Le lettere mai scritte mi restano nelle braccia.
Corpo, fascette di plastica, carta.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2022.
The unwritten letters remain in my arms.
Body, plastic ties, paper.
Selection of images from video.
Performance, 2022.
Les lettres non écrites restent dans mes bras.
Corps, attaches en plastique, papier.
Sélection d’images à partir de vidéos.
Performance, 2022.
I testi sono da: “Corpo e figura umana nella fotografia”, Elio Grazioli, 1998.
“Corpo sempre aperto, disponibile, in diretta, senza scarto temporale, e contemporaneamente ubiquo come la tecnologia postmoderna – come il dromologo Paul Virilio va analizzando – corpo in tempo reale. Oppure ancora: corpo senza organi, come riprende da Artaud il filosofo Gilles Deleuze, corpo cioè senza distinzioni, ma unico, percorso dal flusso delle energie, dei vettori, delle pulsioni, che solo, nei loro ingorghi, nelle loro cariche, nelle loro tensioni, creano differenze al suo interno.”
“Corpo simulacro, secondo Jean Baudrillard: che cosa è il look se non l’apparire assoluto, l’affidarsi / volersi affidare completamente all’immagine che l’altro vede, essere / voler essere non ciò che si è ma ciò che si appare? E’ che questa postmoderna è l’era del post-umano, del dopo l’umano: il corpo non è più proprio, individuale, singolare, può essere non solo vestito d’altri panni, ma modificato esso stesso, cambiato, ricostruito, innestato di parti meccaniche, presto ibernato, duplicato, clonato. Non è più l’immagine ad assomigliare al corpo ma sempre più il corpo ad assomigliare a un’immagine, a essere un’immagine di un’immagine.”
“Scrive Teresa Macrì del corpo postorganico: i nuovi processi di ridefinizione dell’identità passano per l’innovazione tecnologica in tutte le sue smisurate ellissi. Il corpo in costruzione è un’ibridazione fantastica tra organico e inorganico, tra materia particellare e chip al silicio. Quello che il presente ci prospetta è il corpo dalle contaminazioni molteplici e dalle funzionalità imprevedibili. Questa alterazioni, a cui il corpo va incontro, spodestano la sua identità e ridisegnano una soggettività mutante. Alla fine del secondo millennio la carne videodromatica presuppone perciò una corporeizzazione tecnologica e una corporeità tecnologizzata.”
“Il fotografico, la fotografia come categoria, è da taluni intesa non più come autonomia né come specificità, ma anzi come elemento dialettico – secondo un’altra formula Benjaminiana, quella dell’immagine dialettica, recentemente recuperata da diversi commentatori tra cui Didi-Hubermass e, in ambito più propriamente fotografico, Régis Durand – che permette di andare oltre l’oggetto fotografico come artefatto e puntare sullo sguardo, uno sguardo pensif, pensoso e pensieroso, comunque pensante – uno stato che ha molte analogie con quello del risveglio descritto da Freud – in cui l’immagine recupera memoria e immaginario e un’attenzione / tensione costante a ciò che è esterno alla coscienza individuale, al mondo, ovvero al mondo dopo la fotografia come lo chiamava Robert Smithson.”
“Oppure, ancora più radicalmente, il fotografico diventa un vero e proprio elemento perturbatore, magari facendo leva sul suo statuto indecidibile: né indicale né iconico, sia l’uno che l’altro. Questo carattere, che fa il fascino e la ricchezza degli usi cui si presta la fotografia nella creazione contemporanea, può costituire anche il carattere di dirompenza, non circoscrivibilità, incongruità, dentro l’operare, artistico e non.”
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Tendere – 2.
Vincenzo Bruno ph.
60 metri di carta, corpi.
Ponte sul vuoto.
Performance, 2023.
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Thanks to
Naike
Vanessa Scuotipali Ovviochesì Rainbow
Vincenzo “Enzo” Bruno
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