“Arriviamo nel mentre,
ma raramente al dunque.”
– Wincent Raca, 2022.
Tradurre in parole.
Arco, frecce, libro:
“Saggio intorno ai sinonimi”.
Performance, 2022.
Translate into words.
Bow, arrows, book:
“Essay about synonyms”.
Performance, 2022.
Traduire en mots.
Arc, flèches, livre :
“Sage sur les synonymes”.
Performance, 2022.
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Attraversamenti e metamorfosi.
Corpo, crampi autoindotti.
Performance, 2022.
Crossings and metamorphoses.
Body, self-induced cramps.
Performance, 2022.
Traversée et métamorphose.
Corps, crampes auto-induites.
Performance, 2022.
“Performance proviene dalla lingua francese, dal verbo performer che al XVI secolo significava portare qualcosa a buon fine, in primis un’azione. L’idea del compimento di un atto è ancora oggi a fondamento delle pratiche performative. Gli studi americani sulla performance, pur continuando ad ampliarne lo spettro d’azione, promuovono l’idea dello studioso Richard Schechner per il quale ogni atto performativo si fonda per lo meno su tre operazioni: l’essere (being), quindi sullo stato di presenza; il fare (doing), ovvero un’azione; e per terzo, ma non meno importante, il mostrare il fare (showing doing). Potremmo dire, allora, che la performance attiene a un processo di attivazione del corpo che si concede alla vista, in un dato spazio.”
“Che sia consistita in un rituale tribale, un mistero medievale, uno spettacolo del Rinascimento o una serata concepita da un artista nel suo atelier parigino durante gli anni Venti, la performance ha assicurato all’artista una presenza nella società, ci ricorda Roselee Goldberg. Pertanto, la performance si qualifica innanzitutto come il segno della presenza dell’artista, e il mezzo per lui di focalizzarsi sul suo corpo, prima di qualunque processo mimetico o di rappresentazione differita. Attraverso il segno tangibile del corpo, il performer esprime una visione del mondo e interroga lo stato reale delle cose, nell’immediatezza di un’esperienza condivisa con lo spettatore.”
“Céline Roux, nell’ambito degli studi performativi francesi, parla, a questo proposito, dell’essenza situazionale che distingue la rappresentazione dalla performance, ovvero il modo in cui la performance (nella sua accezione di atto di presenza) contrariamente alla rappresentazione prende in considerazione la natura del luogo e del tempo in funzione della realtà vissuta qui e ora. Perciò, la performance sfuggirebbe a un’organizzazione narrativa, e tendente all’unità, delle coordinate sceniche spazio-temporali; e non vi sarebbe nel corpo che performa alcun rimando ad altro corpo diverso da sé, alcun referente per significarlo sulla scena, né personaggio, ma piuttosto una dimensione autoreferenziale e autosignificante per quel corpo.”
“Bernard parla di una dinamica di metamorfosi indefinita o ebbrezza del movimento per il suo stesso cambiamento, con cui si mette in evidenza l’idea di un corpo che tenta di negare la sua apparente unità nella molteplicità, nella diversità e disparità dei suoi atti. […] Paradossalmente, il contesto performativo sembra ampliare il potere mimetico dell’artista, ovvero la sua possibilità di trasformazione. Come dire che, grazie alla performance, l’artista è libero di sperimentare il proprio corpo senza conoscere anticipatamente ciò che diverrà – nell’idea quindi di un processo in divenire – e tutto questo evidentemente diversifica le possibilità di presentazione, o anche di rappresentazione del corpo (come si è voluto dimostrare attraverso il racconto dello spettacolo).”
Testi da: Scritture della performance
Attori del XXI secolo – Le nuove mimesi
Dal teatro di Jan Fabre
Attitudini performative del corpo sulla scena:
quali forme di presenza, e quali mimesi?
Giuseppe Burighel, 2013.
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Obskené.
Eleventh study.
Body, matches.
Performance, 2021.
Previous about, here, here, here,
and somewhere else.
“Da un lato, la pornografia prende parte a una sorveglianza generalizzata e un disciplinamento del corpo, trasformando l’impalpabilità dell’azione stessa in un insieme di comportamenti visibili, misurabili, descrivibili e ripetibili (che possono essere trasformati in un nuovo repertorio di coreo-tecniche sessuali); dall’altro lato, la pornografia si immerge così intensamente nel suo progetto di iperdescrizione per il gusto di una esplicita estrema visibilità, che si trova inevitabilmente a cadere nel delirio: non necessariamente il delirio del sesso, o il delirio delle carni e dei fluidi che si mescolano in innumerevoli piaceri, ma piuttosto, il delirio della razionalità cinetica: quella modalità di governo del ragionamento che intende ogni singola azione umana come qualcosa che può essere oggetto di cattura ottica, descrizione accurata, corretta archiviazione ed eventuale riproduzione o repressione dell’azione stessa, a seconda che venga sanzionata o censurata.”
“Come scrisse Pierre Klossowski nel suo libro del 1947 su de Sade: Sade, liquidando le norme della ragione, persegue la disintegrazione dell’uomo; lui desidera liberare il pensiero da ogni ragione normativa precostituita. Intanto la coreografia aveva già appreso che il proprio impulso normativo era anche minacciato da quelle stesse entità che voleva governare: a) corpi nell’interazione, b) corpi nell’intramovimento (intramotion) e c) le autonomie affettive. Nell’età del bio-coreo-potere, la coreografia ha imparato che rendere le azioni ipervisibili attraverso l’impegno metodico del linguaggio e dell’immagine era, semplicemente, un compito impossibile: poiché azioni, linguaggio e movimenti non possono essere descritti totalmente, continuano a eludere gli apparati di cattura.”
“La diffusione della coreografia contemporaneamente a quella della pornografia è il risultato di un nuovo materialismo (nuovo per il XVII e XVIII secolo) che giustifica i principi regolativi dell’azione individuale secondo una nuova logica di conseguenze cosmo-teo-antropo-politiche: ciò che Michel Foucault identifica come l’invenzione dell’Uomo: ossia, a partire dall’epocale ridefinizione dell’essere umano da parte degli umanisti rinascimentali al di fuori del teocentrismo dell’epoca, concezione del peccaminoso per natura / affermazione descrittiva dell’essere umano, sulla cui base era stata legittimata in modo trascendente l’egemonia della Chiesa / clero sul mondo laico dell’Europa latino-cristiana. […] Questa nuova invenzione autocinetica, l’Uomo moderno, è l’invenzione di un principio di autonomia motoria (l’auto-mobile di Sloterdijk), che necessita quindi di vigilanza, autorità, su questa autonomia motoria dell’individuo sociale / sessuale attore-mover. Non c’è da stupirsi che il Re Sole debba essere un Re Danzante, ma anche un coreografo. Non c’è da stupirsi che Sade collochi le vicende delle Le 120 giornate di Sodoma negli ultimi giorni del regno di Luigi XIV, proprio dopo la pubblicazione di Chorégraphie di Feuillet.”
Testi da Scritture della Performance 11, n. 1
Coreografia e pornografia
André Lepecki, 2022.
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Koyaanisqatsi.
Godfrey Reggio, 1982.
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“Le Amazzoni si mostrano ostili tanto ai Troiani quanto ai Greci. Pentesilea è quella terza cosa di cui Ulisse non contempla l’esistenza. Inclassificabile, contraria alle leggi della stessa natura, ma dotata della stessa potenza. A sovrintendere le sue azioni non è la logica guerresca, estranea allo stesso Achille. Si muove, altresì, contravvenendo alla legge e all’ethos amazzonico. Ad animarla è un desiderio amoroso inarticolabile, un enigma che sovverte i sensi e il volere, rendendola inafferrabile a se stessa, incapace di comprendere la furia che la devasta. Il desiderio inebriante, la spossatezza dei sensi, lo svanire continuo della coscienza dinanzi alla brama, il venir-meno della volontà trasformano Pentesilea in un essere bestiale indomabile, conducendola all’atto di cannibalismo della scena XXII, ossia all’annientamento del desiderato: la vera meta di Pentesilea è l’annientamento di Achille per disfare se stessa nel pasto ferino delle sue carni agognate. La regina amazzone degenera nell’inumano, nell’innominabile. Nello stravolgimento kleistiano del mito, nell’oralità cannibale di Pentesilea, Achille trova finalmente uno spazio paradossale in cui sfuggire al linguaggio. Oltre il farsi presenza assente nell’Iliade; oltre l’ambiguità e l’incompiutezza dell’Achilleide. Cibandosi delle carni dell’amato, Pentesilea espelle Achille da ogni corpo possibile, lo restituisce all’inorganico, disperde la memoria stessa della sua figura. […] dilaniare, smembrare, inghiottire l’avversario significa cancellarlo nel passato e nel futuro, farne il pasto innominato di una natura famelica che divora la vita. L’amazzone, uccidendo Achille, uccide colui che, nominandola, annettendola al linguaggio, le consentiva di vivere. Scomparso Achille, Pentesilea è colei che d’ora innanzi nessun nome nomina, ed è quindi destinata alla cancellazione e al silenzio.”
Scritture della Performance 11, n. 1
Carmelo Bene e il «progetto-ricerca Achilleide»
dal pre-testo alla voce
Niccolò Buttigliero, 2022.
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Dance, dance, otherwise we are lost.
Da una libera interpretazione
dei lavori di Pina Bausch,
a cura di Elena Altare e Vincenzo Bruno.
Vincenzo Bruno ph.
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In occasione della raccolta fondi a favore di Enea (figlio di Iole e di Fabio aka Sid, scomparso il 10 maggio del 2020) il 23 dicembre 2022 al Perla Nera di Alessandria verranno messe in vendita su offerta le 4 polaroid della serie “A contatto”.
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