Tra 0 e 1.
Corpo, buste di carta.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2021.
Between 0 and 1.
Body, paper bags.
Selection of images from video.
Performance, 2021.
Parte della mia ricerca performativa è sull’area, e sui limiti, della sfera delle possibilità corporee: fisiologiche e quindi espressive, in relazione allo spazio e alle cose, aggirate o manipolate. Questa sfera invisibile appartiene a ciascuno di noi – o meglio, noi apparteniamo ad essa – e ci circoscrive. Nella vita quotidiana facciamo esperienza delle possibilità di questa sfera, ma parziali: perché geneticamente, e poi culturalmente, portati al massimo risultato con il minimo sforzo, a ripercorrere strade già battute che si sono rivelate efficaci.
Dei territori inesplorati di questa sfera immaginiamo, ci diciamo (ci rassicuriamo): se volessi, se provassi, se mi allenassi, forse fino a lì potrei spingermi. Ma solo alla prova dei fatti è possibile scoprire parti inesplorate e confini di questa sfera. Può capitare (per scelta, oppure per destino) di arrivare al limite della sfera oltre il quale non è consentito spingersi, perché fisiologicamente non è possibile farlo; ed è un’esperienza traumatica e illuminante. Si sbatte il naso contro il confine organico, fisico, contro le leggi di questo universo.
Un braccio non potrà distendersi più di così, una schiena non potrà arcuarsi oltre, il proprio peso non potrà essere sorretto da quel polso, e così via. Parallelamente, l’espressione corporea – il linguaggio del corpo – arriva al suo limite. Accade allora che l’immaginato delle possibilità espressive si ridimensioni: si sa di avere dei limiti, oltre i quali non si può fare né dire; anche se qualcosa, laggiù, oltre, ci chiama, vorremmo rispondergli, e raccontarlo. Fare i conti con i propri limiti è un lavoro impegnativo, scomodo, fuori moda.
Scoprire di avere dei limiti alle possibilità corporee ed espressive – se avviene – è un trauma e un’illuminazione con i quali fare i conti. Però: se è vero che non possiamo fare esperienza di tutto lo spazio che va da 1 a infinito, tuttavia possiamo muoverci nelle infinite frazioni tra 0 e 1. Questa è la sfera delle possibilità corporee espressive, e parte della mia ricerca: muovere il mio corpo e veicolare un messaggio, nell’infinito che sta tra 0 e 1.
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“[…] indurlo a esprimere ciò che di solito non esprime: significa servirsene in modo nuovo, eccezionale e inusitato, significa restituirgli le sue possibilità di scuotimento fisico, significa frazionarlo e distribuirlo attivamente nello spazio, significa prendere le intonazioni in modo assolutamente concreto restituendo loro il potere originario di sconvolgere e di manifestare effettivamente qualcosa, significa ribellarsi al linguaggio e alle sue fonti bassamente utilitarie, alimentari, si potrebbe dire, alle sue origini di bestia braccata, significa infine considerare il linguaggio sotto forma di incantesimo.”
– A. Artaud, Il teatro e il suo doppio, 1938.
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