposti a test psichiatrici. “Sembra un ritorno alla psichiatria punitiva” ha detto Igor Ryabchilov, legale di Oleg, facendo riferimento al famigerato metodo dell’era sovietica di separare in modo forzato i dissidenti gli uni dagli altri. L’avvocato ha anche detto che vuole impugnare il domicilio coatto, che obbliga Oleg ad avvisare la polizia due ore prima ogni volta che vuole uscire di casa. Se dovesse contravvenire a questa legge, verrebbe di nuovo arrestato e i soldi di Banksy sarebbero stati inutili. Ironia della sorte, il pene gigante dei Voina disegnato sul ponte è stato nominato per un premio d’arte contemporanea – ma è stato misteriosamente rimosso dalla lista delle opere in lizza per il premio circa una settimana fa. La risposta di Leonid è stata laconica: “Possono fare quello che vogliono del pene – noi non abbiamo nessun copyright.” Natalia ha aggiunto: “I Voina non hanno partecipato e mai parteciperanno ad un premio in denaro. La nostra arte tocca le persone. E nessuno ha il diritto di decidere il prezzo che ha.”

8 aprile 2011 – dal sito Vice.com
A quanto pare al momento in Russia le cose non vanno per il verso giusto. Anni di guerra con ribelli e jihadisti nella regione meridionale del Caucaso hanno portato bombaroli kamikaze a Mosca e in altre città russe, molte delle quali – se dobbiamo credere a Julian Assange – sono nelle mani della mafia. La libertà d’espressione è strettamente controllata. I giornalisti che si trovano in disaccordo col governo sono spesso pestati e, in alcuni casi, uccisi, mentre le manifestazioni pubbliche vengono brutalmente represse e gli artisti regolarmente imprigionati per “danni allo stato”. “Voina” in russo dignifica “guerra”. I Voina sono in guerra aperta col governo russo. Il collettivo di art-prankster ha dedicato gli ultimi anni a mettere in atto tutto il possibile per irritare il potere costituito – cose come mettere in scena orge in musei pubblici, disegnare cazzi di 60 metri sui ponti mobili di fronte al quartier generale del KGB, e lanciare gatti agli impiegati di un McDonald’s nella giornata internazionale dei lavoratori. Di recente, lo Stato russo si è stancato di queste umiliazioni pubbliche. Nell’autunno dello scorso anno, la polizia ha arrestato e trattenuto i due leader del gruppo, Oleg Vorotnikov e Leonid Nikolayev, dopo che la coppia era stata scoperta a ribaltare delle auto della polizia. Sono stati imprigionati in seguito ad un’udienza-show, ma in quel momento una figura è emersa dall’oscurità per afferrare la libertà dalle fauci degli insetti dei gulag – Banksy (sì, proprio lui) ha cacciato un po’ del denaro funky urban che ha accumulato negli anni, per la loro cauzione. Sfortunatamente per Voina i problemi non sono finiti qui, e Oleg e sua moglie Natalia Sokol sono stati brutalmente aggrediti dalle forze di sicurezza al ritorno da una conferenza stampa. Gli aggressori stavano per ferire il loro figlio di 2 anni, Kasper. Quelle scene si sono ripetute di fronte al pubblico dei media internazionali venerdì primo aprile, così ho pensato che era il momento giusto per trascrivere la grossa intervista che avevo fatto loro un paio di settimane prima.
Vice: Quando e perché è nato Voina?
Alexei Pluster-Sarno: Il gruppo è stato fondato da Oleg Vorotnikov e Natalia Sokol il 23 Febbraio 2007. Io mi sono unito nel dicembre 2007 dopo una bevuta di vodka con Oleg. Nel febbraio 2008 ho preso parte alla famigerata azione “Fuck for the Heir Medvedev’s Little Bear”, che è stata messa in scena giusto prima dell’elezione del presidente Medvedev. Io sono quello che indossa uno smoking e un cilindro e mantiene uno striscione nero pre-elettorale. Ero circondato da attivisti impegnati a copulare.
Dall’esterno, sembra che la Russia stia diventando sempre più oppressiva. Perché non ci sono più gruppi come Voina?
Oleg Vorotnikov: Non siamo gli unici giovani a protestare. Ci sono anarchici coraggiosi, anti-fascisti e altri. Rimangono sconosciuti in occidente, dal momento che agiscono in anonimato e in segretezza.
Alexei: La gente qui è davvero intimidita. Oleg, Leonid e Natalia sono artisti coraggiosi, non nascondono la loro faccia e non hanno paura delle ripercussioni del sistema.
Quali sono gli obiettivi del gruppo?
Alexei: Siamo i rappresentanti dell’ala sinistra di protesta della street art d’azione. I nostri principi sono l’essere onesti, intrepidi e monumentali. L’azione più monumentale è stato un doppio “Cazzo catturato dal KGB!” Il fallo sul ponte Litevny era alto 65 metri e largo 27. Quando il ponte si è aperto, il nostro cazzo era eretto giusto di fronte al quartier generale del successore del KGB, il Servizio di Sicurezza Federale, e stendeva il suo glande verso il cielo nuvoloso.
Natalia Sokol: C’erano nove attivisti che hanno dipinto il cazzo in 23 secondi. E c’erano sette guardie sul ponte, che a un certo punto ci si sono scagliate addosso.
Pensate che Voina possa aiutare a motivare un avanzamento della democrazia e della libertà in Russia?
Oleg: In Russia si fanno avanti alcuni giovani coraggiosi, ispirati dalle azioni di gente come noi. Abbiamo un compito – ogni azione successiva dev’essere più forte, più imponente e monumentale delle precedenti.
Natalia: Mi sembra che le autorità russe siano impressionate sempre di più ogni volta. Questo probabilmente è il motivo per cui vogliono farci fuori.
Al governo e ad alcuni russi manca l’era comunista?
Alexei: Non gli manca il periodo comunista, dal momento che non l’hanno mai abbandonato. Anzi, non hanno mai abbandonato l’era di Ivan il Terribile.
Pensate che la gente comune apprezzi i vostri atti di disobbedienza civile, o sapete di qualche atto di emulazione?
Alexei: L’intero Paese ha applaudito di fronte al nostro cazzo di 65 metri. Tutti comprendono il significato di questo “Vaffanculo!” La nostra arte è troppo innovativa per la gente da far sì che avvengano atti di emulazione di successo.
Yana Sarna: Ad ogni modo ci sono stati delle azioni d’emulazione patetiche e fallimentari. Per esempio una gang conosciuta come ‘Лобзай мусора’ (o come la chiamiamo noi “sbirri pomiciosi” o “bacetti rosa”) è un tentativo di ripetere le azioni di Voina in chiave glamour e sessista, intrapreso dal plagiario e provocatore Pyotr Verzilov.
Non dà l’impressione di essere un personaggio raccomandabile.
Oleg: Questa performance non ha nulla a che fare con Voina. Era una provocazione da parte di questo leccapiedi della polizia, Pyotr Verzilov, e della sua ragazza. È stato cacciato dal gruppo un anno e mezzo fa. Tradì Alexander Volodarsky, che venne trattenuto per due mesi in prigione e ha ricevuto ora una sentenza di un anno in una colonia per le sue azioni. A quel tempo Pyotr dichiarò fieramente al gruppo che l’imprigionamento di Alexander sarebbe stata una grossa pubblicità per Voina, si prese piena responsabilità per il tradimento e ne era divertito.
Yana: Dopo questo evento l’abbiamo espulso dal gruppo. Pyotr Verzilov ha cercato di fare la spia con la polizia anche con Oleg e Natalia, ma riuscirono a scamparla. Mentre Oleg e Leonid erano in prigione, Verzilov pubblicò un comunicato per conto del gruppo, che ci chiamava in causa in caso di assassinio di Putin. Queste dichiarazioni sono servite ad accrescere la severità delle accuse contro Voina.
Certo, posso immaginare come l’abbiano fatto.
Yana: È una vergogna che gli epigoni di quei gruppi riempiano le lacune della loro impotenza artistica col nome di Voina.
Alexei: Il Live Journal blog di Pyotr Verzilov è stato usato per screditare il gruppo pubblicando notizie false su azioni di Voina che non sono mai accadute. Su questo sito, in maniera sessista, Pyotr Verzilov chiama le donne “fazione in gonnella”, o “ragazze totalmente fottute con in testa un casino di teorie di sinistra, lesbismo scolastico e odio verso i maschi”. Chiama questa minoranza sessuale – “lesbismo merdoso”; un messaggio di una “fazione femminista” – una “cagata forzata”.
OK.
Leonid Nikolayev: Il gruppo Voina non bacia con violenza le bocche dei poliziotti – noi li fottiamo col nostro cazzo di 65 metri.
Oleg: Ci sono più di 200 attivisti che partecipano alle nostre azioni. Molti di loro continuano a lavorare con noi.
Alexei: Ti stiamo raccontando questo e dicendo così tanti dettagli perché siamo assolutamente scioccati da questa merda idiota!
Pensate che Pyotr possa essere stato un informatore sin dall’inizio?
Alexei: È malato di auto-promozione. Tradire un attivista è innanzitutto una possibilità per girare di fronte ad una telecamera della TV e dare interviste. Riguardo al fatto se sia un informatore o meno, posso dire una cosa sola – è un uomo senza principi per cui non bisogna stupirsi di ciò che fa.
Oleg: Mi ha anche rapinato – ha rubato l’archivio del gruppo e i miei libri d’arte.
Parlatemi di una delle vostre più famigerate azioni “Fuck for the Heir Medvedev’s Little Bear”
Alexei: L’orgia è stata messa in scena nel museo di biologia giusto prima dell’elezione di Medvedev. Con quest’orgia abbiamo mostrato la vergogna e la falsità di quelle elezioni. È stato il nostro ritratto della Russia pre-elettorale, in cui ognuno fotte l’altro e un presidente non legittimato osserva con gioia.
È stato difficile per i ragazzi farselo rizzare in un freddo museo?
Oleg: Il gruppo Voina non ha mai sofferto di impotenza, che fosse sessuale o metafisica.
Qualche idea di quello che ha pensato Medvedev a riguardo? Qual è stata la reazione generale del pubblico?
Oleg: Le autorità non pensano a nient’altro se non a come saccheggiare più petrodollari e come sopprimere chi protesta e violare i loro diritti.
Cosa ha ispirato “Un Poliziotto Vestito da Prete?”
Oleg: È un’immagine assurda di un poliziotto che indossa una tunica da prete e si gode l’impunità totale. Nell’azione, ho preso cinque grosse buste di cibo al supermercato, superato la cassa senza pagare, superato la sicurezza e sono uscito. Non ho incontrato alcuna resistenza. Un poliziotto vestito da prete è come Satana – può fare qualsiasi cosa desideri.
Lo staff di McDonald’s ha gradito i gatti lanciati addosso? Dove avete preso quei piccoli mici?
Natalia: Abbiamo recuperato dei gatti affamati nella periferia di Mosca. Abbiamo fatto un’azione e li abbiamo nutriti con hamburger gratis allo stesso tempo. I gatti sono atterrati abilmente su tutte e quattro le zampe, afferrato la carne e sono corsi via.
È stato difficile disegnare un pene di 65 metri su un ponte e non credetete sia stato un caso di invidia-penis ad irritare così tanto il FSB?
Leonid: C’erano 66 litri di vernice. Nove attivisti li versavano dai bidoni mentre scappavano dalla security del ponte.
Natalia: Le guardie iniziarono a calciarci – ecco perché una palla è stata lasciata incompleta. Alla fine Leonid è stato catturato e pestato.
Quali erano le condizioni in prigione, e i ragazzi hanno ricevuto qualche minaccia di morte mentre erano dentro?
Oleg: Durante la prima settimana di detenzione, Leonid ed io non avevamo la possibilità di scegliere il nostro avvocato. Non eravamo autorizzati a fare alcuna telefonata. Siamo stati interrogati senza trascrizione. Ancora non riesco ad avere sensibilità al braccio sinistro, dal 15 novembre, quando ho tenuto le manette per 17 ore.
Alexei: Nelle celle di massa, sono tenuti insieme i prigionieri sani con gente che soffre di malattie contagiose come TB, HIV ed epatite. C’erano un sacco di insetti nella cella.
Oleg: Nella mia cella la finestra era rotta, entrava vento freddo. Le condizioni di vita erano malsane. Non c’era nemmeno acqua potabile, o trattamento sanitario.
Leonid: Non c’è possibilità di fare esercizi sportivi in prigione. Oleg e i suoi compagni di cella avevano fatto una palla di calzini sporchi per giocare a calcio.
Vedete un parallelismo tra Voina e Banksy? Ammirate le sue opere?
Oleg: Ho sempre ammirato i lavori di Banksy. È un grande artista.
Alexei: Ciò che davvero conta per noi è che ci ha dato una mano in molti momenti critici. Ha pagato la cauzione sia per Oleg che per Leonid e ha pagato i loro avvocati. Ma ciò che è più importante è che ha portato questo problema all’attenzione del mondo – il problema della violazione dei diritti umani in Russia.
Cosa accadrà se Oleg e Leonid perderanno il processo, ci saranno azioni di rappresaglia di Voina?
Oleg: Da un sacco di tempo a questa parte in Russia non c’è un sistema giudiziario. Le decisioni sui casi politici sono prese nei gabinetti del Cremlino. Ai giudici non frega nulla delle leggi. Obbediscono agli ordini che vengono dall’alto. In Russia la gente non “vince” o “perde” le cause criminali.
Chi ha aggredito Oleg e Leonid dopo la conferenza stampa? C’è qualche speranza di perseguire gli aggressori?
Yana: Il 3 marzo, a San Pietroburgo, sette poliziotti in borghese hanno aggredito Oleg Vorotnikov, Leonid Nikolayev e Natalia Sokol col suo bambino Kasper e e li hanno colpiti duramente.
Oleg: Un ufficiale di polizia ha colpito Lenya alle spalle. Hanno spinto via la carrozzina del bambino con cui hanno colpito il viso di Kasper. Altri due hanno buttato a terra Natalia e hanno iniziato a prenderla a calci. Io sono riuscito a liberarmi dai poliziotti che mi stavano trattenendo e ho coperto Natalia. I colpi mi piovevano contro la schiena e la testa.
Alexei: In Russia non c’è la minima possibilità di punire i poliziotti. Hanno piena impunità.
Qual è la vostra azione preferita di Voina?
Yana: Mi piace l’azione “Cazzo in Culo” – un concerto punk nell’aula del tribunale, dove gli attivisti di Voina hanno portato chitarre e amplificatori e hanno eseguito la canzone “All Cops Are Bastards!” È stato un vero divertimento”
Cosa prevede il futuro di Voina?
Alexei: Il futuro di Voina è già arrivato. Di certo con la nostra arte stiamo dichiarando guerra alla mafia che detiene il potere in Russia. La gente di tutto il mondo ascolta il nostro messaggio.
E cosa volete per la Russia, in sostanza?
Natalia: Vogliamo una rivoluzione senza sangue. Vogliamo mettere fine per sempre a questo schifoso regime autoritario.
12 aprile 2011 dal sito di theguardian.com
Il giorno prima dell’udienza, il 31 marzo, i manifestanti sono fuori dal tribunale di San Pietroburgo; hanno bloccato la strada e quando la polizia prova a mandarli via, spruzzano di urina gli agenti, una strategia preparata con cura in anticipo. Nikolaev e la Sokol sono stati arrestati; il piccolo Kasper preso in custodia per una notte. In tribunale è stato chiesto che le telecamere venissero spente. Nikolaev è stato informato che sarebbe stato portato di nuovo a Mosca; è molto felice di questa notizia. “Devono aggiornare l’udienza di due mesi, e per il trasferimento in un’altra città alle volte servono anni. Non sarebbe la prima volta che un processo si perde per strada.” Quando Natalia e Nikolaev escono dal tribunale, vengono immediatamente seguiti da alcuni poliziotti in borghese. Riescono a far perdere le loro tracce con estrema facilità, in mezzo alla folla. Quando ho visto di nuovo la Sokol, Nikolaev e loro figlio Kasper, sono sulle banchine ghiacciate della Neva. “E’ il momento della cerimonia!” annuncia Vorotnikov. C’è un buco nell’acqua ghiacciata, che attende lui e un altro che è stato arrestato e poi rilasciato dalla polizia, Maxim Gromov. I due uomini si spogliano – di Gromov si nota subito un grosso tatuaggio di una bomba a mano – ed entrano nell’acqua. “E’ il loro modo di lavare via il tempo perso in prigione” spiega la Sokol “Il nostro legale dice che dobbiamo essere pronti, arriveranno altri problemi. Vogliono dimostrare che il mio stile di vita fa di me un genitore irresponsabile.” Vorotnikov e Gromov riemergono dalle acque ghiacciate rinvigoriti. “San Pietroburgo, culla della rivoluzione!” dicono, ripetendo uno slogan dell’era sovietica. Ridono. Fino a saranno ancora liberi è una domanda alla quale molti vorrebbero dare una risposta.
23 settembre 2011, dal sito Huffington Post
Artista della fuga
Il membro dei Voina Oleg Vorotnikov fugge con la sua bicicletta
– Kyle Chayka, Artinfo
Due giornalisti tedeschi, Ulf Jalkreuth e Igor Nedorezov, recandosi ad un appuntamento per un’intervista in un hotel a San Pietroburgo, assistono alla scena e filmano tutto: Oleg, Natalia e loro figlio Kasper stanno camminando tranquillamente per strada, quando una vettura nera frena bruscamente e fa un’inversione a U. Oleg inforca la sua bicicletta e fugge, mentre i poliziotti gli intimano l’alt e minacciano di sparare, pistole in pugno: ma c’è troppa folla, anche per dei poliziotti senza scrupoli. Natalia e Kasper vengono fermati dalla polizia per la notte. Alla Sokol non è stato consentito di telefonare al suo legale. I due vengono liberati dopo la visita del legale e attivista per i diritti umano Joseph Gabunia, insieme a una piccola folla di giornalisti. Il governo ha terminato da poco due procedimenti penali nei confronti dei Voina, ma a quanto pare è ancora interessato a loro.
21 dicembre 2011 – dal sito spiegel.de
Vorotnikov non si sarebbe mai aspettato un applauso… arrivare dalla “parte sbagliata”. Nell’aprile del 2011 il Ministro russo della cultura ha premiato i Voina per la categoria “arte d’innovazione” – per aver disegnato il pene sul Liteiny Bridge, la più grande umiliazione possibile, sia estetica che politica, per un regime. La giuria, ignorando le obiezioni del governo, ha insistito nel preservare la sua indipendenza, e assegnato ai Voina un premio di 10.000 euro. Solo qualche giorno fa, il presidente Dmitry Medvedev ha annunciato: “Non faccio mistero della mia passione per l’arte contemporanea.” E’ semplicemente un tentativo di sistemare un problema con i soldi? “E’ sempre stato così, per lui” ha detto Vorotnikov; e il premio è stato devoluto dai Voina ad un’organizzazione per la salvaguardia dei diritti umani. “Fare le cose senza i soldi” fa parte della filosofia dei Voina. Vorotnikov e sua moglie non solo non hanno una casa: non hanno nemmeno documenti, e sono vissuti in questa condizione per tredici anni. Non hanno intenzione di cambiare stile di vita, nemmeno dopo che il loro figlio di due anni, Kasper, “il prigioniero politico più giovane in assoluto”, come lo chiamano loro, è stato separato da sua madre quando è stata presa in custodia. La coppia aspetta un secondo figlio per l’inverno. Vorotnikov e sua moglie, conosciuti anche come “Vor” (ladro) e “Koza” (capra) stanno aggiungendo un tocco di Bonnie-and-Clyde alla loro già ben consolidata immagine bohémien. Mentre il piccolo Kasper gioca con una pistola di plastica, il padre – disarmato – taccheggia nei supermarket per nutrire la famiglia. “Noi non paghiamo per il cibo. Lo prendiamo.” dice Vorotnikov. “Il cibo dovrebbe essere un diritto basilare, non un privilegio. Anche quando abbiamo soldi, preferiamo spenderli per cose più importanti. Solo coloro che non pagano per quello di cui hanno bisogno possono sentirsi davvero parte della resistenza”, spiega. “La maggior parte della gente non fa altro che lavorare per mettere da parte soldi per sopravvivere, per nutrire la famiglia. Il loro stile di vita non si può applicare a noi, e nemmeno le loro giustificazioni sul fatto che sono troppo impegnati a sopravvivere per fare qualcosa e cambiare le cose”. Tuttavia, in seguito agli ultimi arresti, per i Voina è diventato più difficile infrangere la legge: “abbiamo la consapevolezza che non possiamo fare errori, e questo rende tutto più complicato”. Con le loro bici, i loro zaini e i computer portatili, i Voina viaggiano leggeri. Invece di usare telefoni mobili, comunicano tramite gmail e skype, attraverso canali che l’intelligence russa può controllare meno facilmente. I Voina siedono di fronte ai loro computer nei ristoranti e nei bar, quasi sempre senza ordinare nulla. Nelle sale d’aspetto degli hotel prendono le caramelle in omaggio; e nei ristoranti, quando il cameriere non può aspettare oltre e chiede loro di ordinare qualcosa, i Voina si alzano e se ne vanno, portandosi via gli avanzi degli altri clienti. Come dimostrano le proteste avvenute a San Pietroburgo e in altre città dopo le elezioni, sta prendendo forma un movimento che si oppone a Putin e ai suoi fedeli. Vi fanno parte, in modo informale, membri dell’opposizione, Spassguerillas (“guerriglieri divertenti”), dissidenti e giovani anarchici. Un uomo che conosce bene l’ambiente alternativo e underground è il fotografo Vladimir Telegin che, con le sue fotografie in bianco e nero, offre immagini a raggi x di questa subcultura in trasformazione continua. Le immagini di Telegin includono momenti della vita del leader dei Voina: ad esempio Vorotnikov in spiaggia con sua moglie e suo figlio, oppure seduto in pantaloncini da boxe nel suo nascondiglio, di fronte a una bottiglia di vodka ai mirtilli. Ha fotografato anche celebrità come il leggendario Yuri Shevchuk, cantante del DDT, rock band molto popolare nella controcultura russa; l’attrice Liya Akhedzhakova; gli attivisti del “partito bolscevico nazionale vietato” guidato da Maxim Gromov, che tempo fa, sotto al monumento di Lenin, si cucì la bocca in segno di protesta contro la mancanza di libertà di espressione sotto la dittatura di Putin, e che tempo dopo trascorse tre anni in carcere per aver lanciato un ritratto di Putin fuori dalla finestra del Ministero della Salute. Il principio che sta alla base dei Voina è lo stesso del bambino della fiaba di Hans Christian Andersen “I nuovi vestiti dell’imperatore”, l’unico ad avere il coraggio di descrivere ciò che tutti vedono ma nessuno osa dire: “Ma il re è nudo!” I Voina coltivano l’arte difficile di mettere a nudo le azioni del potere, invitando a ridere di esse in modo liberatorio. Cosa fare contro un sindaco xenofobo e omofobico? Simulare l’impiccagione di tre lavoratori immigrati e di due lavoratori omosessuali, in mezzo al più grande supermercato della città, nel “Giorno della città di Mosca”, e dichiarare che la performance è dedicata ai Decembristi, che hanno sostenuto i valori libertari contro la tirannide czar, più di 200 anni fa. E’ originalità, eclettismo? Uno schiaffo al volto del buongusto pubblico, calcolato, soppesato, come hanno fatto i futuristi nel 1912? Con alcuni prestiti dalla filosofia degli anarchici russi, di Peter Kropotkin, di Mikhail Bakunin? “Oh sì, l’anarchismo, il punk, il postmodernismo, il concettualismo – queste cose erano importanti per noi, in passato” dice Vorotnikov, riferendosi ai suoi anni studenteschi, come farebbe un paleontologo descrivendo un fossile. In questo momento, seduto nel ristorante cinese di Tan Zhen, versandosi un altro bicchiere di vodka, Vorotnikov dice: “La teoria è una cosa del passato; ma da quando sono nati i Voina, coloro che si considerano radicali di sinistra si trovano al centro, insieme alle istituzioni, e a tutti i filistei ipocriti.” I Voina sostengono che la resistenza sia in una fase di trasformazione. “Molti tipi di brigate, bande e gruppi paramilitari stanno prendendo forma nell’ambiente undergroud” spiega Nikolayev “sento che ci stiamo allontanando dalla protesta pacifica… ma noi vogliamo insistere per realizzare una rivoluzione senza spargimenti di sangue.” Gli attivisti di San Pietroburgo ritengono che non sarà facile distruggere l’asse verticale del potere di Putin. Eppure, ci sono delle crepe nel sistema. “Nel 2008” dice Vorotnikov “siamo stati accusati di qualsiasi tipo di reato. Volevano castrarci, spingerci in un vicolo cieco, oppure mandarci in carcere per dodici anni. E invece, e adesso? Sono qui”. Svuota il bicchiere di vodka e si alza. È già quasi uscito dal ristorante, quando gli viene in mente che si è dimenticato qualcosa: lanciare un altro messaggio forte e provocatorio, anche oggi. Si avvicina allora al proprietario del ristorante cinese, si inchina davanti a lui e grida: “Libero Tibet! Libero Ai Weiwei!” Il cinese resta di sasso, ma non dice niente, nemmeno dopo che Vorotnikov è scomparso nella notte di San Pietroburgo.
29 settembre 2012, dal sito artinrussia.org
Descritto dai sostenitori come “un collettivo di artisti attivisti impegnati nella protesta politica” e che hanno come obbiettivo “i filistei, i poliziotti, il regime”, il collettivo è stato anche etichettato dai detrattori (tra i quali il Comitato Russo di Indagini Speciali) come “un collettivo anarchico radicale di sinistra che ha come obiettivo principale la realizzazione di azioni pubbliche dirette contro le autorità, ed in particolare contro gli ufficiali di polizia, allo scopo di screditarli agli occhi del popolo”. “Le persone più attive, più vive, sono con noi ora – e non sono solo russe. Ora abbiamo seguaci e membri in diverse parti del mondo” afferma Vorotnikov in un’intervista del 2011 a Radio Liberty. Il collettivo conta 3000 sostenitori in tutto il mondo, di cui 70 a San Pietroburgo; ma ha anche affiliazioni in Italia, Francia, Sudafrica e Stati Uniti. Nonostante il gruppo rinunci all’uso del denaro, hanno accettato più di 100.000 dollari dal rinomato artista di strada Banksy, che ha inviato i soldi come garanzia per i cofondatori dei Voina, Vorotnikov e Leonid Nikolayev, dopo una delle tante volte in cui sono stati arrestati. Nadezhda Tolokonnikova, Maria Alekhina e Yekaterina Samutsevich, membri delle Pussy Riot, attualmente sotto accusa per la loro preghiera punk rock del 2012 nella cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca, sono anche affiliate ai Voina e hanno partecipato a diverse azioni del gruppo. A causa dei loro pezzi espliciti e provocatori, alcuni circoli d’arte e i giornalisti stanno discutendo se i Voina possano essere considerati un gruppo artistico vero e proprio, anche quando le loro azioni sono di natura ironica, provocatoria. Tuttavia, il co-fondatore Vorotnikov si fa beffe di discussioni come le loro, osservando che è suo dovere sociale come artista “esprimere apertamente ciò che altre persone temono di esprimere, offendere la polizia e proteggere così la gente… come Robin Hood”.
13 maggio 2013 – Huffingtonpost
Voina Wanted in London
Di Katherine Brooks
I Voina, il gruppo artistico rustico russo famoso per aver dipinto un pene lungo 200 piedi a San Pietroburgo, colpisce di nuovo… in un certo senso. Recentemente, il collettivo di guerriglia artistica ha appeso una bandiera che mostra il volto del loro leader in carcere, Oleg Vorotnikov, al di là del Tower Bridge di Londra. Ma l’atto casuale di arte di strada è stato rapidamente disinnescato dalla polizia britannica che ha rimosso la loro opera pochi minuti dopo che è stata esposta. Secondo le notizie della BBC russa, la polizia è intervenuta quando sono giunte alcune segnalazioni sul fatto che qualcosa di sospetto stava accadendo sul ponte, e i Voina sono stati costretti a ritirare la loro bandiera – il loro omaggio al loro leader arresato – e ad esporla altrove: alla facoltà di Architettura di Londra. Il Moscow Times spiega che il lavoro “Voina Wanted” fa parte di un più ampio sforzo d’arte internazionale chiamato Urban Interventions. Non è la prima volta che il gruppo di attivisti preferito da Banksy ha tentato attirare l’attenzione pubblica sui problemi legali di Vorotnikov. Lo stesso striscione è stato esposto in città come Tokyo e Bruxelles. Il Ministero degli Esteri russo continua a difendere il verdetto del tribunale contro i membri della punk band Pussy Riot. La scorsa settimana Nadezhda Tolokonnikova, Mariya Alyokhina e Ekaterina Samutsevich sono stati condannate a 2 anni di carcere per una performance di 40 secondi nella principale cattedrale ortodossa della Russia. L’avvocato Alexander Lukashevich ha difeso la libertà di Voina di mettere in scena performance controverse e ribadito che “le pretese di persecuzione sulla libertà dell’espressione artistica sono totalmente fondate”. Prendiamo in considerazione tre esempi. ll famoso scrittore postmoderno Victor Erofeyev ha offerto il suo sostegno incondizionato alle Pussy Riot, e ha menzionato il caso di suo fratello Andrei, “sottoposto a simili persecuzioni per aver esposto dipinti che erano ritenuti offensivi nei confronti dei valori religiosi”. Quelli di Human Rights First sottoscrissero petizioni per spingere le autorità russe a rinunciare al caso contro i curatori Erofeyev e Yury Samodurov, che si possono ritenere fortunati ad averla scampata solo con una multa di diecimila dollari. Il procuratore di stato in quel caso non era altro che Alexander Nikiforov, lo stesso che nel processo contro le Pussy ha sostenuto che la “preghiera punk” nonviolenta avesse offeso milioni di credenti religiosi della Russia. Nel 2010 Nadezhda Tolokonnikova e suo marito Petr Verzilov, membro dei Voina, hanno liberato 3.000 scarafaggi in tribunale per protestare contro il verdetto di colpevolezza nei confronti di Erofeyev e Samodurov. Prima che #freepussyriot esplodesse sui media tradizionali e sui social, #freevoina è stato il caso di punta della persecuzione artistica in Russia. I Voina sono spesso bersaglio di leggi “estremiste” in Russia, e i membri del collettivo sono perseguiti nonostante i loro atti nonviolenti. Oltre a Pussy Riot, l’operato dei Voina rimane l’esempio più alto dell’applicazione delle controverse leggi anti-estremismo in Russia. Secondo i Voina, i loro membri aderenti al gruppo sono stati spesso picchiati dalla polizia. La persecuzione in corso di Philip Kostenko, anche lui dei Voina, un attivista antirazzista che lavora al Centro di Anti-Discriminazione “Memorial” di San Pietroburgo, ha pagato un alto prezzo in termini psicologici e fisici: è stato condannato ad un mese di detenzione dopo un raduno di protesta nel dicembre del 2011, e nel mese di febbraio è stato picchiato da due uomini in borghese che a quanto pare lo tenevano d’occhio da tempo. Nel luglio 2012, Kostenko è stato di nuovo incriminato per un disegno fatto con il gesso su un marciapiede. Secondo i Voina, negli ultimi anni ci sono state almeno 20 indagini sulle loro attività. Oleg Vorotnikov e Leonid Nikolaev hanno trascorso quattro mesi in detenzione per l’azione di Revolution Palace, ma le accuse sono poi decadute perché non c’è stata una richiesta di risarcimento danni in tribunale. Infine, Alexander Savko. La sua controversa pittura mostra Mickey Mouse che predica come Gesù Cristo. Il giorno di San Valentino di quest’anno, il tribunale di appello a Kaluga ha confermato un verdetto del 2011 che proclama quella pittura estremista e religiosamente offensiva, e la bandisce da mostre, TV e riviste. Il lavoro è stato incluso nell’esposizione Forbidden Art del 2007, che porto appunto Erofeyev e Samodurov in tribunale. L’elenco dei “materiali estremisti vietati” ora supera le 1.300 voci, e l’utilizzo o la distribuzione di queste opere d’arte può portare ad avvertimenti, multe e chiusure improvvise delle gallerie oppure delle emittenti. Il processo di Erofeyev e di Samodurov è stato un duro avvertimento: c’è il carcere per chi realizza certe opere. E il verdetto contro le Pussy Riot conferma che gli artisti, anche se non violenti ma di dissenso, possono essere gettati in prigione in totale ignoranza dei valori costituzionali e della separazione tra Stato e Chiesa.
30 Lug 2014, 15:41, dal sito it.free-voina.org
Tre giorni fa, a Venezia, Oleg Vorotnikov, membro del collettivo artistico Voina, è stato picchiato violentemente nel corso di una lite. Sul posto è arrivata la Polizia che ha deciso per il fermo. I Voina sono conosciuti per le loro azioni artistiche che hanno sempre criticato l’autoritarismo, l’omofobia, l’uso della religione come strumento di persecuzione politica e la restrizione della libertà di parola e di opinione. Sfortunatamente Oleg è stato identificato come oggetto di un mandato di cattura internazionale, arrestato e portato al carcere di Venezia, ed è ora in attesa che inizi la procedura di estradizione. Non vogliamo che la giustizia italiana rimandi Oleg in Russia, e chiediamo la sua immediata liberazione. Oleg e la sua famiglia furono costretti a lasciare la madrepatria a causa di una violenta repressione politica, diversi membri di Voina furono fermati o arrestati perchè le autorità russe non tolleravano il messaggio di libertà veicolato attraverso la loro arte. E la Russia non è certo nuova alla repressione degli artisti e della libertà di opinione. E’ dunque chiaro che Oleg non affronterà nessun “giusto processo” se verrà rimpatriato. Oleg è seguito da un avvocato, ma ora abbiamo bisogno di tutta la solidarietà della comunità artistico/intellettuale mondiale. I Voina (già co-curatori dell’ultima Biennale di Berlino) devono tornare in libertà. Oleg deve tornare dalla sua compagna e dai suoi figli!
Primi firmatari: Dora Garcia (Artist) Oksana Shachko (Founder of Femen, Paris) Pierpaolo Capovilla (Musician, Il Teatro degli orrori) Zerocalcare (Cartoonist) Rene Gabri (Artist) Ayreen Anastas (Artist) Lucy Ash (Presenter, BBC Radio) Andrea Lissoni (Curator, Tate Modern, Pirelli Hangar Bicocca) Daniel Blanga-Gubbay (Founder of the perfoming art project Pathosformel /Aleppo.eu) Daniela Nicolò and Enrico Casagrande (Founders MOTUS, theatre company) Antoine Pickels (Curator and writer Cifas and other institutions, Brussels) James Benning (Professor, California Insitute for the Arts) Filipa Ramos (Art writer and curator) Lorenzo Tripodi (Urbanist and filmaker) Matteo Pasquinelli (Researcher, Berlin) Antonio Negri (Philosopher) Sandro Mezzadra (University of Bologna) 16Beaver (Art space, New York) Moahamed Ali Ltaief (Artist) Marco Baravalle (Activist and curator) Tito Faraci (Cartoonist) Claudio Calia (Cartoonist) Darja Stocker (artist) Rima Najdi (Artist) Alessandro Sala (Photographer) Alberto Nerazzini (journalist) Macao (Milano) L’Asilo (Napoli) S.a.L.E.-Docks (Venezia) Li.S.C. (Venezia) Aurora Fonda (Director A+A centro espositivo sloveno) Guglielmo Pagnozzi (Musician) Moulaye Niang (Musician) Federica Camilloni (Artist) Dmitry “Dima” Strakovsky (Associate Professor of Intermedia – University of Kentucky) Daria Carmi (Assessore alla cultura, Casale Monferrato) Anna Eckold (Photographer, Berlin) Charlotte David (Coordinator, Cifas, Brussels) Nicolas Trautmann (art director, Paris) Manos Cizek (Actor and director) Fabrizio Arcuri (Founder of Accademia degli artefatti) Francesca Grilli (Artist) Alessandro Rossetto (Director) Mara Cassani (performer) Roberta da Soller (Actress) Emanuela Villagrossi (actress) Marco Menegoni (actor, ANAGOOR) Ilaria Dalle Donne (actress) Big Mike (rapper) Capo c>> (rgb writer) Kaya (rgb writer) Monk (rgb writer) Rio Adrenalink (rgb) Manekistefy Adrenalink (tattoo artist) Crez Adrenalink (tattoo artist) Dj Tech Dj rumble Rgb crew Urban code (Writing Crew) Fabrizio Panozzo (Professor) Anna Zerbaro (Curator) Matteo Oleotto (Director) Virginia Sommadossi (Centrale Fies)
12 Ago 2014, 14:06, dal sito it.free-voina.org
Oleg Vorotnikov, membro del collettivo Voina, detenuto nel carcere di Santa Maria Maggiore di Venezia, è stato scarcerato alcuni giorni fa. Rimane per lui l’obbligo di firma due volte alla settimana al commissariato del Lido. Sebbene speriamo che molto presto venga ritirata anche questa misura, siamo felici che non si sia proceduto all’estradizione verso la Russia. Evidentemente la mobilitazione ha dato i suoi frutti. La petizione per la liberazione dell’artista russo ha raccolto oltre mille firme in pochi giorni (http://chn.ge/1zubcG2) e le manifestazioni di solidarietà internzionale hanno evidentemente convinto il giudice a non consegnare nelle mani di Putin un attivista noto per il suo impegno culturale e anti-autoritario. Grazie a chiunque abbia sostenuto la campagna e come sempre: FREE VOINA!
24 settembre 2015 – dal sito rferl.org
È fuori dal Velvet State che incontro i Voina. Yana Sarna partecipa a una tavola rotonda con altri ospiti, tra cui un medico che si è unito al movimento Occupy e una donna turca che racconta gli orrori della situazione nel suo paese. Poi mi avvicino a Yana e chiedo se possiamo parlare. Mi è stato detto che il modo migliore per ottenere un’intervista dai Voina è semplice: avvicinarli, chiedere; Yana mi dice che si può fare. Da lì a poco Alexey Plutser-Sarno si avvicinerà e mi porterà una cartolina, sulla quale ha disegnato un pene con un pennarello nero indelebile. Alexey non parla inglese, suppongo che questo sia il suo modo di dire “ciao”. Sulla cartolina c’è un’immagine di Oleg Vorotnikov, fondatore congiunto del collettivo. L’immagine dice “VOINA WANTED” ed è la stessa immagine che il gruppo ha diffuso alla stampa all’inizio del festival. In quel momento stanno alzando un nuovo striscione. Dice “FUCK HYPOCRISY”. Chiedo a Yana che cosa significhi. Mi dice che devo tornare questa sera alle 20.00, e allora tutto mi sarà chiaro, e aggiunge che ha qualcosa a che fare con la banca che si occupa il festival. Chiedo allora se possiamo fare l’intervista in quel momento, ma Yana preferisce farla via e-mail, perché lei e Alexey non vogliono che l’inglese – ovviamente la loro seconda lingua – sia in qualche modo un ostacolo. Sono d’accordo. Dunque: il festival Roskilde e Danske Bank. Alcuni su Internet sembrano arrabbiati con la Danske Bank per aver prestato 50 milioni di dollari a Honeywell International, che produce circa l’85% di componenti non nucleari per armi nucleari negli Stati Uniti. “È una banca coinvolta nei test nucleari simulati, e nel programma dAmericana”, mi spiega un rappresentante di un gruppo di protesta chiamato Do not Bank On The Bomb. Torno alle 8 di sera: Alexey ha la faccia avvolta completamente avvolta nella garza, tranne per due piccoli fori per gli occhi e per la bocca, e i membri del collettivo stanno tagliando i loro braccialetti di ingresso al festival, e li attaccano alla faccia a Alexey. Una piccola folla si è radunata per assistere alla loro performance. Mando una serie di domande ai Voina, e le risposte arrivano prontamente nella mia casella di posta il pomeriggio seguente. Hai protestato contro il festival Roskilde, con lo striscione “Fuck Hypocrisy”. Puoi dirci di più?

Alexey: Abbiamo messo in atto cinque performances: “Prigioni politici”, “Voina Wanted”, “Fuck Apathy”, “Europe SUX”, “Fuck Hypocrisy”. L’ultima è stata una protesta contro il fatto che il festival Roskilde lavora con la Danske Bank. Il festival Roskilde è un progetto umanitario. La Banca Danske investe in progetti anti-umamitari, tra cui la produzione di armi.
Yana Sarna: Con questa azione volevamo aiutare il festival ad essere più incisivo quando si tratta di prendere le decisioni necessarie, ed in particolare di smettere di cooperare con la Danske Bank. Il 6 luglio gli attivisti dei Voina hanno tagliato i loro braccialetti di ingresso. Siamo stati felici di essere stati sbattuti fuori dal territorio del festival, dato che l’amministrazione aveva già minacciato di farlo per un’azione non autorizzata – “Voina Wanted” – a sostegno dei diritti umani e delle libertà. Abbiamo incollato i braccialetti sulla testa di Alexey Plutser-Sarno, che in quel momento simboleggiava l’ipocrisia.
Chi era quello sul grosso manifesto “Wanted” che avete mostrato giovedì?
YS: Oleg Vorotnikov, attivista del gruppo Voina. L’immagine è stata scattata quando era in carcere dopo l’azione intitolata Palace Revolution. Ha trascorso tre mesi in prigione. L’artista britannico Banksy lo ha fatto uscire. Ha raccolto $ 120.000 vendendo la sua opera “Choose Your Weapon”. Oleg, comunque, è stato inserito nell’elenco dei ricercati dalla polizia russa.
Vice vi ha definiti “art pranksters”. Pensi che sia un buon modo di rappresentare quello che fate?
AP-S: Dopo ogni azione i poliziotti russi iniziano una nuova causa penale contro il gruppo. In quei casi ci chiamano vandali, hooligans e… pornografi. Siamo orgogliosi di essere definiti così. Naturalmente, c’è un sacco di sarcasmo e di ironia nelle nostre azioni.
State portando avanti un’idea d’arte che è iniziata con Guy Debord e i situazionisti?
AP-S: Sì, certo. Anche il movimento Dada e i situazionisti Viennesi sono molto importanti per noi.
La vita in Russia è diventa più difficile da quando avete iniziato a fare performances, nel 2005?
YS: Sì, la vita è diventata molto più difficile. Il fondamentalismo religioso e il radicalismo di destra sono tornati in auge. Aggiungici anche la corruzione totale. Il paese va verso la catastrofe.
La Russia è tornata ai tempi dell’Unione Sovietica?
AP-S: No, non lo è. È un nuovo sistema, un modello, direi, africano: un gruppo di oligarchi corrotti, protetti con le armi dalla mafia.
Le Pussy Riot sono nate dai Voina?
YS: C’è molta confusione a proposito di questo – Pyotr Verzilov faceva parte dei Voina? Siete ancora alleati alle Pussy Riot? Sì, appoggiamo le Pussy Riot, che una volta erano seguaci di Oleg. Abbiamo sostenuto le loro azioni. Pyotr Verzilov non ha niente a che fare con le Pussy Riot e il gruppo Voina. E’ stato espulso dai Voina nel 2009, per tradimento, quando ha guidato i poliziotti dagli attivisti, ha rubato e ha plagiato le nostre azioni.
Le Pussy Riot ora hanno preso distanza da Verzilov: però sua moglie, Nadezhda Tolokonnikova, è una delle donne attualmente detenute in prigione, vero?
YS: Verzilov ha plagiato le idee delle Pussy Riot, ha rubato i soldi raccolti per aiutare le ragazze, e fa dichiarazioni sul loro comportamento senza il diritto di farlo.
Le vostre proteste – oltre ad essere stupende pubblicità – ottengono qualcosa?
AP-S: Abbiamo dato nuovo impulso ai giovani. Ci sono molti gruppi di protesta che sono apparsi dopo i Voina, e che si sono ispirati al nostro gruppo, come le Femen, le Pussy Riot e altri.
Pensate che anche altri paesi stiano diventando meno liberi? Il Regno Unito, ad esempio, che ha varato leggi anti-religiose, con la scusa del terrorismo…
AP-S: La tendenza a diminuire i diritti umani e la libertà avviene in tutta Europa. Questo processo non è tanto veloce quanto in Russia, ma è ancora in corso.
Tu lotti contro il tuo “regime” – che cosa vorresti vedere al suo posto?
YS: Vogliamo una società organizzata orizzontalmente, senza polizia e senza violenza.
Siete ottimisti o pessimisti sul futuro?
AP-S: Non importa se siamo ottimisti o pessimisti. Quello che conta è capire la situazione e continuare a lavorare e a combattere.
Hai bisogno di senso dell’umorismo per sopravvivere?
YS: Il senso dell’umorismo, del dovere e della responsabilità sociale sono importanti. Ho mandato una mail a Brink Pedersen, project manager del festival Roskilde, e gli ho chiesto se ha apprezzato le proteste dei Voina. Pedersen mi ha risposto: “Abbiamo apprezzato le proteste e le abbiamo trovate interessanti e stimolanti sia per il nostro pubblico che per il Roskilde Festival. Roskilde da tempo invita gruppi minoritari e movimenti di attivisti a contribuire al nostro programma. Ma non invitiamo gli attivisti a prescindere. Devono avere attinenza con il nostro programma”.
C’è un elemento di rischio quando un collettivo come i Voina è così coinvolto politicamente?
BP: È un rischio che accettiamo, ma ciò di cui li incolpano in Russia non è considerato allo stesso modo in Danimarca.
Allora è il momento di chiedere qualcosa sulla Danske Bank. Ho una serie di domande. Le proteste dei Voina hanno avuto un senso? Vi hanno fatto prendere in considerazione l’ipotesi di cambiare banca? Sa che la Danske Bank ha concesso 50 milioni di dollari a Honeywell International? Il Festival Roskilde dovrebbe essere a conoscenza di questa cosa?
Pedersen mi risponde che dovrò parlare con la portavoce ufficiale della festa, Christina Bilde; tuttavia, quando ho inviato a Christina le stesse domande, ho ricevuto una risposta automatica che mi ha informato che Christina è in vacanza fino a giovedì 15 luglio. Christina non mi ha mai risposto dalla data in cui è tornata a lavorare. Molte cose accadranno nelle prossime settimane, tra cui le proteste a Londra contro le leggi russe anti-gay. Mando ad Alexey un’altra mail, per sapere che cosa sta facendo, e chiedere ancora qualcosa.
Oleg Vorotnikov è nascosto in Russia? Pubblicizzare il suo volto su uno striscione non lo rende più riconoscibile per essere segnalato ed arrestato?
AP-S: Oleg sa come rimanere al sicuro. Inoltre, lui e la sua famiglia hanno lasciato la Russia e ora vivono in un luogo sicuro. “Si sono ritirati” e sono impegnati nell’arte della fotografia, che è la loro principale risorsa.
Lo scrittore britannico Stephen Fry ha paragonato il trattamento che Putin riserva al LGBT a quello di Hitler nei confronti degli ebrei negli anni Trenta.
AP-S: Stephen ha confrontato i Giochi Olimpici del 1936 di Berlino, quando i diritti di varie minoranze furono annientati, con i Giochi Olimpici invernali del 2014 a Sochi, in Russia, dove le minoranze vengono schiacciate sistematicamente. Sono totalmente d’accordo con Stephen, in tali situazioni i Giochi Olimpici diventano uno strumento di supporto politico dei regimi totalitari. Ma avrei confrontato questi giochi con i giochi a Mosca nel 1980, dove anche i dissidenti politici finivano in prigione senza mezzi termini.
Che cosa vuol dire essere gay, lesbica o transgender in Russia?
AP-S: Significa essere privi di diritti e libertà elementari, così come accade per altre minoranze, dissidenti e attivisti. Se non sono ancora in carcere, sono comunque oggetto di repressione, poiché le autorità sostengono e diffondono l’omofobia. I politici occidentali non fanno nulla per aiutare gli attivisti in Russia. La nostra azione “Europa Sucks”, che abbiamo recentemente messo in atto al Festival Roskilde, parla proprio di questo.
13 dicembre 2016, dal sito Mistermotley.nl
Il primo aprile era un giorno come ogni altro, finchè non ho scoperto per caso, leggendo le news sul mio portatile, che i Voina sono stati arrestati di nuovo. Sono sempre stato un fan di questo collettivo russo, e ho deciso di contattarli e di offrire il mio aiuto. Ho provato molta emozione quando mi hanno detto che volevano parlare con me su Skype. Durante la nostra prima conversazione, che è durata circa un’ora, ho avuto molte informazioni sulla storia della loro famiglia. Sono perseguitati da parecchio tempo, e Oleg è ricercato dall’Interpol e dalle autorità russe. Il 20 marzo Oleg Vorotnikov, sua moglie Natalya Sokol e i loro tre figli Kasper, Mama e Troitsa sono stati buttati fuori di casa, a Basilea, e dopo una breve collutazione Oleg è stato gettato a terra e legato con del nastro adesivo. I bambini sono stati tirati fuori dalla vasca da bagno ancora nudi. Natalya ha subito gravi lesioni al braccio destro, ematomi alla spalla e alla testa. Gli aggressori erano attivisti del cosiddetto “Kooperative Wasserstrasse Basel”. Hanno rubato alla coppia i loro due portatili e due IPods. Sono entrati nell’appartamento armati di bastoni e scudi, mascherati. Il gruppo era guidato da Almut Rembges, un attivista svizzero per i diritti umani (cosa che mi pare alquanto strana). Più, lo stesso giorno, sono stati arrestati dalla polizia perché non riuscivano a dare sufficienti prove della loro identità. Sono stati minacciati: se non si recavano immediatamente al campo di asilo Aesch, sarebberostati rimandati in Russia, dove il carcere li sta aspettando. C’è da dire che le condizioni di vita ad Aesch sono veramente terribili. E’ un palazzo fatiscente dove molte famiglie vivono in piccole camere senza finestre. La polizia svizzera ha anche minacciato di rimandare i figli della coppia da soli, in Russia. C’era un video dell’aggressione che hanno subito a Basilea, ma la polizia lo ha confiscato e non ha più voluto restituirlo. Da quel giorno i Voina sono in fuga in Germania. La domanda è: che cosa fare? Ho contattato amici, avvocati e attivisti, chiedendo se potevano fare qualcosa per loro. Tra aprile e maggio ho chiamato molte volte i Voina, cercando di capire che cosa fosse meglio per loro. Il problema più spinoso è che, dopo aver parlato con alcuni amici esperti di diritto, la cosiddetta regolamentazione di Dublino: “Il regolamento di Dublino mira a determinare lo Stato membro competente [per una richiesta di asilo] e prevede il trasferimento di un richiedente asilo a tale Stato membro. Di solito, lo Stato membro responsabile sarà lo Stato attraverso il quale il richiedente asilo è entrato per la prima volta nell’UE”. Ciò significa che possono chiedere asilo politico in Svizzera, ma non in Germania. Durante le nostre riunioni su Skype abbiamo discusso di tutte le varie possibilità, e di come procedere. Siamo d’accordo che attirare l’attenzione della stampa sarebbe una buona idea. Ci siamo anche chiesti perché la scena dell’arte contemporanea non stia facendo nulla per loro. Ho scritto centinaia di messaggi alle istituzioni d’arte, ad artisti famosi (come ad esempio Ai Weiwei, che non sapevo fosse a Berlino in quei giorni). Ma non è successo niente. Ho scritto perfino a Yoko Ono. Un mio caro amico a Saarbruecken, giornalista, potrebbe aiutarmi ad avere un contatto con la Süddeutsche Zeitung. Il quotidiano nazionale è noto per i suoi articoli moderati e di sinistra. Ho scoperto troppo tardi che a loro interessa un articolo interessante, ma non aiutare i Voina. L’articolo che è uscito non è molto ben scritto, e soprattutto ci si rende conto quanto sia difficile descrivere i Voina e il loro lavoro. i Voina sono ancora in fuga in Germania e nella Repubblica Ceca. Se avete un posto dove possono stare, oppure lavorate per una galleria dove possono esporre, un’istituzione d’arte che può fare qualcosa per loro, non esitate a contattarmi.
Oleg Vorotnikov, founder of the Russian art group Voina, known for its brazen provocations and brushes with the law, has been charged by Austrian police with creating and running a militant anti-fascist group and arms trafficking. In a statement on its website, Voina said that Austria has issued an international warrant for Vorotnikov’s arrest, who the police believe might be hiding from prosecution in one of the EU member states. Citing a final version of the indictment, the group said that Vorotnikov has been charged with involvement in the creation and leadership of a militant group called “Der Krieg” (“The War” or “Voina” in Russian). The group’s activity, according to the reported indictment, is aimed at inciting murder and violence, causing serious material damage to governmental property, military infrastructure, culture monuments and sites of religious worship as well as inflicting serious bodily harm on officials on duty and perpetrating a range of other offences.
Vorotnikov is also charged with arms trafficking on the territory of Austria. In a previous indictment filed in January, Vorotnikov was charged with weapons smuggling. However, that charge was dropped after all melee weapons and firearms seized from Vorotnikov at the time were found to be of Austrian origin. In addition to that, Vorotnikov has been accused of dodging investigative procedures and resisting legal proceedings in his case. He faces five years in prison if found guilty of all charges. It is far from the first time the Russian-born art provocateur has run into legal troubles. Since 2011 he has been wanted in Russia on charges of violence against and insult of law enforcement officials. After Vorotnikov together with his wife Natalia Sokol and their children fled Russia to Europe in 2013, he lived in several European countries. Since March last year he is reported to have been residing in Austria. In September last year, Vorotnikov was briefly detained by the Czech authorities on the Russia-issued Interpol warrant. His wife and fellow member of ‘Voina,’ Sokol, and their three children are currently in a jail in the Austrian city of Graz. Sokol was taken into custody in September as Vorotnikov’s alleged co-conspirator in establishing Der Krieg and illegal arms trafficking. The group came to prominence in Russia in 2010 following the “D*ck captured by the FSB” stunt, when the activists painted a giant phallus on the drawbridge near the headquarters of the Federal Security Service (FSB). While the names of Vorotnikov and Sokol are relatively obscure outside Russia, two former members of the group’s Moscow branch, Nadezhda Tolokonnikova and Yekaterina Samutsevich, have enjoyed worldwide fame as the members of Pussy Riot, a punk band notorious for its ‘punk prayer’ protest at the Cathedral of Christ the Savior in Moscow in 2012, which landed them in jail for several years.
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Ah, qui ci torno
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Quando vuoi, non va da nessuna parte
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