The overflowing body.
Selection of images from video.
Performance, 2021.
Testo da
“I nomi, il pudore e la gatta di Derrida”
Carmine Mangone, 2016.
“Il pudore, che gli animali sembrano non conoscere, a differenza della colpa o della paura di perdere la propria integrità fisica, nasce dopo aver dato un nome ad ogni aspetto del vivente, e quindi dopo aver nominato anche la nudità. Il denominare, il definire, il far rientrare ogni cosa in un significato: tutte queste emanazioni dell’umano hanno a che fare con la separazione da qualcosa o qualcuno e dal tentativo di colmare la distanza, il vuoto che viene a interporsi tra la cosa denominata e colui che la chiama.”
“Se do dei nomi agli elementi del mio corpo e alle cose che lo circondano, è perché io mi scopro distinto, differenziato, staccato dal continuum dell’esistente. Devo quindi ricomporre la totalità dello scenario, devo rappresentare questa totalità inserendo sulla scena tante piccole comparse, tanti piccoli attori della coscienza. Devo vestire la realtà. Sebbene l’evo moderno abbia trascinato con sé svariati moti di denudamento del mondo e dell’uomo, vi è ancora un falso pudore dentro il significare, il parlare; un pudore che si muta sovente in puerilità, pressapochismo, oppure in patetiche partite doppie sentimentali, dove il dare e l’avere mistificano rozzamente il nostro divorzio dall’essenzialità del mondo.”
“La gatta di Derrida, che vede nudo il filosofo e si ostina comunque a non parlare, a non articolare un proprio discorso intorno alla decenza di questi, non è certo da biasimare (cfr. J.Derrida, L’animal que donc je suis, 2006). Privo di malizia, e senza la necessità di miagolarne necessariamente qualcosa, l’animale non conosce il vuoto o il silenzio attonito degli uomini cui manchino le parole. Non concepisce il pudore, non sente vergogna, non è costretto democraticamente a far sentire la propria voce. Il suo silenzio è pieno di voci, ma non è detto che tutte queste voci riecheggino dentro un suo spazio interiore e debbano per forza farsi sentire, creare un’interlocuzione.”
“Nessuno dei miei gatti ha bisogno d’imparare a dire io per arrivare a porsi su un piano di equilibrio con me. Nessuno di essi deve mettersi a nudo attraverso mediazioni simboliche. L’animale è sempre già un noi inestricabile, un insieme di animali diversi, di orme, di potenzialità plurali. Ogni mio gatto è un intero branco, un’intera muta di piccoli predatori incessantemente vigili – e non un gregge, non un gruppo di individui gregari che lottano contro la natura per conservare la libertà delle proprie subordinazioni (come avviene da millenni tra gli umani ultra-individualizzati).”
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Suggerimenti di lettura:
M.P.D’Orazi, Il corpo eretico, Casadeilibri.
T.Rémy, I clown, Robin Edizioni.
D.Demetrio, L’interiorità maschile, Cortina.
Arrabal/Jodorowsky /Topor, Panico!, Giunti.
E.Levinas, Dell’evasione, Cronopio.
L.Monge, Robert Johnson, Arcana.
R.Koolhaas, Junkspace, Quodlibet.
C.Marighella, Manuale di guerriglia urbana, Gwynplaine.
G.H.Mead, La società del sé, Armando.
A.Zzywwurath, Diario della letteratura perduta, Manifestolibri.
R.DeLuca, Omicida e artista, Edizioni Magi.
A.Wogenscky, Le mani di LeCorbusier, Mancosu.
D.Mormorio, Meditazione e fotografia, Contrasto.
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interessante questa cosa…non ci avevo mai riflettuto..pur avendo io un cane…cerchero’ di leggere il libro…grazie Andrea
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Grazie a te!
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Perfettamente d’accordo con l’analisi. Se posso aggiungerei alla pur nutrita bibliografia : Il corpo di Galimberti _ Feltrinelli
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Grazie! Ottimo suggerimento.
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🌹
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