Sei la mia metà.

Nessuno si era mai amato così tanto. Eeeh, che esagerazione, penserai. E allora Paolo e Francesca, Lancillotto e Ginevra, Romeo e Giulietta? Anna Karenina ed il conte Vronskij? Ettore e Andromaca? Ulisse e Penelope? Obbietterai che non si possono confrontare gli amori, che non esiste un termometro per misurarne la temperatura. Eppure, il loro sentimento era senza dubbio fuori scala, il modo in cui finì la loro storia lo dimostra, ed è un motivo valido per provare a raccontarla pur risultando stucchevoli. Chiedo scusa, non c’è altro modo per farlo se non questo.

Si potrebbero fare molti esempi, ma uno fra tutti è quello più rappresentativo. A cena: se c’erano quattro mandarini sul tavolo, tutto bene; ma se per caso i mandarini erano cinque, lei ne mangiava due, lui anche, e poi facevano finta di niente aspettando che fosse l’altro a prendere l’ultimo rimasto. Finché uno dei due, di solito lei, diceva che non aveva più fame e allora lui prendeva il mandarino superstite, lo sbucciava con cura, e se gli spicchi erano pari li divideva con lei, se erano dispari quello rimanente dalla divisione veniva equamente tagliato a metà e condiviso.

Una sera a lui venne in mente di dividere ancora la sua metà (uno spicchio di mela) e dare a lei quell’ulteriore frazione, lasciandola piacevolmente spiazzata. Lei lo aspettò al varco le sere successive, finché di nuovo il numero di frutti sul tavolo fu dispari. Allora anche lei divise la sua metà e gliela diede, e poi ancora la metà della sua metà, e poi la metà della metà della metà della sua metà, e lui pure, in una sorta di gara a chi riusciva a dimezzare in parti sempre più piccole la propria porzione. Furono costretti a fermarsi quando la lama del coltello non poteva più dividere l’ormai minuscolo spicchio di mela.

Ma, come ho scritto all’inizio, nessuno si era mai amato così tanto. Si attrezzarono con microscopi molto potenti e bisturi laser, forse per caso oppure per la mano più ferma lei riuscì a sorpassare lui, spartendo a metà una porzione di pera così piccola che a lui si sciolse sulla lingua prima ancora che potesse inghiottirla. Non si diede per vinto. A notte fonda, mentre lei dormiva, trovò su internet un macchinario chiamato micròtomo, usato in istologia per tagliare fette sottilissime di campioni di tessuto vegetale oppure animale. Arrivò con corriere espresso due giorni dopo.

Lei però, che lo conosceva bene e aveva capito che lui stava architettando qualcosa, controllò la cronologia di navigazione di lui, e acquistò un secondo micròtomo per stare al passo. La loro cucina assomigliava ogni giorno di più ad un laboratorio per esperimenti scientifici, e la situazione precipitò quando lei fu costretta a passare alla chimica applicata per separare a livello molecolare parti ormai invisibili della sua porzione; lui rilanciò con la fisica nucleare, e fu a quel punto che avvenne il fatto che conferma che nessuno si era mai mai amato così tanto e rende questa storia degna di essere raccontata.

Non l’avrebbero suddivisa ancora – non si sa se sia stata lei oppure lui – se avessero saputo che quella carota proveniva da un campo molto vicino a Novazza, a circa 40 km da Bergamo, luogo dove si estrae l’uranio. Verdura contaminata. Si sbagliavano, gli antichi, a chiamarlo atomus, dal greco temno, tagliare, con il prefisso a- privativo davanti, come se quell’ultima unità della materia non si potesse dividere ancora. La massa è energia (e dipende da quello che ne facciamo prima che si esaurisca, o meglio: prima che l’entropia aumenti esponenzialmente). L’onda d’urto dell’esplosione nucleare mescolò in una vorticosa danza i loro atomi.

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