Disposition.
Two opposing actions:
order and mess.
Glasses, bodies.
Performance, 2022.
Disposizione.
Due azioni contrapposte:
ordinare e disordinare.
Bicchieri, corpi.
Performance, 2022.
Thanks to Sandra e Circo Slip
Testi da “Ritmo ed estasi del caos”
Antonio Ricciardi, 2020.
“Ogni musica è anzitutto una deterritorializzazione. Lo è in quanto ogni musica esprime dentro di sé il dramma che la muove. Il dramma è il complesso di forze che presiede l’emergere di un suono qualsiasi. Fare musica è l’attività di rendere sonore forze che non lo sono; questo significa anzitutto che ogni suono, ogni nota, ogni granello che costituisce ciò che chiamiamo canzone, è esso stesso il frutto di processo di deterritorializzazione. Complesso di forze dalla cui tensione, dalla cui differenza è gocciolato un suono. Il suono perciò, nella sua materia, incarna anzitutto il rapporto di forze da cui è scaturito.”
“Dobbiamo immaginare, proprio come dicono Deleuze e Guattari, il musicista come qualcuno che opera un piccolo taglio sull’ombrello che ci protegge dal caos: quello che ne gocciolerà saranno le forze che andranno ad incarnarsi dentro i suoni che costituiranno la canzone.”
“Il musicista perciò è colui che individua delle estasi all’interno del caos, degli elementi direzionali, e da lì inizia a ritagliare degli ambienti sonori: l’unica arma nelle mani di questi ambienti per rispondere alla minaccia del caos è il ritmo: vi è ritmo non appena vi è passaggio transcodificato da un ambiente all’altro, comunicazione di ambienti, coordinazione di spazi tempo eterogenei.”
“Il ritmo è dunque una certa forma che il caos (che si configura in questo scenario come l’Aperto) prende nel momento in cui degli ambienti si mettono a comunicare fra di loro: quando questi ambienti riescono a trovare una certa forma di consolidamento, che, in qualche misura, li tiene assieme proteggendoli dalla minaccia della desertificazione operata dal caos, ecco che prende corpo quel che Deleuze e Guattari chiamano ritmo.”
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interessante…forse si potrebbe applicare alle parole, alle comunicazioni che a volte rappresenta un surplus nel quale non ci si ritrova..e allora bisognerebbe saper discernere e scartare l’inutile..a volte resterebbe poco e poca musica..
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“Credevi che quelle fossero le parole,
quei suoni deliziosi usciti dalle bocche dei tuoi amici?
No, le vere parole sono ben più deliziose di quelle.
I corpi umani sono parole, miriadi di parole.”
(Walt Whitman)
Io non credo che le parole bastino, eppure non possiamo fare a meno di cercare le parole.
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hai ragione…
si cercano in continuazione le parole…
dicono chi siamo… ci definiscono…
e…. purtroppo… più delle volte… non vengono accompagnate dai fatti…
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Oppure, cambiamo punto di vista. Anche le parole sono “fatti”. Forse non ci danno quello che vogliamo, cosa che invece un “fatto” sembra “fare”. Oppure: anche i “fatti”, senza parole che li spieghino, diventano ambigui e ci danno più di quello che pensiamo, nel bene e nel male. Insomma, è tutto più denso e colloso di quello che sembra.
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vero…bella la frase di Whitman
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