Tableau vivant
Nota critica, rassegna stampa, riferimenti bibliografici.
Performance e installazione, 2025.
Deportato. Mohamed Shahin libero.
Tableau vivant si inserisce nel dibattito consolidato sulla monumentalità come struttura di potere, in quella costellazione di pratiche artistiche che, dagli anni ’70 a oggi, hanno incrinato la presunta neutralità dello spazio pubblico. L’intervento assume la forma di un’azione che non si limita a interagire con il monumento, ma ne problematizza radicalmente la funzione simbolica, interrogando il rapporto tra memoria, autorità e corpo. Si confronta con ciò che Alois Riegl definiva la valenza commemorativa del monumento: un dispositivo costruito per durare, per sfidare il tempo e per produrre un’idea di continuità storica. Tableau vivant interviene proprio su questo nervo scoperto della monumentalità: ciò che era stato pensato per essere immutabile viene sottoposto a un vincolo che ne rivela la vulnerabilità, aprendo una faglia semantica che mette in luce l’artificialità della sua pretesa eternità.




L’applicazione delle catene e dei lucchetti, così come l’uso del termine “deportato”, agisce come gesto di contro-monumentalità, nel senso in cui James E. Young definisce il counter-monument: non un monumento anti-monumentale, bensì un’interferenza che forza il monumento stesso a ripensare la propria funzione. Qui tale funzione viene sospesa, alterata, resa incerta. La retorica dell’eroismo e della gloria civica è colpita al cuore da un lessico che appartiene alla violenza sistemica, alla privazione, allo sradicamento. La parola applicata alla pietra non è un semplice atto semiotico: è un atto politico di reinscrizione della memoria. Nell’atto dell’incatenamento risuona anche la critica ai dispositivi di potere come insiemi di pratiche che catturano, disciplinano, indirizzano i corpi. Il monumento — considerato come corpo immobilizzato, corpo disciplinato — viene esplicitamente trattato come soggetto di coercizione; ma anche, in modo speculare, come corpo che rivela la coercizione a cui è sottoposta la cittadinanza stessa. Il vincolo applicato al monumento illumina i vincoli invisibili che organizzano lo spazio pubblico e il discorso istituzionale.




Il gesto della consegna delle chiavi agli attori culturali e sociali attiva una dinamica foucaultiana di delega del potere: non la sua concentrazione, ma la sua distribuzione asimmetrica. Chi riceve la chiave possiede una forma di potestas — la capacità di sciogliere il vincolo — ma tale potere resta in potenza, legato alla volontà o meno di esercitarlo. Si crea così uno spazio intermedio, una soglia, in cui la responsabilità individuale e collettiva diventa parte dell’opera stessa. L’opera non rappresenta il potere: lo redistribuisce, lo mette in gioco, lo problematizza. La componente corporea dell’intervento, lungi dall’essere un aspetto operativo marginale, diventa un elemento teorico cruciale. Il corpo dell’artista, che raggiunge il monumento, lo scala, lo manipola, produce un contatto che riecheggia la riflessione di Judith Butler sulla vulnerabilità come condizione condivisa. Il monumento, solitamente percepito come invulnerabile, si rivela qui fragile; il corpo dell’artista, che lo altera, si espone a sua volta al rischio fisico e istituzionale. L’opera diventa così una scena di vulnerabilità reciproca: una dinamica instabile che mette in discussione la gerarchia tra corpo vivo e corpo pietrificato.




La temporalità estesa dell’azione — che contrasta con la percezione di un intervento rapido, clandestino, di un blitz come definito dalle testate giornalistiche — risuona con le teorie di Reinhart Koselleck sul tempo storico e sulla sua stratificazione. Tableau vivant non introduce un evento improvviso: introduce uno strato temporale che si sovrappone a quello del monumento, producendo una dialettica tra durata e interruzione. Il vincolo ha una temporalità incerta: potrebbe essere sciolto, ignorato, intensificato. Il monumento vive un tempo sospeso, intermedio, oscillante tra costrizione e potenziale liberazione. La monumentalità, così, non è più un apparato stabile ma un campo di tensioni. L’intervento rende evidente ciò che studiosi come Pierre Nora e Andreas Huyssen hanno sottolineato: che la memoria pubblica non è una sedimentazione definitiva, ma un terreno di conflitto, un luogo in cui il politico e il simbolico non cessano mai di rinegoziarsi. La città diventa un teatro di negoziazione, e l’opera un attivatore critico che costringe a ripensare il modo in cui lo spazio pubblico produce identità civica.
In ultima analisi, Tableau vivant non mette in discussione solo il monumento, ma l’idea stessa di monumentalità come forma di potere temporale. L’opera smonta il presupposto che la memoria debba essere fissata nella pietra e invita a considerare la possibilità di una memoria mobile, vulnerabile, dialogica, aperta all’azione. Il vincolo non è solo un gesto di compressione: è un invito a riconcepire la liberazione, non come dato compiuto, ma come scelta sempre da compiere.



1. Monumenti, memoria, spazio pubblico
Alois Riegl (2005). Il culto moderno dei monumenti. A cura di S. Scarrocchia. Milano: Abscondita. Teoria della monumentalità, con riflessioni sulla funzione memoriale e sul valore simbolico del monumento.
Pierre Nora (2007). I luoghi della memoria, 3 voll. Roma-Bari: Laterza. Costruzione culturale dei luoghi-memoria e sulle loro tensioni politiche.
Andreas Huyssen (2003). Presenti passati. Media, politica, amnesia. Milano: Bollati Boringhieri. Tensioni tra passato e presente negli spazi urbani e nei dispositivi di memoria.
Reinhart Koselleck (2009). Futuro passato. Per una semantica dei tempi storici. Bologna: Il Mulino. Temporalità e sovrapposizioni storiche legate ai monumenti.
James E. Young (2010). Nel regno dell’ombra. Memoria e contramemoria. Torino: Bollati Boringhieri. Introduzione al concetto di contro-monumento attraverso casi emblematici del Novecento.
2. Arte pubblica, spazio urbano e pratiche performative
Miwon Kwon (2018). Un luogo dopo l’altro. Arte site-specific e identità locazionale. Milano: Johan & Levi. Riflessione sull’arte che interviene nei luoghi reali e ne contesta le narrazioni.
Michel de Certeau (2001). L’invenzione del quotidiano. 1. Arti del fare. Roma: Edizioni Lavoro. Analisi delle micro-pratiche che sovvertono lo spazio urbano, per leggere gli interventi artistici come atti tattici.
Nicolas Bourriaud (2010). Estetica relazionale. Milano: Postmedia Books. Interpretare le componenti relazionali, partecipative e sociali dell’opera.
Judith Butler (2016). Corpi in alleanza e la politica dell’agire in comune. Firenze: Nottetempo. La presenza dei corpi nello spazio pubblico come forza politica e performativa.
Rosalyn Deutsche (2001). Evictions: Arte e spazio pubblico. Milano: Costa & Nolan. Conflitto insito nello spazio pubblico e nel gesto artistico.
3. Potere, corpo, dispositivo
Michel Foucault (1993). Sorvegliare e punire. Nascita della prigione. Torino: Einaudi. La logica disciplinare come chiave per leggere il monumento come corpo regolatore.
Hannah Arendt (1999). Vita activa. La condizione umana. Milano: Bompiani. La dimensione dell’apparire e dell’agire nello spazio comune come fondamento del politico.
Achille Mbembe (2003/2020). Necropolitica. Roma: Ombre Corte. Analisi dei poteri che gestiscono la vita e la morte, per discutere la vulnerabilità del “corpo deportato”.
Homi K. Bhabha (2001). I luoghi della cultura. Roma: Meltemi. Interpretare il monumento come testo culturale riscrivibile.
4. Memoria culturale, trauma, eredità problematiche
Aleida Assmann (2012). Memoria culturale. Scrittura, ricordo, archiviazione. Torino: Einaudi. Il sistema memoria/oblio come costruzione sociale.
Paul Connerton (2014). Come le società ricordano. Bologna: Il Mulino. Studio sui rituali e sulle forme istituzionali del ricordo.
Michael Rothberg (2017). Memoria multidirezionale. Per una nuova idea del passato. Torino: Bollati Boringhieri. Modello teorico per interpretare la parola “deportato” come nodo di memorie sovrapposte.
Sharon Macdonald (2015). Il patrimonio difficile. Roma: Castelvecchi. Affrontare eredità memoriali controverse o traumatiche.
5. Interventi artistici su monumenti e contro-monumentalità
Jochen Gerz (2002). Monumenti invisibili. Milano: Electa. Raccolta di progetti del maestro dei contro-monumenti.
Krzysztof Wodiczko (2009). Opere. Proiezioni pubbliche. Firenze: Maschietto Editore. Come riattivare criticamente la memoria urbana.
Hans Haacke (2009). Condizionamenti. Milano: Bruno Mondadori. Interventi che svelano i dispositivi ideologici incorporati nelle istituzioni pubbliche.
Maya Lin (1999). Boundaries. New York: Simon & Schuster. Rapporto tra memoria e spazio immersivo.
6. Studi italiani sulla città, lo spazio pubblico e la memoria
Francesco Careri (2006). Walkscapes. Camminare come pratica estetica. Torino: Einaudi. Il camminare come atto artistico e politico nello spazio urbano.
Alessandra Campo (a cura di) (2018). Monumenti contesi. Politiche della memoria. Roma: Donzelli. Dibattito italiano sui monumenti problematici.
Giovanni Leoni (2014). Storie di monumenti. Venezia: Marsilio. Sulle trasformazioni del monumento nella storia urbana.
Mario Isnenghi (2007). I luoghi della memoria. Simboli e miti dell’Italia unita. Roma-Bari: Laterza. Per contestualizzare storicamente la monumentalità italiana.

