“Sono un erpetologo” dice lui, ma subito sorride e alza le sopracciglia, ironico.
“Sinceramente, non so di che cosa si tratti” gli risponde lei.
“Studio i rettili. Da dove vengo, a Venezia, c’è un museo con più di tremila esemplari”
“E sei qui in Malawi per questo?” chiede lei.
“Sì, una borsa di studio. Cioè, un finanziamento europeo.”
“Anche io. Antropologia, da Bologna.”
“Ah, Bologna”
“A pochi chilometri da qui sono stati ritrovati manufatti risalenti a diecimila anni fa.”
Fa caldissimo, nel dehor dell’hotel. Stanno aspettando entrambi che le loro camere siano pronte. Sarebbero già dovuto esserlo, alla reception si sono scusati moltissimo. Una siepe li separa dalla strada assolata e polverosa, in terra battuta. Alla tettoia, appeso poco a sinistra delle loro teste, c’è uno di quei congegni per attirare e fulminare mosche e zanzare, ma sembra spento.
4 miliardi di anni fa – Non tutti gli studiosi concordano sul momento preciso in cui è comparsa la vita sul nostro pianeta. Secondo alcuni è decisiva la comparsa di un cianobatterio fotosintetico, che tra l’altro iniziò a produrre grandi quantità di ossigeno nell’atmosfera terrestre, preparando indirettamente l’ambiente ideale per i successivi sviluppi evolutivi.
Si parlano da un tavolino all’altro, comunque abbastanza vicini perché la loro conversazione resti circoscritta, al contrario di quella dei turisti chiassosi poco distante, probabilmente statunitensi. Ha iniziato lui, quando si è seduto ha incrociato lo sguardo di lei. “Hello”, e lei gli ha risposto con un “Buongiorno”. Entrambi italiani.
“Finanziamento per modo di dire, eh” puntualizza lui. Beve un sorso d’acqua.
“Perché?” chiede lei.
“Sistema ad imbuto. I soldi si… perdono nel cammino. Ne vedo pochi.”
“Il mio dottorato finirà tra un mese” lei guarda oltre la siepe “non so se farò in tempo.”
“E quindi? Certo che queste cose… capitano solo da noi”
“E quindi proseguirò ancora finché non avrò terminato. A mie spese, o quasi.”
“Capisco. Mai pensato di andare all’estero?”
Lei solleva le spalle, allarga le mani. “Eh, ma come si fa, cioè ho una vita in Italia.”
Lui non insiste, ma guarda se lei ha la fede all’anulare della mani sinistra. Lei non indossa anelli. Beve un altro sorso d’acqua, nota la condensa sul bicchiere, la bottiglia che ha comprato poco prima era quasi ghiacciata. Lei inclina il capo per guardare sotto al suo tavolino, muove una gamba, lui capisce che lei si era tolta i sandali, lei lo guarda e lui si volta verso la vetrata che dà sulla reception, imbarazzato, senza la reale intenzione di capire se la sua camera è pronta oppure no. Gli hanno detto che lo avrebbero chiamato, di accomodarsi, per favore, che non ci sarebbe stato molto da aspettare. Guarda l’orologio che porta al polso. Lei si sistema gli occhiali da sole sul naso.
“E quindi quali rettili studia, qui?” chiede lei.
“Uno in particolare. Un camaleonte, di una specie piuttosto rara.”
“L’ho sempre trovato un animale buffo.”
“Lo è. Ed è molto strano. Sai, gli occhi…”
“Sì, che guardano in direzione diverse” lei muove gli indici, mimando.
“…è l’unico essere vivente che lo fa. Mette a fuoco oggetti in posizioni diverse”
“E che cosa ha di particolare questa specie di camaleonte, per venire fin qui?”
“Beh” lui cambia posizione sulla sedia “ce ne sono pochissimi esemplari…”
I turisti poco più in là ridono forte. Si voltano entrambi, e vedono che gli statunitensi stanno guardando chissà quale video che uno di loro, tenendo in vista il cellulare, sta mostrando agli altri del suo gruppo. Tre donne, tre uomini. Di mezza età. Tre coppie di amici. Molto abbronzati, sì, decisamente turisti statunitensi, dall’accento.
360 milioni di anni fa – La prima specie con elementi di dimorfismo sessuale, cioè differenze fisiologiche tra maschi e femmine, fu il Microbrachius Dicki, un pesce lungo tre centimetri. Nei fossili ritrovati in Scozia e in Estonia, nel 2013, sono visibili per la prima volta nella storia dell’evoluzione organi sessuali maschili e femminili.
Il video prosegue, un momento di silenzio, poi gli statunitensi ridono di nuovo, più forte di prima. Quello che teneva il cellulare in mano dice “Wait, wait” alza una mano, sembra voglia spiegare qualcosa, ma loro due non li seguono di nuovo più. Lei prende una sigaretta dal pacchetto che ha sul tavolo, se la mette tra le labbra, la accende.
“…e non è solo una questione di rarità. E’ bravissimo a mimetizzarsi.” prosegue lui.
“Anche questa cosa che cambiano colore è affascinante.”
“Sì, proprio questo. C’è un laboratorio specifico, che studierà il suo DNA.”
Lei annuisce. Aspira dalla sigaretta, la appoggia sul posacenere.
“A loro va gran parte del finanziamento di cui dicevo prima, in realtà…”
“E perché studieranno il suo DNA?”
“A volte si scoprono cose interessanti. Anche utilizzi farmacologici.”
“E come farai a trovarlo, se è così bravo a mimetizzarsi?”
Lui sorride, non sa se lei lo sta prendendo in giro, oppure se vuole solo proseguire la conversazione. Un cameriere, in una livrea bianca che fa risaltare la pelle nera del suo volto, si avvicina ai loro tavoli. Cammina svelto, il braccio sinistro lungo il fianco, quello destro alzato dal gomito in giù, come se stesse portando un vassoio ma la mano, in un guanto bianco, è chiusa, in un gesto che forse vorrebbe apparire elegante. Lui si volta, il cameriere dice qualcosa in un inglese molto stentato. La camera è pronta, quella di lui. Lei era già lì da prima, però; lui la guarda, il cameriere fa due passi indietro senza voltarsi, abbassa il capo in un mezzo inchino, si allontana, torna dentro.
“Hanno preparato prima la mia” dice lui.
“E’ stato fortunato” lei guarda di nuovo oltre la siepe, verso la strada.
“Ci davamo del tu” dice lui, sorprendendosi nel sentire le sue stesse parole.
Lei lo osserva, sorridendo.
“Finisco questa e vado” lui indica il bicchiere d’acqua che ha davanti, sul tavolino.
“Sono sicura che a breve chiameranno anche me, se vuoi andare.”
“No, mi fa piacere fare quattro chiacchiere.”
“Non hai risposto alla mia domanda sul camaleonte” sorride, ora mostrando i denti.
Si chiede perché si sente ridicolo, in quel momento. Quante volte ha dovuto fare i conti con le sue scelte di vita. L’università, la specializzazione. I rettili.
65 milioni di anni fa – Un evento catastrofico, probabilmente l’impatto con un grosso asteroide, provocò cambiamenti climatici troppo repentini perché i grandi rettili potessero adattarvisi, causandone l’estinzione. Questo permise ad altre specie, tra le quali i mammiferi, di evolversi. Sopravvissero solo alcune tipologie di sauri, dai quali discendono, ad esempio, gli uccelli, le tartarughe, i coccodrilli, i camaleonti.
Anche se i suoi genitori non glielo hanno mai detto apertamente, lui sa che loro pensano che suo fratello abbia scelto una strada più sicura: ingegneria gestionale, poi un buon impiego nell’azienda elettrica nazionale; e invece lui ad inseguire borse di studio, concorsi per finanziamenti della Comunità Europea, arrotondare facendo al guida al museo. La banca che gli nega il mutuo per comprarsi casa, restare in affitto, mettere sullo scaffale più alto della libreria i testi su cui ha studiato, tenerli lontani dalla vista.
“Secondo la tradizione locale, il camaleonte è un animale sacro” riprende lui.
“Non lo sapevo.”
“Sì. Credono che il camaleonte sia la prova che esiste l’aldilà.”
“Ah, e per quale ragione?” chiede lei
“Non ne ho idea. Secondo altre versioni del mito, è un messaggero dei defunti.”
“Forse per il fatto che si mimetizza con la natura” ipotizza lei.
“Comunque sì, non sarà facile trovarlo, mi attendono giorni di ricerche.”
“Chissà dove si nasconde, questo camaleonte” dice lei, riprendendo la sigaretta.
Il camaleonte è sempre stato lì, da prima che si sedessero ai loro tavolini, proprio sulla siepe alla loro destra. Quando sono arrivati, prima lei, e poi lui, si è immobilizzato, per istinto, per non farsi notare.
Ci sono voluti 4 miliardi di anni e innumerevoli ramificazioni evolutive, per arrivare alla scena di adesso. Oggi, domenica 9 settembre 2018, alle 14.00 ora locale italiana, un asteroide grande quanto un palazzo di quindici piani sfiora la terra, passando ad una distanza dall’atmosfera che è la metà di quella tra la terra e la Luna. Se fosse entrato in rotta di collisione, avrebbe causato un disastro simile a quello avvenuto a Tunguska, il 30 giugno del 1908, causando un’esplosione di circa 15 megatoni, l’equivalente di circa mille bombe di Hiroshima messe assieme, quasi come è accaduto 65 milioni di anni fa. Invece questo non avviene, e la storia procede diversamente.
Il camaleonte con un occhio mette a fuoco lui, con l’altro mette a fuoco lei, diversi stimoli luminosi corrono in una frazione di secondo lungo i suoi nervi ottici, vanno ad accendere due diverse aree del suo cervello, entrambe le immagini si formano, nitide nel caldo asfissiante di quella giornata. Lui e lei sono seduti a tre metri l’uno dall’altra, per convenzione sociale. Nel cervello del camaleonte sono a pochi millimetri, vicinissimi, ma sempre separati.