Tugged and parked.

Guardai con occhi di camaleonte
la mutevole faccia del mondo,
con sguardo anonimo guardai
dentro il mio io incompleto […]
Li guardo come dei dadi in una scatola
e mi chiedo se, scuotendoli,
potrebbero balzare fuori
e diventare ME.
Anais Nin, “La casa dell’incesto”

 

Tugged and parked.
Flour, water, nails.
Selection of images from video.
Performance, 2022.

Strattonato e parcheggiato.
Farina, acqua, chiodi.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2022.

 

Testi da “Il corpo e l’opera.
Volontà di godimento e sublimazione.”
Frammenti di dialogo tra Laura Pigozzi
(scrittrice, filosofa e cantante jazz)
e Vittorio Emanuele, incisore.

 

Roccioletti

 

“L’incontro del corpo con la dimensione del significante, azzera il paradiso terrestre dell’istinto. Nel mondo animale, non c’è alcun desiderio di vedere, non c’è alcuna spinta ad ascoltare, a farsi ascoltare, a farsi guardare. Il troppo, la spinta al troppo o al niente, che è propria dell’umano, è pressoché sconosciuta nel mondo animale. Non esiste anoressia nel mondo animale, o autolesionismo, o bulimia. Il sesso è finalizzato alla riproduzione, e del tutto assoggettato all’istinto, alla sua tempistica e alle sue leggi, che non mutano, e si ripetono identiche nel tempo.”

 

Roccioletti

 

 

“Gli occhi, le orecchie, la bocca, tutti gli orifizi del corpo, in natura, servono ad assolvere funzioni di sopravvivenza. Difendersi da un nemico, cercare cibo, soddisfare bisogni di base. Nell’essere umano, invece, anche laddove il bisogno è soddisfatto, qualcosa insiste, e anzi persiste e stravolge lo stesso sistema biologico del soddisfacimento. La pulsione ha una meta, ma non ha un oggetto, è come un fiume che va verso la meta, prende quel che trova, se trova, e poi torna sull’organo, sul corpo.”

 

Roccioletti

 

“La pulsione è quel parassita, quel vampiro, che contorna i nostri orifizi e decide della soddisfazione anche biologica dei nostri bisogni, in qualche modo legandola, imbrigliandola, nei limiti del possibile, in un reticolato simbolico entro cui il reale della biologia, pur mantenendo una sua cittadinanza, si maschera e si perde. E’ solo dell’umano la smania di vedere e vedersi visti, di divorare e farsi divorare, di espellere e farsi espellere.”

 

Roccioletti

 

“In questo senso, la creazione artistica, come ogni altra sublimazione, è un tentativo più o meno riuscito di incorporare dentro al manufatto, dentro al prodotto, parte di questa pulsione, che quindi libera l’organismo, e permette al corpo vivente, attraverso questo deposito di un “troppo” di godimento, di ritrovare una sua libertà, un suo sollievo, sollievo che, in ogni caso, è sempre e soltanto momentaneo. In questo senso possiamo dire che la visione di Freud è una visione pessimistica. La pulsione è ciò che rende l’uomo schiavo e sofferente, oberato da questo carico, da questa spinta (che Lacan chiamerà godimento), alla quale egli deve riuscire ad opporre una sorta di regolazione, una minima possibilità di pacificazione, sempre precaria.”

 

Roccioletti

 

“L’opera d’arte porta su di sé, proprio come un capro espiatorio, il peso del voler essere guardati, ammirati. L’artista supera così, grazie al terzo della scena, la sua vergogna, il suo conflitto, e deposita dentro l’oggetto le sue fantasie e i suoi desideri. Che sia il quadro, prodotto dietro le quinte, in solitaria, e poi esposto anche in assenza dell’autore; che sia la voce, che attraversa il corpo dell’attore o del ballerino , ma lo trasfigura, trasformandolo in un corpo estraneo, in un altro corpo, il corpo metaforico, allusivo, della scena; che sia anche la voce del cantante, che è lì con il suo corpo, ma che offre quel frammento di sé che lo attraversa e lo trafigge; l’opera diventa una sorta di prolungamento del corpo vivente del soggetto, un corpo estraneo che può godere, che può esprimere tutto la pulsionalità che il soggetto è invece costretto, per quel sacrificio che la civiltà stessa e il patto sociale richiede, a imbrigliare e a negare.”

 

Roccioletti

 

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Suggerimenti di lettura

AAVV, Il corpo parlante, Quodlibet
P. Cappucci, Il corpo tecnologico,Baskerville
E.M.Campani, Il corpo sconvolto, Cadmo
L.S.Kauffman, Bad Girls and Sick BoysPaperback
A.Celletti, Il corpo riflesso: dal mito di Narciso verso il postorganico, in Artavanguardia
Balducci / Vettese, Arte del corpo, Giunti
M.Foucault, Eterotopie, Bulzoni
T.Macrì, Il Postorganico, Costa&Nolan
C.Marra, Fotografia come Arte, Mondadori Electa
L.Prestinenza Puglisi, Silenziose avanguardie. Bulzoni
V.Valentini, La figura umana nel paesaggio elettronico,Lithos
J.P.Vernant, Figure, idoli, maschere.Saggiatore, 2001

 

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12/12/2021 > 09/02/2022

This is what happens to a body.
Connect the dots and color.
All the performances about the obskené.

Questo è ciò che avviene a un corpo.
Unisci i puntini e colora.
Tutte le performance sull’obskené.

 

Obskené – first study.

 

Roccioletti
Obskené – second study.

 

Obskené – third study.

 

Obskené – fourth study.

 

Obskené – fifth study.

 

Roccioletti cover
Obskené – sixth study.

 

Obskené – seventh study.

 

Obskené – eighth study.

 

Obskené – ninth study.

 

Obskené – tenth study.

 

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“Cos’è il viso? Uno schermo bianco. La testa appartiene al corpo, come le mani, le gambe, il tronco; il viso è una superficie significante collettiva, un prodotto nell’umanità. Il viso appartiene allo sguardo. Come direbbero Deleuze e Guattari, il viso è una carta, anche se si applica su un volume o si avvolge intorno ad esso, anche se circonda ed orla cavità che ormai esistono solo come buchi. Il viso, infatti, si produce solo quando lo astraiamo dal corpo e dalla stessa testa e ne cogliamo il codice, vale a dire la sua supersignificazione. Il suo appartenere ad un codice generale extracorporeo. Il viso è un’interfaccia tra colui che è visto e il nostro apparato semantico: uno strumento che permette la connessione simbolica. Il viso rende l’intera testa e poi l’intero corpo comprensibili. La bocca e il naso, e innanzitutto gli occhi, non divengono una superficie bucata senza coinvolgere tutti gli altri volumi e tutte le altre cavità del corpo. Operazione degna del Dottor Moreau: orribile e splendida. La mano, il seno, il ventre, il pene e la vagina, la coscia, la gamba e il piede saranno viseificati. Tutto dipende dal viso che si ha. Al punto che, proprio per questo motivo, l’uomo cerca di sfuggire a questo destino, falsificando il proprio viso. Viso-spia. Un paesaggio! Questa la ragione del velo islamico: la donna è tutta nella sua viseità, come documenta dolorosamente nelle sue opere l’artista iraniana Shirin Neshat. Neppure gli occhi sanno esprimere quanto il viso (gli occhi, come le mani o i piedi o il naso o le orecchie non sono altro che frammenti di un corpo). Nel viso si rappresenta l’incarnato con l’utilizzazione pittorica e cromatica del colore pelle, il colore più difficile che esista, il colore che decide il naturalismo del tono dall’artificio del timbro, il rinascimento veneto dal manierismo toscano. Le diverse immagini fisiognomiche di Orlan, costruite su modelli desunti da celebri opere d’arte del passato, costituiscono una galleria evolutiva di autoritratti, concepiti e realizzati come viseificazioni all’interno di una logica provocatoria, che ha come obiettivo quello di colpire i luoghi comuni della cultura cattolica e occidentale in quanto essa ha di più sacro e inviolabile: l’integrità del corpo umano, e soprattutto del suo volto, inteso come specchio dell’anima e, per ciò, specchio della stessa immagine divina.”
– Ernesto Francalanci

 

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