“[…] poiché del terribile il bello
non è che il principio,
che ancora noi sopportiamo,
e lo ammiriamo così, chè quieto disdegna
di annientarci. Ogni angelo è tremendo.”
– R.M.Rilke, da “Poesie 1907-1926”.
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Di che cosa stiamo parlando.
Corpo, scatola.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2021
What are we talking about.
Body, box.
Selection of images from video.
Performance, 2021.
Citazioni da
“Note a Eugenio Barba”
di Elisa Castagnoli, 2010.
“Un corpo-in-vita è qualcosa di più di un corpo che vive. Un corpo-in-vita dilata la propria presenza scenica e la percezione che ne ha chi lo guarda. […] E’ un corpo dilatato dove l’azione viene incentrata, decentrata, accelerata, portata al suo culmine, ripetuta fino all’estenuazione, all’eccesso, alla perdita; fatta esplodere violentemente in mille frammenti distrutti e ricomposti sotto altra forma, costantemente distrutti e ricomposti in un movimento frenetico e incessante oppure trattenuta come sul margine di un abisso, come per una tensione che si iscrive sotterranea, sottocutanea, silenziosa, in ogni caso potenziata da un corpo-in-vita.”
“Ricomposizione continua dove ciò che si è perso riemerge sotto altra forma. Anarchia di una miriade di frammenti sparsi, difficilmente ordinabile, giustamente dilatata in uno spazio altro denominato scena. Se il quotidiano è basato su un’economia di forze nell’azione, l’extra-quotidiano d’ogni forma di rappresentazione implicante il corporeo agisce giustamente sul principio di gaspillage, della dispersione, dell’eccesso, d’una dépense come consumo; assumere anziché annullare, amplificare anziché appianare le tensioni, le forze e contro-forze, le pulsioni antagoniste che abitano l’essere preso nel suo stato dinamico.”
“Un modo di spostarsi nello spazio rivela un modo di pensare, è un movimento del pensiero messo a nudo. Un pensiero in danza è un movimento, un’azione, qualcosa che si fa, si compie, si lascia affiorare gradualmente fino a plasmarsi in una profondità tridimensionale, modificando lo spazio interno al mio corpo e quello esterno alla percezione. Possiamo interrogarci su come l’immaginario che mentalmente ci abita influenza il nostro modo di muoverci: solidità o leggerezza, stabilità o discontinuità, scorrimento, flusso o immobilità, disequilibrio o la ricerca di un altro possibile equilibrio. Come la disposizione dell’architettura, gli ostacoli, le barriere, i vuoti o i pieni di uno spazio agiscono sulla nostra disposizione cinetica. Una questione aperta, un’idea o immagine-pensiero prende forma dall’esperienza sensoriale interna alla mia esterna iscrizione.”
“Quale immagine proiettare in uno specchio, lo specchio del mio interno sentire, per un corpo che non si muove o si muove solo in parte, legato da corde che lo tengono inchiodato al suolo, immobilizzato, bendato, stretto da qualcosa che lo serra come fosse nell’impossibilità di respirare, oppure portato al silenzio, ricondotto a quell’estremo dove il movimento è grido, iscrizione, bisogno vitale, non-dicendo dire quello che non saprebbe altrimenti tacere. Un corpo che disturba, non conforme, non proprio, fatto di materia, ossa e muscoli, la massa e non la figura; un gesto che non deve necessariamente essere bello.”
“Non esiste un’azione vocale che non sia anche azione fisica, cioè la voce è prima di tutto il respiro, una ripercussione del respiro attraverso le membra, gli organi, la colonna vertebrale fino a divenire suono, eco, vibrazione, melodia di note o parola scandite nello spazio, concatenazione più o meno ordinata, armonica o disarmonica di suoni. Allo stesso modo ogni azione puramente fisica può divenire azione investita da un coefficiente mentale. Lavorando sul margine sottile, su quel bordo o frontiera mobile che lega la carne al pensiero, il territorio dei sensi a quello dell’intelletto, lo spazio puramente intellettuale di un individuo al suo universo fisico, sensoriale, cinestesico e emozionale. Dunque su quel margine esiguo presente in ciascuno di noi dove le due polarità si scambiano l’una nell’altra in maniera quasi inconsapevole.”
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