Punto di contatto.
Corpo, supporto instabile in metallo.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2021.
Contact point.
Body, unstable metal support.
Selection of images from video.
Performance, 2021.
Citazioni da “Per una filosofia del corpo.
La fenomenologia di Merleau-Ponty”
Emilia Bezzo, 2020
“Ogni corpo, dunque, racchiude in sé questa ambiguità, ogni corpo è, contemporaneamente, corpo fisiologico, oggettuale, e corpo proprio, vettore di intenzioni ed emozioni, vettore del proprio essere nel mondo. Questa dualità si può cogliere, sostiene Merleau-Ponty, nel momento in cui con una mano tocco l’altra mia mano, e il corpo diventa, nello stesso istante, toccante e toccato, sensibile a se stesso, alla propria stessa superficie ed esperisce così il doppio statuto ontologico che lo abita: quello di oggetto bruto, solido, inerte da una parte e quello di incarnazione e veicolo del desiderio del soggetto dall’altra.”
“La distinzione tra corps objectif e corps propre è manifestazione di una differenza anteriore e preliminare, quella tra besoin, bisogno, e désir, desiderio: se, infatti, il besoin è la mancanza di una cosa determinata ed elementare che manca al corpo fisiologico – l’acqua quando si ha sete e il cibo quando si ha fame, per esemplificare brutalmente – il désir è, invece, una ricerca costante ed incessante, mai soddisfatta, di un eccesso, pur immanente, che abbracci il mondo nella sua totalità. È desiderio di pienezza, di completezza impossibile.”
“La natura del bisogno è costitutivamente intermittente, poiché il besoin può essere facilmente soddisfatto procurando al corpo fisiologico l’oggetto della mancanza, e provocando, in tal modo, un piacere che corrisponde alla cessazione del dolore, laddove il désir è costante, incessante, non c’è desiderio autentico che si estingua e che si spenga.”
“Il bisogno si manifesta, dunque, attraverso il corpo fisiologico, è anonimo e impersonale, si esaurisce in un insieme di funzioni meccaniche e causalistiche, mentre manifestazione del desiderio e sua incarnazione è il corps propre, il corpo non oggettuale ma intenzionale, in esilio dal mondo eppure nel mondo, scisso e separato da se stesso per sempre, e costantemente volto a una riconquista ontologica, che avviene, necessariamente, nel mondo del sensibile, dei fenomeni di fronte a cui, pur immerso, è capace di meravigliarsi.”
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“Rispetto all’inconscio plastico, attivo dell’uomo, è possibile vedere in azione, là dove l’uomo è passato e ha delegato agli strumenti la propria attività, un inconscio bloccato, un inconscio duro: l’inconscio tecnologico. […] Se l’uomo ha esteso e potenziato i propri sensi con i media, come non pensare che, contemporaneamente, non abbia proiettato all’esterno anche le proprie attività inconsce che, diventate così doppiamente autonome, sono anche doppiamente inconsce? […] La fotografia è sempre un segno in quanto, anche in assenza di ogni determinazione conscia o inconscia del soggetto, opera sempre col proprio inconscio tecnologico una strutturazione dell’immagine secondo una serie di concetti che sono caratteristici dell’uomo occidentale nei confronti dello spazio, del tempo, della rappresentazione, della memoria. […] Se è vero, come dice Robert Castel, che ogni immagine è la presentazione di un’assenza e la fotografia è l’assenza reale, la presenza familiare e autentica della realtà in sua assenza, oggi bisogna constatare che questa assenza sta diventando totale, si fotografa per provocarla, quasi che l’oggetto diventi visibile e tollerabile solo se posto a distanza incolmabile. La fotografia diventa così, in realtà, una tecnica di allontanamento, una tecnica di controllo. […] Enorme è la capacità di ricordo dello sguardo; la sua memoria, prima con la fotografia e poi con le registrazioni elettroniche, occupa sempre più spazio nei nostri archivi. Il vuoto di meraviglia viene occupato dalla quantità di immagini che ci vengono proposte. E’ un fenomeno tipico dei periodi di inflazione. Ma di quale inflazione si tratta? Per un po’ di tempo abbiamo creduto che bastasse accumulare documenti, istantanee, videoregistrazioni, per avere delle prove di esistenza, per certificare la realtà e i suoi dintorni. Adesso ci accorgiamo che è la quantità stessa delle prove che inceppa lo sguardo, lo intorbida, lo rende inservibile.”
“Fotografia e inconscio tecnologico”,
Franco Vaccari, 2011.
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wow quanti concetti! grazie per tutti questi spunti di riflessione…che condivido..
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