“It’s four in the morning
the end of December…”
Famous Blue Raincoat
Leonard Cohen.
Obskené / 6.
Sixth study.
Body, clothes.
Selection of images from video.
Performance, 2021.
Le note critiche
non sono inerenti alla mia performance,
bensì alla “Venere degli stracci”
di Michelangelo Pistoletto. Tuttavia.
Nell’opera, Pistoletto utilizza un modello in gesso, tratto dalla Venere con mela di Bertel Thorvaldsen. Il suo candore contrasta con il cumulo di stracci multicolore che si ammassa di fronte a lei. È chiaro che con la Venere degli Stracci Pistoletto voglia indurre ad una riflessione sul consumismo e sulla sempre più ingombrante presenza dei rifiuti. L’artista ha voluto creare una dissonanza tra passato e presente, tra ordine e disordine, tra candore e colore, tra ciò che è eterno e ciò che è invece transitorio. Tra le tante interpretazioni che i visitatori tentano di dare quando si trovano di fronte ad essa, curiosa è stata quella di una bambina che, recatasi in visita al Museo Castromediano di Lecce, ha lasciato sul guestbook questo commento: “Mi ha colpito molto la statua della signora che non riusciva a scegliere quale vestito mettere”
– Laura Corchia.
Ne “La Venere degli stracci” lo specchio della degradazione a cui può o ha condotto il consumismo è rappresentato dagli stracci, in una società che spinge al continuo riacquisto di beni al solo fine del consumo e non dei bisogni reali, alimentando l’insoddisfazione e la degradazione dell’individuo. Di fronte a ciò la figura della dea, simbolo della stabilità e della memoria che sembrano controbattere al degrado di un cambiamento erroneo e troppo veloce. Lo spettatore viene quindi messo davanti alla realtà della propria assuefazione come consumatore compulsivo, ponendosi delle domande e rendendosi conto che questo atteggiamento non è solo materiale, ma coinvolge la sua psiche, il modo di comportarsi, fino a scontrarsi e a non essere neppure più sensibile di fronte alla bellezza, al di là dei suoi connotati e canoni storico-artistici, ritenendoli in qualche modo, e aprioristicamente, anacronistici e obsoleti.
– Enrico Maria Guidi
“La Venere degli Stracci è un’opera interattiva, nel senso che è attivata dal pubblico che mentre consuma moda produce stracci. La Venere sempre nuda rappresenta ogni persona che si veste e si sveste incrementando il cumulo degli abiti-rifiuto. La Venere è la memoria mentre gli stracci sono il continuo passare delle cose. Gli stracci lasciati a se stessi non vorrebbero dire nulla, non significherebbero altro che inquinamento, mentre la Venere, apportando la memoria della bellezza nell’arte, li rigenera trasformandoli in colore, calore, emozione, sensazione. È il pensiero che fa rinascere”.
– Michelangelo Pistoletto, intervista a Vogue, 2021.
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“Il contenuto di tutto l’abbigliamento, anche di quello più apparentemente pudico, è doppio, ambivalente. In pratica, si tratta sempre di esibire e celare il corpo allo stesso tempo, insomma di soddisfare due esigenze diametralmente opposte: da una parte adornarsi, farsi notare, dall’altra coprirsi, passare inosservati. Il vestito cerca dunque di conciliare due tendenze inconciliabili, valorizzare il nostro fisico e proteggere il nostro pudore. […] Estensione della pelle, ha definito il vestito Marshall McLuhan, vera e propria protesi, che può essere oggetto dello stesso tipo di passione che desta la nudità, moltiplicata per una serie di spostamenti metaforici e metonimici di cui il feticismo è campione, e lo spogliarello un esercizio sapiente. Proprio per questa ragione non è possibile de-erotizzare l’abbigliamento: ogni copertura è l’inverso di uno svelamento, ogni atto di nascondere suppone la possibilità di scoprire, ogni cosa che cela è pericolosamente in contatto con ciò che è coperto e contagiato da esso, reso partecipe per metonimia della sua sessualità. Se hanno ragione gli antropologi quando dicono che tutta la nostra cultura strumentale è fatta di protesi e estensioni materiali di parti del nostro corpo, realizzati per compiti specifici; e se dunque il martello è un pugno rafforzato e distaccato, come il cannocchiale è un occhio potenziato, allora l’abito convoglia le proprietà di protezione, ma soprattutto quelle di sensibilità e di seduzione della pelle.”
Ugo Volli
“Contro la moda”, 1988.
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