“Rose is a rose is a rose is a rose”
Gertrude Stein in “Sacred Emily”,
“Geography and Plays”, 1922.
Act the image.
Bodies, chair.
Rethinking “One and Three Chairs”
Joseph Kosuth 1965, Moma New York.
Selection of images from video.
Performance, 2022.
Agire l’immagine.
Corpi, sedia.
Ripensando a “Una e Tre Sedie”
Joseph Kosuth 1965, Moma New York.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2022.
Thanks to Chiara Luce.
Testi di Marco Dallari, 2018,
“Dire le immagini, vedere le parole.”
“La sedia, ci suggerisce Kosuth, esiste e ne abbiamo coscienza perché, oltre a esserci indubitabilmente come oggetto, è riconducibile a un nome, a una descrizione, a un’immagine. Kosuth, che non si sa quanto consapevolmente sembra citare il Tractatus logico-philosophicus di Ludwig Wittgenstein, si chiede (e ci chiede): se una cosa esiste in ragione della sua riduzione simbolica, ciò che risulta da tale riduzione è la cosa o, ben che vada, una parte di essa?”
“Ciò che appare con chiarezza, anche se non è la risposta alla domanda implicita nell’opera, è che il lemma-logos del dizionario, pur limitandosi ad una descrizione funzionale e convenzionale dell’oggetto, induce però l’impressione di esaurirne qualità e caratteristiche, anche se questo non è vero perché non dice, per esempio, quali e quante infinite funzioni simboliche può avere una sedia quando un bambino la usa per giocare, né cita le infinite volte in cui, in molti film e in qualche situazione reale, l’oggetto in questione è utilizzato per fare a seggiolate in una rissa al bar.”
“L’immagine, più ambiguamente onesta, svela esplicitamente di riprodurre un solo lato dell’oggetto e di essere portatrice della rappresentazione di una sedia particolare, facendoci immediatamente riflettere sul fatto che ci sono innumerevoli altri tipi di sedie. Ciò che appare evidente nell’interazione parole e immagine è che essa svela la parzialità e la relatività di ogni rappresentazione che, pur nella logica che presiede la costruzione del protocollo verbale della sua definizione, appare comunque sostanzialmente una sineddoche, una parte, per quanto esemplare, dell’universo categoriale della sedietà.”
“Dal punto di vista cognitivo, l’associazione parola e immagine e l’implicazione dei processi interpretativi connessi alla dimensione metaforica che caratterizza fortemente questo tipo di testi, aiuta a disimparare a riconoscere, come dice Lyotard, perché fa scoprire che non esiste un modo giusto (e unico) di rappresentare visivamente qualcosa, ma esistono, per ogni rappresentazione, infinite possibilità.”
———-
Da “Fenomenologia dell’immagine”
di Romano Gasparotti.
“Un altro termine arcaico ricollegato da Vernant all’immagine nell’età arcaica è xoanòn (al plurale xoana), in origine un semplice pezzo di legno, che si riteneva fosse letteralmente piovuto dal cielo, in quanto dono di qualche divinità, al fine di far sentire, tra gli uomini, la presenza attiva del dio. Tale divina immagine – e qui sta la sua peculiarità – non era, però, destinata alla semplice visione. Anzi, la sua visione, di norma, era interdetta, proibita, giacché avrebbe provocato, nella migliore delle ipotesi, la cecità. Esso era, invece, destinato ad essere mosso, agìto, da parte di sacerdoti autorizzati, nel corso di particolari riti religiosi riservati ad un pubblico di iniziati. Da ciò possiamo ricavare che, se lo xoanon ha a che fare con l’immagine, quest’ultima, nel suo carattere sacro, non era affatto in primo luogo ciò che è destinato ad essere visto, bensì era qualcosa che era destinato ad essere messo all’opera, in un contesto, che oggi potremmo definire performativo. […] In tutte le raffigurazioni e incisioni, anche in aperto contrasto con i canoni e le convenzioni figurative del periodo, la maschera della Medusa compare sempre frontalmente, di faccia, in modo che sembra stia sempre guardando lo spettatore. […] Perché la maschera della Gorgone compare sempre e solo di faccia e mai di profilo? Perché la Gorgone, se è immagine, non è l’immagine visibile, ma è l’immagine che guarda, con i suoi terribili occhi sempre spalancati. E’ l’immagine che ci guarda e non ci perde mai di vista. Mentre noi possiamo vederla solo indirettamente, attraverso il medium di uno specchio. Questo particolare è interessante, perché sembra suggerire il fatto che arcaicamente l’immagine – nella sua natura originariamente non visibile e non sensibile, oltre che deinon, ossia tremendamente pericolosa – può rendersi apparente e fruibile, senza esiziali conseguenze, solo in virtù di un medium (nel caso del mito di Perseo rappresentato dallo specchio). Il che riporterebbe l’attenzione sul fatto che l’apparire dell’immagine era, in origine, un fenomeno squisitamente mediale nella sua visibilità, nel senso che a prescindere dal medium, che ne rende possibile l’apparire, l’immagine arcaica agisce sì, opera sì, esercita sì la sua irresistibile influenza, ma resta interdetta alla visione.”
———-
“Sinonimi”
Wincent Raca.
perdere gli occhiali
le chiavi il portafoglio
il treno il vizio
l’appetito il buonumore
perdere restare privo
non avere più lasciare
abbandonare
perdere l’occasione
la fiducia la stima
il posto la pazienza
le staffe la speranza
perdere sprecare
consumare dissipare
lasciarsi sfuggire
perdere il filo i sensi
il senno lasciar perdere
vuoto a perdere
perdere peso terreno
perdere essere vinto
sconfitto battuto
perdere la tramontana
la ragione la parola la vita
perdersi in chiacchiere
perdersi d’animo
perdersi smarrirsi
confondersi turbarsi
scoraggiarsi
tutto da perdere,
niente da perdere
tempo da perdere
perdersi e basta
———-
questo discorso…vale anche per la sedia a dondolo?
che si distingue per la particolarità di potersi dondolare? di poter oscillare?
“Quando Charles Eames disegna la sua sedia,
non disegna soltanto una sedia,
ma disegna un modo di stare seduti,
anzi disegna soprattutto un modo di stare seduti,
cioè non disegna per una funzione ma disegna una funzione.”
(Ettore Sottsass)
"Mi piace""Mi piace"
“L’ansia è come una sedia a dondolo: sei sempre in movimento, ma non avanzi di un passo.” – Jodi Picoult, “L’altra famiglia”, 2011.
"Mi piace"Piace a 1 persona
L’ ansia è un’esperienza esclusivamente umana.
“L’ansia non svuota il domani delle sue afflizioni;
svuota l’oggi della sua forza.”
(Corrie ten Boom)
in teoria si dovrebbe scendere dalla sedia a dondolo… e iniziare a fare le cose… a camminare…
"Mi piace""Mi piace"
Viceversa, curioso o significativo? che per far addormentare i bambini li si dondoli, cullandoli. Cerchiamo rifugi ipnagogici (certezze?) nel reiterare movimenti o pensieri? I mantra hanno lo stesso scopo? Dove finisce l’ossessione e inizia la libertà dal sé (dall’io)?
"Mi piace""Mi piace"
a volte la sedia a dondolo serve a noi stessi…
per cullare e dare conforto ai nostri dolori…
credo che ci vuole una vita intera per imparare ad essere liberi dal nostro io…
forse i narcisisti sanno dare una risposta più concreta…
"Mi piace""Mi piace"
forse… la sedia a dondolo serve anche a noi stessi…
con il dondolio dare conforto ai nostri dolori…
credo che ci vuole una vita intera per imparare ad essere liberi dal nostro io…
forse i narcisisti sanno dare una risposta più concreta…
"Mi piace"Piace a 1 persona
Le questioni legate all’archetipo di Narciso sono davvero complesse, non saprei da dove iniziare anche se le studio da tempo, e non credo si possa dire qualcosa di sensato in qualche riga.
"Mi piace"Piace a 1 persona