ANCHE TU PERFORMER
titolo volutamente falso e fuorviante
lungo e noioso articolo teorico
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Anche tu performer
In copertina:
CUT HERE
Urban art, 2019
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Questo non è un manuale su come realizzare una performance.
Nessuno può insegnare a performare.
Nella storia dell’arte, però, esistono ottimi esempi
che invitano a trovare il proprio modo.
Questa non è nemmeno la spiegazione
delle mie performance, né di quelle altrui.
In un processo inverso, da molte performance
ho tratto indizi per scrivere queste pagine.
D’altro canto, queste pagine:
– in seguito allo studio del fenomeno performativo,
nelle sue forme ufficiali e non ufficiali
– con l’esperienza delle performance realizzate,
e soprattutto grazie agli errori
rappresentano una fotografia sfocata di ciò che,
ad oggi, ipotizzo essere “performance”.
Sono appunti, parziali e temporanei.
Sono una mappa disegnata a memoria.
Sono stimoli per chi vuole
altri punti di vista sulle arti performative.
Vorrebbero suscitare attenzione oltre i luoghi comuni
sul metodo della performance.
Nell’ipotesi (troppo ottimistica) che la lettura di queste pagine:
– susciti nel lettore il desiderio di provare a performare
– offra nuove riflessioni a chi già opera in questo campo
posso testimoniare che lavorare
nell’ambito dell’arte performativa significa:
– abbandonare le strade battute
delle definizioni chiare e univoche
– tracciare un nuovo sentiero per territori inesplorati,
forse valido solo per se stessi
Ogni nuovo sentiero tracciato si fa carico
del rischio di non portare a nulla.
La premessa è che, per sua natura, la performance è ambigua.
A differenza di altre arti:
– non produce un oggetto
a cui è possibile attribuire un valore di mercato
– può produrre residui, oppure documentazione video,
che però non sono la performance
– non ottiene riconoscimenti immediati
che soddisfino il bisogno di conferma del performer
– ogni singola performance, per quanto indipendente,
è il segmento di un percorso
Inoltre l’attività performativa,
contrariamente ai pregiudizi che la vedono spontaneistica:
– necessita di dedizione, esige
che la pretesa abdichi a favore dell’incertezza
– ridefinisce continuamente se stessa,
ma resta sempre un passo oltre
– obbliga ad una relazione stretta
con il pubblico e le sue aspettative
– è frammentata nelle mille interpretazioni soggettive
di chi assiste all’azione performativa
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Esistono leggi fisiche e biologiche.
Ad esempio: un sasso cade, una ferita sanguina.
La performance esplora e fa sue queste leggi,
nelle conseguenze previste e impreviste.
Esistono archetipi profondi nell’essere umano.
Ad esempio, per natura, ci aspettiamo
che una narrazione inizi e finisca, e abbia un senso.
Oppure, le nostre azioni sono finalizzate
al massimo risultato con il minimo sforzo.
La performance indaga e, alle volte,
sovverte questi archetipi, portandoli a galla.
Esiste un retaggio culturale, che troppo spesso
diamo per scontato e universale.
Ad esempio: non è bello sprecare il cibo.
Oppure, chi è più bravo vince la partita.
Il performer deve essere consapevole
del proprio retaggio culturale.
Alle volte la performance evidenza
il retaggio culturale del performer e del pubblico.
Esiste una storia personale,
fatta di decisioni prese, subite, di caso e di cause.
Ad esempio: il ricordo delle mani rugose di mia nonna,
mentre ricama con ago e filo.
Il performer, alle volte, cerca nella sua storia personale
elementi comuni all’umanità.
A partire dai punti precedenti,
una performance ben riuscita spesso è quella che:
– mette in luce le regole di questa parte di universo
a cui tutti siamo sottoposti
– sottolinea la condizione umana
nelle sue contraddizioni e nei suoi slanci
– offre uno specchio dentro al quale vedersi interi
e immersi in un contesto culturale
– suscita riflessioni ed emozioni nel performer e nel pubblico
– parla una lingua comune a tutti gli esseri umani
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Ogni performance è un’azione,
e come ogni azione ha alcuni elementi costitutivi.
Il luogo:
può essere casa propria, la strada, una galleria d’arte.
La componente visibile:
l’azione svolta dal performer (la forma).
La componente invisibile:
i rimandi ad altro che l’azione evoca (il contenuto).
Il tempo:
la durata dell’azione del performer.
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E’ difficile, forse impossibile, dare una definizione
univoca e definitiva di performance.
Definizione ex-post:
quella che si può trovare attraverso lo studio
delle performance nella storia dell’arte.
Definizione ex-ante:
la performance non si prefigge la realizzazione
di un’opera duratura nel tempo.
(paradossalmente: è avvenuta,
e proprio perché risiede nel passato resta incorruttibile)
Definizione sovversiva:
l’azione performativa cerca di scardinare
l’area di comfort per aprire nuovi punti di vista.
Definizione travalicante:
la qualità della performance è essere sfuggente
ad ogni definizione e confinamento.
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Ogni azione performativa può definirsi attraverso le sue tre fasi.
Preparazione:
da dentro:
quello che il performer ha progettato di realizzare;
da fuori:
le aspettative del pubblico (personali, culturali).
Esecuzione:
da dentro:
lo svolgimento dell’azione performativa;
da fuori:
la partecipazione del pubblico,
dall’osservazione al coinvolgimento attivo.
Conclusione:
da dentro:
le conseguenze previste e impreviste
dell’azione per il performer;
da fuori:
quello che l’azione ha risvegliato nel pubblico,
e che il pubblico si porterà via.
Ogni performance ha una doppia natura:
Conscia:
tutto quello che il performer e il pubblico
avvertono durante l’azione.
Inconscia:
la parte profonda, non verbale e irrazionale, che l’azione suscita.
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Viceversa, possiamo provare a definire una performance
in base a che cosa non è.
La performance non è il performer.
Il performer non è il protagonista della performance.
Il centro della performance è l’azione performativa
nel complesso e nelle conseguenze.
Il performer non è un attore che interpreta un ruolo.
Il performer è, non rappresenta.
E’ se stesso, ma recede in favore di ciò che accadrà
durante la performance.
E’ uno degli elementi che compartecipano
alla realizzazione della performance.
Il performer può agire da solo,
ma in un altro senso non è mai da solo.
Deve avere consapevolezza:
– di quanto è di sua ideazione,
delle sue scelte di che cosa fare e che cosa non fare
– dell’eredità degli artisti precedenti,
di cosa ha interiorizzato e di cosa ha abbandonato
– di quello che, da ambiti eterogenei,
ha contribuito all’ideazione della performance
Tutti questi elementi, insieme alla materia,
sono il DNA di ogni azione performativa.
Il performer stringe un patto con sé e con il pubblico:
portare a termine la performance che si è prefissato,
in accordo con, e a volte in sfida
dei limiti delle leggi fisiche e biologiche.
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Il termine performance è usato spesso in altri contesti:
Come sinonimo di altro, in ambito artistico.
Ad esempio: “Abbiamo assistito ad un’ottima performance jazz.”
Come sinonimo di altro, in ambito non artistico.
Ad esempio: “E’ un’automobile dalle performance straordinarie.”
Il termine performance è usato spesso a sproposito:
La danza, il teatro, l’action-painting, il body-painting,
il reading poetico o letterario non sono performance.
Sono danza, teatro, action-painting, body-painting etc.
La performance non ha a che fare con queste definizioni.
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La performance resta l’eterno altro, si sfiora appena
ed è di nuovo oltre, ad attenderci.
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