Tempo circolare.
Bomboletta spray, ingranaggi, batterie,
scheda elettronica, cilindro su motore, foglio.
Serie: arte automatica.
Installazione, 2020.
Procedimento:
la scheda elettronica fa sì che la bomboletta
emetta un getto di vernice ogni cinque minuti.
Il foglio di carta è disposto sul cilindro,
che gira autonomamente su se stesso.
“Sappiamo che il tempo neo-palliale è differente dal tempo limbico o neocorticale e, entrando più nello specifico reichiano, non potremmo equiparare un tempo oculare ad un tempo diaframmatico oppure ad un tempo toracico. Il concetto di tempo non può essere infatti scisso dal concetto di struttura che lo esprime.”
– A. Gentile
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Making of
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“C’è un tempo astronomico, ma insieme esiste una molteplicità di tempi della vita, il cui ritmo scandisce contemporaneamente, come l’oscillare del pendolo, innumerevoli ore l’una parallela all’altra. Anzi, non esiste un tempo, il tempo, ma una pluralità di tempi che accampa diritti sull’uomo. […] Siamo nel tempo come se fossimo in piedi su un tappeto: ci guardiamo intorno, e vediamo che fino ai margini esso è tutto intessuto di antichi motivi, oppure non vediamo quei motivi e ci pare che la trama si copra interamente di nuovissime e diverse figure.”
– E. Jünger
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Bonus track
2 scelte di vita, in quindici righe.
Peter Maxwell Davies nasce a Manchester l’8 settembre del 1934. Studia al Royal Manchester College of Music. Insieme ad alcuni compagni fonda il movimento New Music Manchester: le loro composizioni sono sperimentali, d’avanguardia; ottengono un grande successo presso la critica, ma sono ostiche per l’ascoltatore comune. Ad un certo punto della sua brillante carriera, Peter si trasferisce: diventa uno dei 200 abitanti dell’isola di Hoy, nell’arcipelago delle Orcadi. Sono terre inospitali: oceano sempre burrascoso, forti venti e tempeste. Non ci sono negozi, e i rifornimenti arrivano, una volta al mese, via mare. E’ su quest’isola che, accanto ai suoi lavori sperimentali, Peter mette insieme per la prima volta “An Orkney wedding”, un’opera che racconta di un piccolo matrimonio locale: le musiche sono orecchiabili, popolari. Ottiene un enorme successo, l’opera viene riproposta al pubblico così tante volte che Peter potrebbe vivere dei soli diritti d’autore che gli spettano. I suoi compagni di movimento non glielo perdonano: lo considerano come un tradimento nei confronti della loro linea musicale per pochi eletti. Qualche tempo dopo sull’isola nasce una bambina. E’ un evento storico: sono trentadue anni che non si registrano nuove nascite. Peter ormai fa parte della comunità di Hoy: condivide con gli isolani stenti e piccole gioie. I suoi colleghi del movimento lo aspettano al varco. Peter compone “Lullaby for Lucy”, che viene cantata durante il battesimo della bambina. Quando verrà intervistato, anni dopo, in merito alla rottura con i suoi compagni di movimento e alle critiche feroci che gli erano state mosse, si limiterà ad alzare le spalle, sorridendo.
Giovanni Fontana nasce a Padova nel 1395, e diventa Rettore delle Arti dell’Università nel 1421. E’ il tipico studioso rinascimentale e aristotelico, eclettico e geniale: ottiene un grande successo con le sue macchine da guerra, gli studi naturali, i sistemi idraulici e le tecniche mnemoniche. Molti dei suoi disegni anticipano quelli di Leonardo, così come le sue teorie sulla funzione del polmoni negli esseri viventi. Ad un certo punto della sua brillante carriera è obbligato a trasferirsi: viene accusato di stregoneria. Nei suoi scritti lamenta il fatto che ad Udine, la sua nuova residenza, non può procurarsi i testi greci e latini che gli servono per i suoi studi. Inizia a pubblicare alcune opere sotto falso nome; usa un codice segreto di sua invenzione per scriverle, non solo per evitare di essere copiato ma anche per un suo preciso interesse nei confronti del linguaggio. I suoi saggi vengono dimenticati per quattrocento anni, e tornano in auge solo alla fine del settecento. C’è una sua pagina, in particolare, che passerà inosservata a molti studiosi, ma che cambia per sempre una parte dell’iconografia: quella del labirinto. Fino a quel giorno, i labirinti sono stati rappresentati ovunque come percorsi tortuosi, ma senza bivi. Percorrerli e arrivare all’uscita è solo una questione di tempo. Giovanni Fontana ne disegna alcuni, con alternative, bivi, vicoli ciechi. Da quel momento in poi, il labirinto diventa quello che oggi tutti conosciamo. Annota, a margine di uno dei suoi disegni: “Se deve essere un labirinto, che ci si possa perdere”.
Altre opere di Giovanni Fontana
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