Roccioletti

Origine del mondo 2.0

Origine del mondo 2.0
Corpo, vagina, webcam,
riproduzione del dipinto
di Gustave Courbet, 1866.
Performance, 2024.
Con Vanessa Depetris.
Rossella Ferrero ph.

La vagina della performer, storicamente al centro del focus voyeuristico verso l’interno intimo, ora restituisce lo sguardo attraverso una webcam puntata sul mondo, e offre alla performer un nuovo punto di cybervista verso l’esterno. Il flusso di dati video raccolto dalla webcam viene inviato al cellulare della performer.

The vagina of the performer, historically at the center of the voyeuristic focus towards the intimate interior, now returns the look through a webcam aimed at the world, and offers the performer a new cyberview point to the outside. The video data stream collected by the webcam is sent to the performer’s mobile phone.

Le vagin de l’interprète, historiquement au centre de la focalisation voyeuriste vers l’intérieur intime, restitue maintenant le regard à travers une webcam tournée sur le monde, offre à l’artiste un nouveau point de vue cybernétique vers l’extérieur. Le flux de données vidéo collecté par la webcam est envoyé au téléphone portable de l’interprète.

#posthuman #postorganic #transhumanism #cyber

 

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Alcune referenze iconografiche.

 

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Scultura in legno Māori della dea Hine-Nui-te-pō. Fotografia di Charles Augustus Lloyd, c.1880s-1912, Biblioteca Alexander Turnbull, Wellington, Nuova Zelanda.”Quella che vedete è Hine-Nui, che lampeggia dove il cielo incontra la terra. Il suo corpo è come quello di una donna, ma le pupille dei suoi occhi sono di pietra verde e i suoi capelli sono di alghe. La sua bocca è quella di un barracuda, e nel luogo dove gli uomini entrano in lei ha denti affilati di ossidiana e pietra verde.” Dalla leggenda Māori di Māui e Hine-Nui-te-pō, dea della morte e custode degli inferi, citata da Antony Alpers, Miti Maori e leggende tribali, Pearson Education, Nuova Zelanda (1964).

 

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Gustave Courbet, L’Origine du monde, 1866. Huile sur toile. H. 46,3 ; L. 55,4 cm. Musée d’Orsay, Dist. RMN-Grand Palais / Patrice Schmidt. In merito a questo dipinto e alla sua modella, se ne parla in questo articolo di corpi.blog a work, in progress.

 

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Hans Bellmer, illustrazione da Histoire de l’oeil di George Bataille, 1947. Il passo in cui, durante l’orgasmo, Simone strangola a morte il sacerdote Marcelle e, strappatogli un occhio, se lo infila nella vagina, mentre continua il rapporto sessuale col narratore.

 

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Valie Export, Action Pants: Genital Panic in Public Space, 1969.

 

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Hans Rudolf Giger, Passage, 1971.

 

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Pink Floyd, The Wall, Don’t leave me now, 1979.

 

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Georges Bataille, Storia dell’occhio, prima edizione, 1980.

 

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Donna J. Haraway, “Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo” (1985). “Technology is not neutral. We’re inside of what we make, and it’s inside of us. We’re living in a world of connections — and it matters which ones get made and unmade. […] Grammar is politics by other means. […] From this point of view, science – the real game in town – is rhetoric, a series of efforts to persuade relevant social actors that one’s manufactured knowledge is a route to a desired form of very objective power. […] The cyborg is a creature in a post-gender world; it has no truck with bisexuality, pre-oedipal symbiosis, unalienated labour, or other seductions to organic wholeness through a final appropriation of all the powers of the parts into a higher unity.”

 

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1997: Documenta 10 a Kassel in Germania, il First Cyberfeminist International alla fine del quale viene prodotto il manifesto in «10 Antitesi» sul significato del movimento. L’incontro fu organizzato da Cornelia Sollfrank, artista e intellettuale tedesca, una delle fondatrici della net art e attivista del Chaos Computer Club di Berlino. Fikafutura: supplemento di Decoder della Shake edizioni, dichiaratamente cyberfemminista e con particolare vocazione antimaterna, titolo giocato direttamente in conflitto con quello del settimanale Donna Moderna e con tutto il perbenismo borghese dei «femminili» che ancora cercano di ammansirci di stereotipi graditi al patriarcato. Nei due numeri usciti la redazione di Cromosoma X raccoglie tutto il meglio del cyberfemminismo internazionale, tra cui la stessa Sadie Plant, e lo mescola ad alcune voci della scena underground nostrana.

 

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Harold Ramis, Un boss sotto stress (Analyze That), 2002. Paul Vitti (Robert De Niro), in una delle macchie del test di Rorschach, dice di vedere una vagina dentata.

 

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Mitchell Lichtenstein, Denti (Teeth), 2007.

 

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Deborah de Robertis, Miroir de l’Origine, performance, 2016.

 

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Altri percorsi

 

corpi.blog
a work, in progress

Il corpo senza organi – Orlan

Il corpo tagliato – Mary Richardson

Il corpo post/organico
Marta De Menezes
Jana Sterbak

Il corpo epidermico – Ariana Page Russell

 

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Cyberfemminismo e controcultura
Un attacco incendiario alle illusioni umane
di immunità e integrità. 24 giugno 2021.
Collettivo Ippolita Dalla prefazione di Zero, uno.
Donne digitali e tecnocultura di Sadie Plant.

“Il cyberfemminismo ha avuto a che fare più con l’arte che con la tecnica in senso stretto. Le sue esponenti principali sono state teoriche e artiste anche molto diverse le une dalla altre, citiamone solo alcune per dare un’idea dell’estensione disciplinare del movimento: le australiane VNS Matrix «il clitoride è una linea diretta per la matrice», ispirate direttamente dalla Haraway; la francese Orlan che si è dedicata interamente alla bodyart, la scrittrice di romanzi cyberpunk Pat Cadigan; qualcuna annovera tra le prime anche la cantante Diamanda Galas, e noi siamo d’accordo. La cultura hacker da cui veniamo sostiene che è possibile fare hacking con qualsiasi cosa, non necessariamente con le macchine e i codici informatici, il punto è decostruire e ricostruire un oggetto cambiando le regole con cui era stato progettato, cioè fargli fare qualcosa di completamente diverso e inaspettato. In questo senso un esempio straordinario di hacking è proprio il lavoro di Diamanda Galas che usa la sua voce come un sintetizzatore in grado di controllare con precisione le onde sonore.” Prosegui qui la lettura dell’articolo.

 

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Apparizioni.

Collages con vecchie cartoline pubblicitarie.
Installazione urbana diffusa, 2024.

Collages with old advertising cards.
Diffuse urban installation, 2024.

Collages avec de vieilles cartes postales publicitaires.
Installation urbaine répandue, 2024.

Per tutti gli scatti, clicca qui.

 

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“Alla duttilità del linguaggio fa riscontro in realtà una violenza: più si parla del corpo e meno esso esiste per se stesso. […] Non si è mai finito di far violenza alla violenza per ritrovare il corpo che si è smarrito nei segni, nella scrittura e nella scienza, nelle istituzioni e nella guerra. Anche il nostro discorso inizia con un atto di violenza: prima di tutto, infatti, si è voluto scoprire, là dove ogni traccia del corpo sembra scomparire sotto un cumulo di segni e di relazioni logico-strutturali, l’impronta della sua vita. Solitaria, collocata alla periferia dei codici simbolici, essa passa inavvertita.” (Louis Marin e José Gil, in “Enciclopedia Einaudi”, 1982)

 

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Workshop di arti performative.
Il corpo nel labirinto,
il labirinto nel corpo.

primo incontro, conoscitivo e gratuito:
lunedì 26 febbraio, alle ore 21.30
@ GreenBox, via s.Anselmo 25, Torino

Il laboratorio è pensato per coloro che fanno del proprio corpo strumento di espressione. È aperto a chi vuole acquisire una maggiore consapevolezza di sé e del proprio stare in relazione allo spazio e agli altri corpi.

I temi del corpo e delle arti performative saranno sviluppati sia nella teoria (con approccio antropologico, culturale, politico) che nella pratica (teatro, reading, performance). Durante il laboratorio interverranno docenti di discipline attinenti alle arti performative, per offrire visioni e strumenti sull’uso dei corpi in merito alla voce, alla presenza scenica, al movimento. Verranno forniti, settimanalmente, testi e video: spunti per approfondire personalmente, in base alle proprie esigenze, le questioni legate al corpo.

Per tutte le info, clicca qui.

Su TorinoGiovani, Comune di Torino
Su Exibart

 

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artivismi, hacktivismi, artesismi

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RocciolettiRubrica: sono artisti e non lo sanno. Old but gold, correva l’anno 2019. Se non è un fake, quest’uomo è molto più artista di tanti che conosco. Se è un fake, artista è chi l’ha pensata. In entrambi i casi, un fondo di verità: è un dato (University College of London, 2011) che chi attraversa l’Ikealabirinto sperimenti fenomeni di ego-depletion. Per venirne fuori, invece delle briciole di pane, eventualmente installazioni non autorizzate: Kättelan. Cornici, foto di Maurizio Cattelan, ambienti Ikea. Installazione non autorizzata, 2020. Prosequi qui la lettura

 

RocciolettiRubrica: la vastità dell’arte che ce ne frega. La sottile linea di demarcazione tra un’opera d’arte e un brand ambassadoring ben pagato. Molto sta nel dichiarare, da parte dell’artista, quale delle due, e a quel punto ci si può credere o meno. Certo la storia dell’arte offre molti spunti, breve carrellata di alcuni: il καλὸς καὶ ἀγαθός degli eroi greci e Tersite invece brutto perché traditore o viceversa, i grylloi di Hieronymus Bosch, Piero Manzoni che firma la sua modella trasformandola in Scultura vivente e le “opere d’arte mobili” del chiacchieratissimo ma sicuramente intossicato Andrea Diprè. Eppure, lo skin care anti-age della Abramovic si accorda perfettamente ad una tendenza cutanea del contemporaneo: su Instagram, a dicembre del 2017 i selfie erano circa 300 milioni. Calcolando grossomodo una superficie facciale di 300 centimetri quadri, si tratta di 900 mila chilometri quadrati di pelle esposta. Due volte la superficie dell’Italia. Prosequi qui la lettura

 

RocciolettiRubrica: la vastità dell’arte che ce ne frega. Ah, il sestessismo. Il mantra “sii te stesso” da rivoluzionario a imperativofeticcio, inversione dei poli iniziata con il MikeBongiornoNazionale, la gaffe elevata a dignità di figura retorica (cfr. U.Eco, Fenomenologia di Mike Bongiorno, 1961) mentreinvece Carmelo Bene subodorava l’imboscata dell’ego, ecco perché s-diceva che bisogna contraddirsi, non essere mai se stessi, mettersi sempre in difficoltà. L’imbarazzo come momento di verità. Baricco, uscendo dai Canti Orfici di Bene: “un poeta soffre, esprime il suo dolore in belle parole, io leggo, incontro il suo dolore, lo intreccio al mio… palle: per anime belle. Tu senti Carmelo Bene e il poeta sparisce: sono sponde di un biliardo in cui va la biglia del linguaggio a tracciare traiettorie che disegnano figure sonore: quelle figure sono icone dell’umano. Le poesie non sono telefonate: non si fanno per comunicare.” D’altronde, cosa di più emblematico e frainteso del “Fa ciò che vuoi” di Aleister Crowley. Prosequi qui la lettura

 

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Floating.
Sovrapposizioni di fotocopie.
Wincent Raca, 2024.

 

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‘negato
Neurodivergenti Peripatetici
#confini #corpi #migranti
Vincenzo “Enzo” Bruno ph.

 

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Retakes.

 

 

 

 

 

 

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Percorsi di lettura

M.Fusillo, Feticci, Mulino
R.Pirsig, Sulla qualità, Adelphi
K.Kerényi, Dioniso, Adelphi
T.Morton, Ecologia oscura, Luiss
F.B.Berardi, Il terzo inconscio, Nottetempo
L.Kern, La città femminista, Treccani
N.K.Hayles, L’impensato, Effequ
C.Capria, Campo di battaglia, Effequ
M.C.Nussbaum, Persona oggetto, ilMargine
C.Paglia, Sexual personae, Luiss
Merleau-Ponty, Ritornare alla percezione, fedOA press
D.Lapoujade, I movimenti aberranti, Mimesis
P.Sloterdijk, Il rimorso di Prometeo, Marsilio
J.Fontcuberta, La furia delle immagini, Einaudi
A.DeBotton, A therapeutic Journey, Penguin
K.Hill, La tua faccia ti appartiene, Orville Press

 

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Da “Scambiarsi le arti”,
A. Castelli e F. La Cecla,
arte e antropologia,
Bompiani 2022.

“Antropologia e arte sono affetti dalla stessa urgenza, quella di non smettere di avere dubbi, e dall’anelito a capire qualcosa di apparentemente inafferrabile, ma che è la sostanza di cui vogliono occuparsi. Entrambe cercano nella materia vivente del mondo qualcosa che non si esaurisce in un semplice resoconto o in un’interpretazione, ma nel dovere prendere atto della sua potente esistenza. E’ impossibile separare l’osservatore dal campo osservato e ogni lavoro di campo sarà allo stesso tempo riflesso di un oggetto su un soggetto che lo osserva e perturbazione dell’oggetto da parte dell’osservatore. All’artista accadrà qualcosa di simile eppure opposto. La sua soggettività, la libertà totale dell’invenzione verrà interrogata da uno scarto: il mondo là fuori, come alterità umana e naturale, lo costringerà a pratiche attinenti alla ricerca, all’investigazione, al tentativo di accostarsi alla realtà. Gli antropologi vanno e stanno presso le popolazioni che vogliono studiare, attraverso la condivisione del loro presente. Gli artisti mirano a una cosa analoga, ovvero incidere nel presente con le loro opere e azioni. Entrambi hanno una vocazione di fedeltà al ciclo della vita, alla dimensione biografica del comprendere e del fare. Per tutti questo scarto tra soggettività e oggettività giocherà come sfida, crisi, dubbio, salto, feedback e allo stesso tempo come coscienza che comunque lo scarto rimane lì beante, aperto, incolmabile. Il mondo là fuori è da cogliere nella sua oggettività, ma in questo modo l’antropologo scopre il fianco ed è il campo ad afferrarlo e a fargli dubitare di avere davvero uno sguardo dal di fuori. L’artista, apparentemente più abituato a lasciar libera la o le proprie soggettività, si trova ad un certo punto a giocare con qualcosa che lo possiede e lo trasforma da creatore in oggetto di una situazione che lo divora, lo fa suo e suscita la sua voglia di indagare, gli ispira strumenti nuovi di ricerca. Le immagini, ma anche gli oggetti, le situazioni diventano agenti di trasformazione di chi le incontra. Antropologi e artisti sono vittime consapevoli di una estraneazione che li spossessa della loro soggettività per far emergere qualcosa fuori di loro, sia essa la tribù studiata o la tela di un dipinto.”

 

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