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L’opera come pozzo gravitazionale

“Gli esseri umani
non dovrebbero essere sottoposti
ad un modello ideato
per catturare la loro attenzione.”
– da “The social dilemma”, 2020
(se non lo avete ancora visto,
fatelo ora: disponibile qui)

 

L’opera come pozzo gravitazionale.
ovvero a proposito dell’installazione Objects.
(tutte le foto seguenti sono: Objects. Thi Ly, Vincenzo Bruno ph.)

 

L’irrinunciabile necessità di proferire parola si muove – più o meno consapevole – sul filo di lana e di lama che separa la descrizione approssimativa (mai sufficiente) dalla violenza subdola del voler convincersi e convincere. Nel proferire parola rientrano non solo le emissioni sonore modulate dalle corde vocali, ma anche tutte le attività rappresentative che diamo di noi stessi e del mondo circostante: i testi che scriviamo, i messaggi che inviamo, le immagini che condividiamo, anche l’arte che produciamo, a patto che non sia una mano di vernice dorata sulle cose e su se stessi, ma al contrario offra fenditure per curiosare nelle cose e in se stessi, capirne le sfaccettature, poi la complessità, infine il mistero.

 

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Nel caso delle arti, esse giocano la partita del proferire parola su terreni di gioco disagevoli. Nella produzione: i tempi creativi sono diversi dall’affanno contemporaneo del fare e ottenere. Nella promozione: i format pubblicitari del proferire parola con violenza non accompagnano, ma trascinano, non aprono a significati, ma ingozzano di risposte facili e surgelate. Nella rappresentazione: è più facile che lo spettatore veda l’opera come un fatto chiuso, che impone un significato, piuttosto che uno specchio nel quale scorgere se stesso, la propria umanità, le proprie aspettative naturali o apprese. Nella permanenza: la perenne crisi d’astinenza da novità sovrascrive e rimpiazza invece che lasciar sedimentare.

 

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Le arti assomigliano sempre di più a indovinelli, rebus e parole crociate, e le gallerie e le mostre d’arte contemporanea a settimane enigmistiche delle quali si saltano le parti più difficili per non sentirsi inadeguati, per ritrovarsi a proprio agio sulla pagina delle barzellette. Questo non significa che si debba rendere l’arte didascalica, ma a monte bisogna considerare che l’atteggiamento del pubblico è quello del cercare la risposta scolastica giusta, piuttosto che percepire il proprio vivere l’opera d’arte come un aspetto complementare a ciò che la storia dell’opera stessa e la sua genetica iniziale vogliono proferire.

 

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Ci sono artisti che provano comunque a destreggiarsi su questi terreni di gioco scomodi, per produrre, pubblicizzare, rappresentare e fissare nel tempo le loro opere senza snaturarle e rendendole fruibili allo stesso tempo; ci sono artisti che si sottraggono alla ricerca del giusto o illusorio compromesso, rinunciando a giocare su quei campi. In un parziale bilancio, gli uni hanno pubblico ma rischiano di fraintendersi, fraintendere e far fraintendere; gli altri restano aderenti a valori alti o profondi dell’arte ma rischiano di non avere pubblico. Scegliere da che parte stare non sempre è una scelta consapevole o possibile, e chi di noi vada verso una sorte migliore è ignoto a tutti tranne che al dio, come Platone fa dire a Socrate.

 

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Per non scivolare nel lato violento, coercitivo e demagogico del proferire parola, di Objects si possono dire fatti e aspettative disattese. c’è un teatro, ma non una rappresentazione narrativa. Una platea, ma non pubblico. Cose, e non attori. Laddove ci si aspettava velocità, c’è stata lentezza; si attendevano voci, ci sono stati suoni di oggetti; non un racconto proferito dall’esterno per convincere, ma specchi per riflettere le proprie reazioni all’installazione. La scommessa era il verificarsi della rotazione dell’indice della propria mano, dall’opera a se stessi: non sull’opera e sulla sua lentezza, sull’assenza di narrazione, sul luogo avulso dal suo scopo originario, bensì sulla propria urgenza di velocità, sul proprio bisogno insoddisfatto di narrazione, sulla propria aspettativa di uso di un luogo per un certo scopo.

 

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“La fotografia digitale non si fonda, come quella analogica, su una registrazione iniziale statica, bensì sulla creazione di documenti discreti, linkabili, trasmettibili, ricontestualizzabili, ricreabili. Facciamo un esempio. La celebre fotografia di Eddie Adams, del 1968, che ritrae un generale sudvietnamita mentre uccide a sangue freddo un Vietcong; una delle più impressionanti immagini del conflitto, che modificò l’orientamento dell’opinione pubblica in America. Oggi questa immagine farebbe parte del “wiki” nel web: cliccando sull’immagine verrebbero fuori altre immagini, testi, spiegazioni, commenti, insomma apprenderemmo molte cose su quel generale, compreso che aveva una pizzeria in Virginia, e anche sull’uomo che ha ucciso, una sorta di crowdsourcing dell’immagine, che non permette più a una fotografia di stare da sola, isolata, fuori da un contesto che è creato da mille altre immagini e rinvii, anche testuali. Il digitale non uccide la tradizionale ambiguità della fotografia; al contrario, offre molte altre possibilità di contestualizzazione dell’immagine stessa. Detto altrimenti, siamo in presenza di meta-immagini, il che compensa l’aspetto istantaneo dello scatto con il digitale, così che possiamo pensare alla fotografia come a una porzione di schermo.”
– Marco Belpoliti su Doppiozero (2012)
citato in “Capire la fotografia contemporanea”
di Denis Curti, edizioni Marsilio.

 

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La sessione di gdr dal vivo che non si è mai svolta.
Ecco perché.

Lo scorso anno Paolo Notario ed io iniziamo a lavorare alla trama della storia alla quale avrebbero giocato i partecipanti. Si trattava di un GDR dal vivo, ovvero un’occasione in cui a tutti i presenti venivano assegnati ruoli da interpretare, per interagire con l’ambiente e con gli altri al fine di raggiungere i propri obbiettivi personali e, nella fattispecie, risolvere un mistero.

Nessuna regola particolare se non quella di attenersi al background proposto, e un’ambientazione d’effetto e complessa. Dopo parecchio lavoro, Paolo ed io decidiamo il set nel quale si troveranno ad agire i partecipanti. Ora che il progetto non è andato in porto, possiamo rivelare la trama – a grandi linee, considerate che tutti i personaggi sviluppano sottotrame e retroscena.

In un laboratorio di ricerca su neuroscienze e intelligenza artificiale è giunto il momento di dare una dimostrazione delle capacità del sistema MTHR, in grado di mappare le aree del cervello, interagire con i pazienti e curarli da varie patologie mentali. Tuttavia, durante la giornata a porte aperte, l’intelligenza artificiale “impazzisce”, e sigilla all’interno del complesso tutti i presenti. La causa: un pericoloso virus è riuscito a sfuggire da un laboratorio segreto e ha sterminato nel giro di poco la razza umana. MTHR ritiene dunque saggio intrappolare i presenti per salvarli da morte certa. Ma è davvero così? Oppure MTHR si rivela più paranoico dei malati che ha in cura?

 

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Qui di seguito le date dell’ultimo aggiornamento dei file, poco prima che iniziassimo a discutere della data della sessione. Era dicembre 2019. Il 31 gennaio 2020, a Roma, due turisti cinesi risultano positivi al COVID. Come è andata dopo lo sappiamo tutti.

 

roccioletti - mthr date

 

Qui il post del 5 dicembre 2019

 

Qui di seguito i file della sessione,
se a qualcuno venisse voglia di giocare
a qualcosa che poi, in forme simili,
è accaduto realmente.

MTHR plot e parti

MTHR – progressivo ritorno della memoria

 

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Buone e cattive maniere.
Thi Ly, Vincenzo Bruno ph.
Martello, chiodi, pagine
dall’Educazione Sentimentale di G.Flaubert.
Serie: azioni impossibili.
Performance, 2020.

 

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Francesca Gattuso
with a wearable version
of Fontana’s spatial concept.

 

Roccioletti - Gattuso

 

Endorsum
with a wearable version
of Fontana’s spatial concept.

 

Roccioletti - Endorsum

 

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5 Comments

  1. Ciao. Sono capitata qui dopo aver letto qualche tuo commento sulla mia pagina e ho cliccato su “disponibile qui” in merito ad un ipotetico collegamento con il film da te consigliato e mi ha ricaricato la pagina. Dopo un’analisi antivirus non è risultato nulla. Quindi come mai succede questa cosa? Non si apre il link e si ricarica la pagina.

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